Lezioni interrotte. Il reportage dall’Ucraina

Ogni settimana a Odessa, droni e missili interrompono le lezioni in numerose scuole. L’impatto psicologico su bambini e adolescenti è profondo. In un seminterrato della città, un centro educativo prova a garantire continuità e sicurezza.

Data 24.07.2025
Autore di Aldo Gianfrate

A Odessa, città portuale nel sud dell’Ucraina, gli effetti prolungati della guerra sul sistema educativo sono visibili ogni giorno. Gli attacchi con droni e missili colpiscono la città più volte a settimana, costringendo scuole e famiglie ad adattarsi a una realtà instabile. Le lezioni vengono regolarmente interrotte dalle sirene antiaeree, mentre alcuni edifici scolastici restano chiusi per danni strutturali o per l’assenza di rifugi adeguati.

Dall’inizio dell’invasione su larga scala, oltre 3.500 scuole sono state danneggiate o distrutte in Ucraina. Solo a Odessa, secondo le autorità locali, almeno 20 scuole sono state colpite direttamente. In parallelo, l’afflusso di circa 200mila sfollati interni ha aggravato la pressione sul sistema educativo, già provato da anni di instabilità e da carenze logistiche.

Molti bambini seguono la didattica in modalità mista, con lezioni online alternate alla presenza in aula, a seconda delle condizioni di sicurezza. Le decisioni su chi può frequentare fisicamente arrivano spesso con pochi giorni di anticipo. Insegnanti e dirigenti scolastici segnalano un aumento significativo di difficoltà emotive e comportamentali tra gli alunni, in particolare tra i più piccoli e tra gli adolescenti sfollati.

Nel tentativo di offrire continuità educativa e supporto psico-sociale alle famiglie, AVSI ha deciso di attivare a Odessa un centro educativo. Realizzato in un seminterrato per garantire maggiore sicurezza a bambini, adolescenti e genitori che lo frequentano, il centro offre lezioni di recupero, arteterapia e attività ricreative con l’obiettivo di ridurre l’impatto educativo e psicologico della guerra.

Il centro è stato realizzato grazie al progetto EDU-CARE, finanziato da IVECO Group e LDS Charities dal primo agosto 2024 al 31 luglio 2025, e al progetto MORE, con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Legge regionale 19/2000), insieme a Cooperativa Nemesi e Consorzio Il Mosaico, fino al 2026.

.

In Ucraina la scuola si fa quando e dove si può

Il primo drone carico di esplosivo ha attraversato Odessa poco prima del coprifuoco, intorno a mezzanotte del 29 aprile. Il suono del motore, forte e simile a una sirena, ha preceduto per diversi secondi quello dell’esplosione, avvenuta vicino al centro della città. I droni iraniani shahed sono lenti, rumorosi e poco precisi rispetto ai missili, ma anche molto più economici. È per questo che i russi ne lanciano in grandi quantità, ogni giorno, in tutta l’Ucraina. La notte del primo maggio ne atterreranno altri sedici su Odessa, uccidendo due anziani e un giovane ferroviere nei loro appartamenti. Oltre a demolire un ufficio postale, danneggiare edifici residenziali, un supermercato e una scuola.

"Subiamo attacchi come questo più volte a settimana, tutte le settimane dall’inizio della guerra", spiega Darina Kravchenko, 25 anni, agente di polizia a Odessa, città da circa un milione di abitanti, che ospita il principale porto ucraino sul Mar Nero ed è uno snodo cruciale per l’export commerciale e la logistica militare del Paese. Darina dirige il servizio creato dalla polizia cittadina per garantire la sicurezza nelle scuole. Dopo ogni attacco, con alcuni colleghi, si reca negli edifici scolastici vicini ai luoghi colpiti per verificare eventuali danni.

Come la scuola secondaria a sud della città che il primo maggio è rimasta chiusa: un drone, la notte precedente, è atterrato ed esploso sul tetto. “Dall’inizio della guerra, 20 delle 123 scuole della città sono state colpite almeno una volta”, racconta Darina. “E questo ha avuto un impatto sulla frequenza dei ragazzi, perché molti genitori adesso hanno paura a mandarli a scuola.”

Un’altra delle settanta scuole in cui lavora il dipartimento di Darina è stata colpita in pieno giorno, durante le lezioni. “I ragazzi erano già nel rifugio, come prevedono le procedure di sicurezza in caso di allarme. Ma l’impatto ha generato il panico, la scuola è rimasta chiusa per diverse settimane e alcune aule sono ancora in ristrutturazione.”

Le scuole ucraine da quattro anni non hanno più continuità. Prima la pandemia, poi la guerra: due crisi consecutive che hanno interrotto la didattica ordinaria in tutto il Paese. Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, oltre 3.500 istituti scolastici sono stati danneggiati o distrutti da bombardamenti. La scuola si fa quando e dove si può: in presenza, online, nei rifugi, nei seminterrati, a turni.

Anche a Odessa le scuole funzionano a singhiozzo. Gli studenti sanno se andranno a scuola in presenza o a distanza solo pochi giorni prima. “La tecnologia ci aiuta, ma per noi è molto difficile non lavorare con i ragazzi in presenza”, racconta Karina Budulutsa, docente di inglese e francese. “Molti insegnanti sono andati via, alcuni all’estero, altri lontano dalle città. Le scuole sono rimaste chiuse per troppo tempo e questo ha avuto ripercussioni sui ragazzi. Molti hanno iniziato a isolarsi, non comunicano, hanno problemi di socialità”.

Pizza e film per gli adolescenti, arteterapia per i più piccoli: momenti di normalità sotto i droni

Un fattorino in moto consegna le pizze a una ragazza adolescente in uno dei caratteristici cortili di Odessa. La giovane prende i cartoni e raggiunge alcuni suoi coetanei nel seminterrato dell’edificio. Sta per iniziare la proiezione di un film, a cui seguirà un dibattito, e insieme alle pizze sul tavolo ci sono popcorn e bibite. “Oggi guardiamo Moneyball, con Brad Pitt”, spiega la ragazza.

Il cineforum è una delle tante attività ospitate dal centro educativo allestito a Odessa da AVSI, che dall’inizio della guerra è intervenuta in Ucraina con numerosi progetti a sostegno della popolazione, in particolare in campo educativo.

“Abbiamo allestito il centro in questi spazi in un piano ribassato. Così siamo più al sicuro in caso di attacchi e non dobbiamo spostarci in un rifugio”, spiega Ruslan Isaiev, responsabile di AVSI in Ucraina e che insieme all’organizzazione locale Potribni Tut ha avviato il centro di Odessa. “Cerchiamo di costruire un punto di riferimento per bambini, ragazzi, genitori, insegnanti e operatori psico-sociali. L’obiettivo è mitigare l’impatto educativo e psicologico della guerra su tutti noi.”

Nella stanza di fianco al cineforum alcuni bambini dai 6 ai 9 anni colorano un coniglio di cera con degli acquerelli. Le sessioni di arteterapia li aiutano a distrarsi e a riprendersi nei casi, frequenti, di trauma. “Mia figlia Tala ha 6 anni e ha smesso di parlare per diverse settimane, le sono cresciuti i capelli bianchi. Le esplosioni la terrorizzano ogni volta”, racconta Tetiana Fedorova, una delle mamme che frequenta il centro per i corsi psicosociali. “Oggi parla ed è sorridente grazie al sostegno degli psicologi del centro, anche se continua ad avere delle difficoltà a esprimersi”.

Olena Parakhonia è una psicologa di Odessa che lavora stabilmente nel centro gestito da AVSI. È seduta vicino a una finestra e sta studiando alcuni disegni realizzati dai bambini che segue. “Quando arrivano nel centro sembrano felici: entrano, vedono i colori, i giochi”, spiega Olena. "Ma poi, piano piano, i timori vengono fuori. A volte si manifestano con il silenzio, altre con rabbia e iperattività. Spesso con i disegni”. I disegni che Olena sta guardando con attenzione sono pieni di denti, missili, esplosioni stilizzate, artigli. “Segni chiari di paura e angoscia”, dice.

Secondo l’UNICEF circa 1,5 milioni di bambini in età prescolare in Ucraina hanno subito traumi psicologici che possono influenzare il loro sviluppo a lungo termine.

A Odessa la situazione è aggravata dalla frequenza degli allarmi e dall’instabilità scolastica: i bambini si spostano da una scuola all’altra, cambiano amici, insegnanti, abitudini. C’è la costante sensazione di essere in pericolo.

“Ma anche i genitori sono in uno stato molto difficile in questo momento, anche loro stanno lottando, anche loro hanno paura, proprio come i bambini”.

Secondo le psicologhe del centro, l’unico modo per reagire è creare spazi protetti dove i bambini e i ragazzi possano tornare a sentirsi normali. Anche solo per un pomeriggio. E dopo quasi un anno di lavoro del centro sembrano vedersi i primi miglioramenti. “Vorrei che questi bambini fossero indipendenti, autosufficienti e felici”, dice Olena. “Ed è fondamentale che siano al sicuro. Gli ucraini, piccoli e grandi, hanno bisogno di un mondo giusto.

Video thumbnail

La vita dei 200mila sfollati interni a Odessa: la storia di Sofia

Odessa è tra le città ucraine più colpite dagli attacchi aerei russi, ma nonostante ciò è ancora relativamente lontana dalla linea del fronte e dalle postazioni dei russi che da queste parti chiamano “il nemico”. È per questo, oltre che per il clima più mite da città del sud, che dall’inizio del conflitto si stima che abbia accolto oltre 200mila sfollati interni. In particolare dalle aree del Donbass e da città come Kharkiv o Sumy, toccate pesantemente dall’invasione di terra.

Sofia è una di loro. È arrivata a Odessa con la madre dopo mesi trascorsi nei rifugi antiaerei del nord-est del Paese. “Siamo partiti da Kharkiv cercando una città che offrisse scuole funzionanti e attività per i bambini. Odessa ci è sembrata un posto possibile”, racconta Olena Horylchanyk “Abbiamo cambiato città molte volte. È dura, soprattutto per lei. Ma cerchiamo di proteggerle la normalità.”

Oggi Sofia ha undici anni, va a scuola a giorni alterni e partecipa alle attività del centro educativo AVSI. Si rifugia spesso nel disegno, e porta sempre con sé un piccolo peluche. “Durante i bombardamenti, lo abbraccio. L’ho comprato con i miei soldi. Mi fa sentire al sicuro”, dice.

Nel centro lavora anche Daria Zvekova, una psicologa clinica che, all’inizio della guerra, ha lasciato la sua città natale – troppo vicina al confine – e si è rifugiata a Odessa. “Odessa è bellissima, ma anche qui le sirene suonano ogni giorno”, racconta. “Ho deciso di restare in Ucraina, perché c’è bisogno di ricostruire e c’è bisogno del mio lavoro con i bambini e i genitori”.

La guerra in Ucraina ha causato lo sfollamento interno di oltre 3,7 milioni di persone. Tra queste, moltissimi sono minori: bambini che hanno perso la casa, i compagni di classe, a volte un parente, e che si trovano a dover ricominciare in una città sconosciuta, sotto allarmi costanti. Per loro, avere un’aula, un insegnante, un gruppo, può significare moltissimo.

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter per rimanere aggiornato su tutte le attività di AVSI nel mondo