Nel 2024, 123,2 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette a lasciare le proprie case a causa di persecuzioni, conflitti, violazioni dei diritti umani o disastri ambientali. Di queste, 42,7 milioni hanno oltrepassato i confini del proprio Paese e ottenuto lo status di rifugiati. Un numero in costante aumento.
Raramente chi diventa rifugiato lo fa per scelta. Nella maggior parte dei casi, si tratta di una decisione obbligata, imposta da circostanze esterne. Maksym Slischynskyi, per esempio, non voleva lasciare l’Ucraina. Ma dopo che suo cugino è stato ucciso da un bombardamento mentre stavano giocando insieme a Pryshyb, un villaggio nel sud del Paese, sua madre non ha visto altra possibilità che partire per la Polonia.
Anche Elizabeth Mahirwe e suo marito Musa Bukebo non volevano andarsene dalla Repubblica Democratica del Congo. Con tre figli piccoli e nessun appoggio all’estero, trasferirsi avrebbe significato affrontare un cambiamento radicale, ma l’avanzata dei combattimenti ha reso la ricerca di rifugio in Burundi la scelta più sicura per tutta la famiglia, nonostante non avessero una casa, un reddito e non conoscessero la lingua locale.
La missione di AVSI
In contesti come questi, gli interventi di AVSI partono da un principio chiaro: non guardare solo ai bisogni della persona rifugiata in quanto “rifugiata”, ma alla sua interezza, tenendo conto del percorso che l’ha condotta fin lì, dei suoi desideri e dei suoi talenti.
Yasmeri Flores Herrera, rifugiata venezuelana, lo sa bene. Appena arrivata in Brasile si sentiva invisibile, un numero, come se la sua identità si fosse ridotta allo status giuridico di “rifugiata”. Partecipare al progetto “Empoderando Refugiadas”, per ricevere una formazione tecnica e commerciale, le ha permesso di acquisire competenze, di conoscere nuove persone che provenivano da situazioni simili alla sua, ma soprattutto di ritrovare sé stessa, ricordandosi chi era e cosa sognava prima della fuga.
In modi diversi, i progetti di AVSI accompagnano le persone in ogni fase del loro percorso: dall’arrivo – con la distribuzione di cibo, beni essenziali e un primo rifugio – all’insegnamento della lingua, per facilitare l’inserimento scolastico dei bambini e degli adolescenti e quello lavorativo degli adulti. A questo si aggiungono corsi di formazione per sapersi orientare nella burocrazia a cui spesso la persona rifugiata è sottoposta, diventando consapevole dei propri diritti.
“Comunità che educano. Luoghi dove cresce la speranza.”
Tuttavia, lo sforzo individuale da solo non basta. L’inclusione è un processo reciproco, e la comunità può giocare un ruolo determinante nel far sentire ogni persona accolta, riconosciuta e parte della comunità. Per questo, la campagna di AVSI per la Giornata Mondiale del Rifugiato 2025, che si celebra venerdì 20 giugno, ha come slogan la frase:
“Comunità che educano. Luoghi dove cresce la speranza.”
Per ricordare che ogni persona può contribuire attivamente a costruire una comunità educativa: un luogo dove le persone si incontrano, imparano, si ascoltano e si riconoscono. Dove la speranza cresce.
Rivedi tutte le storie dei protagonisti dei progetti di AVSI per l'accoglienza e l'integrazione dei rifugiati pubblicate sul canale instagram di AVSI per la Giornata mondiale del rifugiato 2025:
L'integrazione come processo collettivo
Ragad Hamed El Mansour, bambina siriana arrivata in Libano da piccolissima, per esempio, ha subito per anni episodi di bullismo a causa della sua origine. Frequentare un centro educativo l’ha aiutata a stringere nuove amicizie, sia siriane che libanesi, scoprendo un senso di appartenenza nuovo, e riscoprendo la fiducia in sé stessa, la passione e il suo talento per lo studio.
A Milano, AVSI promuove l’integrazione nel suo AVSI for Community, un centro multifunzionale in cui le persone rifugiate e migranti possono ricevere un orientamento personalizzato per tutti i servizi di cui hanno bisogno: la ricerca della casa, l’insegnamento dell’italiano e l’inserimento lavorativo. E, come dice Iryna Zaitseva, traduttrice di origine ucraina che lavora al centro:
"L'integrazione non è solo accesso ai servizi, ma è un processo reciproco che non riguarda solo l'adattamento del rifugiato. L’integrazione vera accade quando le persone si sentono parte della comunità e possono accedere a opportunità. Lingua, lavoro e comprensione reciproca sono fondamentali per creare una comunità condivisa.”
Iscriviti alla newsletter
Iscriviti alla newsletter per rimanere aggiornato su tutte le attività di AVSI nel mondo