Aina e Saman hanno avviato un percorso di formazione e tirocinio a Milano, grazie a un progetto finanziato da Fondazione Azimut e indirizzato a dieci donne e madri, senza un’occupazione lavorativa. Le loro storie nel foto reportage di Luigi Baldelli.
Nel 2021 AVSI ha deciso di avviare il progetto “Sostegno all’occupazione per donne e madri in condizioni svantaggiate proprio in epoca Covid”, che ha coinvolto dieci donne nel quartiere di Corvetto, uno dei municipi più fragili di Milano. Avendo come obiettivo il loro inserimento nel mondo del lavoro, sono state supportate con corsi di formazione e tirocini.
Il progetto è stato finanziato da Fondazione Azimut, che da oltre dieci anni lavora con soggetti in condizioni di precarietà economica.
A beneficiare dei corsi e dei tirocini sono state cittadine italiane, italiane di origine straniera (anche di seconda e terza generazione) o di paesi terzi, migranti o profughe.
Il ristorante "speciale" di Saman
Saman (nome di fantasia) è una giovane donna orientale, una mamma sola che si prende cura dei suoi due figli e cinque giorni a settimana lavora nella cucina di un ristorante speciale a Milano. La definizione di ristorante speciale me la spiega lei, mentre toglie dal forno dei tortini ripieni di spinaci: “Questo ristorante offre cibo a chi è in difficoltà, a chi non può comprarsi da mangiare. Ecco perché per me questo è un ristorante speciale e io sono felice di lavorare qui”.
Saman è in Italia da tanti anni, “anche se non parlo ancora bene l’italiano”, una vita complicata alle spalle e da un po' di tempo lavora in questo ristorante “ma prima ho lavorato anche come badante e donna delle pulizie”. Si muove veloce nella cucina, tra fornelli e frigoriferi.
Mi piacerebbe imparare a cucinare bene i vostri piatti. E qui sto imparando molto.
Saman
Lava l’insalata, prepara il sugo, apparecchia le tavole per gli ospiti, sempre sotto l’occhio attento e premuroso della cuoca, che la segue passo passo. “Mi piacerebbe imparare a cucinare bene i vostri piatti. E qui sto imparando molto”. Finito il pranzo e pulita di nuovo la cucina, Saman si toglie la cuffia e libera i suoi capelli neri corvino raccolti in una lunga treccia.
È ora di tornare a casa, una casa protetta, dove in una stanza luminosa ci sono tre lettini: “questo è il mio e questi sono dei miei due figli. Ci sentiamo tranquilli e sicuri qui, non ci manca niente, soprattutto l’affetto di chi ci ospita e di chi vive con noi”.
I muri sono addobbati con fotografie e disegni. Il sole illumina la piccola scrivania piena di libri, matite e quaderni. “Qui posso vivere e far crescere i miei bambini in modo sicuro e dignitoso è questa la cosa più importante per me”. Poi guarda l’orologio e mi dice che deve salutarmi, è già metà pomeriggio e deve andare a prenderli a scuola e poi “voglio andare al parco a passeggiare e giocare con loro”. Saluta tutti e si incammina veloce, orgogliosa e felice della sua nuova vita.
La rinascita nel settore alberghiero
Aina (nome di fantasia) è nata in un paese che si affaccia sul Mar Rosso. Sono diversi anni che vive in Italia e da un po' di tempo lavora come addetta ai piani in un albergo dell’area milanese. Da pochi giorni ha ricevuto la bella notizia: un contratto a tempo indeterminato.
“Posso solo dire grazie. Grazie a chi mi ha aiutato e mi ha dato questa possibilità. Grazie alle mie colleghe di lavoro”. È contenta, si vede nei suoi occhi, ma la grande novità non la distrae dal suo impegno: pulire e sistemare con cura le camere dei viaggiatori.
Procede in modo meticoloso, porta via gli asciugamani, pulisce a fondo gli angoli della stanza, cambia le lenzuola stando attenta che quelle pulite siano perfettamente lisce e senza pieghe. “Voglio che gli ospiti trovino tutto in ordine quando entrano nelle loro stanze. In fondo questa sarà casa loro per un po'”.
Un foulard colorato circonda i tratti dolci del suo viso ovale mentre controlla sul cellulare le stanze che devono essere sistemate. Si confronta con Alena, una sua collega dell’Est Europa, per organizzare al meglio il lavoro. Poi spingendo il carrello pieno di biancheria, si ferma davanti alla stanza 122 e bussa delicatamente alla porta prima di aprire. “Nessuna risposta, si può entrare” dice con un sorriso.
Voglio che gli ospiti trovino tutto in ordine quando entrano nelle loro stanze. In fondo questa sarà casa loro per un po'.
Aina
Scandisce con metodo i tempi del suo lavoro, sapendo che tra poco nuovi avventori occuperanno quella stanza: “Ci tengo a fare bene il mio lavoro - mi parla mentre sistema con delicatezza e precisione il cuscino sul letto - per rispetto verso i clienti e per rispetto di chi mi ha voluto a lavorare con loro”.
Il sole filtra dalla finestra e le illumina le mani, dove un piccolo e sottile anello adorna il dito indice. Quando ha finito, prima di uscire dalla stanza, si guarda intorno con un’ultima e lunga occhiata per controllare che sia tutto a posto. “Si, è tutto ok”, dice soddisfatta mentre spegne la luce e chiude la porta.