Riportare a scuola i bambini siriani in Libano, la storia di Mohamed e Ahmed

A 13 anni dall’inizio della guerra in Siria, la situazione della popolazione siriana è ancora drammatica, anche per chi è scappato. In Libano il 53% dei bambini siriani non va a scuola.

Mohamed è un bambino siriano nato nel 2011: ha 13 anni, tanti quanti la guerra in Siria. "Tredici anni di crisi in Siria hanno imposto un tributo inimmaginabile alla popolazione del Paese". Sono le parole del Coordinatore dei Residenti delle Nazioni Unite e Coordinatore umanitario per la Siria, Adam Abdelmoula, e del Coordinatore umanitario regionale per la crisi siriana, Muhannad Hadi in occasione del tredicesimo anniversario della guerra in Siria (15 marzo 2024).

Una situazione drammatica per i siriani rimasti nel Paese ma anche per molti dei siriani che sono scappati. La Siria è attualmente il Paese d'origine del maggior numero di rifugiati nel mondo e in Europa. Nel 2023 erano oltre 5 milioni i siriani che vivono in oltre 130 Paesi. La maggior parte dei profughi siriani vive in situazione di totale povertà. Quasi la metà sono giovani e bambini.

Molti di loro si trovano in Libano, un paese in profonda crisi da anni e dove oggi pesa la guerra scoppiata il 7 ottobre 2023. Da mesi la situazione in Libano è incerta si trova in una situazione emergenziale, con migliaia di persone che hanno lasciato la propria casa per spostarsi più a nord, le scuole chiuse e le tensioni che non sembrano placarsi al confine israeliano.

Se l’attenzione, in questo momento, è concentrata sul Sud, in particolare nella piana di Marjayoun dove AVSI ha i suoi uffici e dove vivono le famiglie coinvolte nel programma di Sostegno a Distanza, nel resto del Paese i problemi sono rimasti gli stessi. Secondo un documento pubblicato dalle Nazioni Unite, degli 1.2 milioni di bambini e bambine libanesi in età scolare, il 10% non ha accesso all’istruzione (Lebanon Crisis Response Plan - LCRP, 2022).
Questo numero aumenta drasticamente se si guarda ai bambini siriani che vivono nel Paese: il 53% di quest’ultimi non va a scuola (Vulnerability Assessment of Syrian Refugees in Lebanon - VASyR, 2022).

Le cause di questo assenteismo scolastico sono molteplici, dall'impossibilità di sostenere i costi dei biglietti del trasporto per raggiungere i centri educativi, al pagamento del materiale scolastico, fino alla mancanza di documenti per avere accesso alla scuola pubblica, nel caso delle famiglie siriane, o alla necessità dei bambini di dover lavorare per aiutare economicamente i propri genitori in difficoltà.
Alla radice di tutte queste problematiche c'è però sempre e comunque la vulnerabilità economica delle famiglie, in un Paese che è ancora piegato dalla crisi.

Nella regione della Bekaa, a est di Beirut, AVSI porta avanti il progetto “Enhancing Multisectoral Support for Vulnerable Lebanese and Displaced Syrians in Zahle District (Bar Elias, Saadnavel, Taalbava, e Maidel Asniar)”, finanziato dal Lebanon Humanitarian Fund (LHF), OCHA Lebanon in collaborazione diretta con AVSI ed il supporto dei centri locali di Sawa e Nabad. Nella sua componente di educazione il progetto ambisce ad aiutare 800 studenti libanesi e siriani, di età compresa fra i 7 e i 13 anni, iscritti nella scuola pubblica, che sono a rischio di abbandono scolastico o bocciatura. In turni alteranti tra mattina e pomeriggio, i bambini ricevono quindi un ulteriore supporto per fare i compiti e colmare le proprie lacune in arabo, inglese, matematica e scienze.

Le cause che portano i beneficiari del progetto ad avere difficoltà scolastiche possono essere differenti. Per i due fratellini siriani Mohammed e Ahmed, rispettivamente di 9 e 13 anni, il tempo dello studio è limitato perché diviso con il tempo per lavorare in un’officina che tratta il ferro.

“All’inizio ero io a non volere che Mohammad e Ahmed andassero a scuola" racconta la madre dei due bambini. "Siamo in otto in famiglia e lo stipendio di mio marito da solo non basterebbe per mantenerci tutti. Io devo curare gli altri miei figli, il più piccolo in particolare ha bisogno di tutte le mie attenzioni. Qualche mese fa ha subito un intervento all’orecchio molto costoso, ci siamo dovuti indebitare per potercelo permettere. Per questo Mohammad, Ahmed e il loro fratello diciassettenne hanno dovuto iniziare a lavorare. Avevamo bisogno dei soldi per pagare i creditori. Mi rendevo conto però che non erano felici, ogni volta che incontravano altri bambini dirigersi a scuola li osservavano con tristezza. Mi faceva male vedere i miei figli così. Per questo con mio marito abbiamo deciso di alternare il lavoro con lo studio, iscrivendoli alla scuola pubblica. Adesso sembrano più felici, è stata la decisione giusta. Sono grata allo staff del centro per l’aiuto che sta dando loro nello studio”.

Andare a scuola mi piace molto perché posso imparare diverse cose, però anche lavorare mi rende felice. La mia materia preferita è l’arabo, mentre con l’inglese faccio più fatica e qui al centro mi aiutano a recuperare. Nel tempo libero cerco di studiare, oppure gioco a biglie con i miei amici. Un giorno spero di poter avere anche io un’officina per lavorare il ferro.

Mohammad, beneficiario del progetto

Come il fratello maggiore, anche Ahmed sogna di diventare un fabbro da grande: “Prima però devo studiare. Quando vengo qui al centro mi aiutano a farl. Sono felice in questo momento. Nulla mi rende triste”.

È evidente l’aiuto che la scuola sta dando ad Ahmed e Mohammed. Stanno imparando a leggere e scrivere, sono più disciplinati anche a casa e hanno una routine più stabile. Non ho molte speranze sul futuro di questo Paese, specialmente per chi come noi viene dalla Siria, ma spero che l’educazione possa guidare i miei figli ad avere un futuro migliore, che si possano diplomare per trovare, un giorno, il loro modo di essere al sicuro e felici.

Padre di Ahmed e Mohammed