Conferenza Italia – Africa 2024: Il Piano Mattei secondo AVSI

Quali dovrebbero essere le priorità del Piano Mattei? Sul Corriere della Sera la proposta di AVSI a firma di Giampaolo Silvestri, segretario generale AVSI

Paesi Italia
Data 15.01.2024
Autore Giampaolo Silvestri, Segretario Generale di AVSI

In vista della Conferenza Italia - Africa 2024 Giampaolo Silvestri, segretario generale AVSI, firma un articolo sul Corriere della Sera in cui propone caratteristiche e attenzioni che possono rendere il Piano Mattei una grande opportunità per il nostro Paese nella sua relazione con l’Africa, l’Europa e il mondo intero.

L’Italia, l’Africa e il «piano Mattei»

di Giampaolo Silvestri, Segretario Generale AVSI

Una relazione che può funzionare solo se si costruisce come partnership alla pari, e questo per dati di realtà, non per slanci di idealismo mascherato

A fine gennaio si tiene alla Farnesina la Conferenza Italia Africa, evento internazionale che tornerà ad accendere l’attenzione sulla relazione tra noi e il continente multiforme e complesso dell’altra sponda del Mediterraneo. Una relazione che può funzionare solo se si costruisce come partnership alla pari, e questo per dati di realtà, non per slanci di idealismo mascherato.

La pandemia, le guerre, la crisi climatica, tutto concorre a inviarci un messaggio nitido: tutti, sia che viviamo nei cosiddetti Nord o Sud del globo, siamo di fronte alla medesima sfida dello sviluppo sostenibile. Se intendiamo crescere e svilupparci, non possiamo farlo "in proprio", non raggiungeremmo alcun nuovo traguardo da soli. Così come non ha futuro l’illusione di impegnarci a competere con altre grandi del mondo nella corsa a usare l’Africa e sfruttarne le fonti di energia o materie prime a nostro vantaggio. La collaborazione deve strutturarsi su tutt’altro piano, perché stiamo in piedi se insieme cerchiamo forme di energia pulita per tutti. Non ci si salva da soli.

La crisi ambientale come quella economica colpisce senza badare ai confini nazionali o ai tassi del PIL. Siamo chiamati non solo a decolonizzare gli aiuti, e quindi a superare ogni modalità predatoria nel sostegno allo sviluppo, ma anche ad abbandonare il metodo "do ut des": tu mi dai le materie prime, io in cambio ti concedo il mio know how. Sono illusioni che non reggono all’urto con la realtà in divenire. Il gelo demografico dei Paesi europei e la portata dei flussi migratori dall’Africa sono solo due tra i tanti indicatori che potremmo scegliere per misurare quanto e quanto in fretta stia mutando il contesto in cui operiamo, sbaragliando vecchie categorie di riferimento.

In questa consapevolezza e questo orizzonte temporale e geografico ampio, mai riducibile solo alle questioni securitarie, si innesta la nostra convinzione che il Piano Mattei, promesso in tanti discorsi ufficiali in sedi internazionali, potrà essere un contributo efficace del nostro Paese alla politica estera per una crescita comune. Ora che la sua governance è stata definita da un decreto legge, ne attendiamo finalmente la presentazione ufficiale e il varo.

Per chi opera in Africa da mezzo secolo nella cooperazione internazionale, accanto alle persone nei luoghi più remoti, sono chiare le priorità che il piano dovrebbe darsi. Educazione e formazione professionale, in prima battuta: sia per permettere alle persone di conoscere/riconoscere il proprio valore e avere accesso a opportunità di lavoro, sia per formare classi dirigenti capaci di promuovere il bene comune nei loro paesi e comunità. Il piano dovrà essere redatto dal basso e prevedere per ogni intervento un approccio multistakeholder, capace cioè di coinvolgere tutti i soggetti investiti dalla sfida dello sviluppo, quindi istituzioni, organizzazioni della società civile, settore privato, università, think tank. Solo così il Piano Mattei sarà strutturato e percepito non come un piano di questo governo, ma del Paese intero, con una capacità di visione di medio e lungo periodo.

Certo, è importante che la governance risieda a Palazzo Chigi perché non può essere delegata solo a uno o più Ministeri, e perché deve lanciare l’intero sistema Italia, guidato a interagire e dialogare con tutti gli organismi europei e internazionali per promuovere un uso coordinato e integrato dei fondi (si pensi per esempio a quelli europei previsti dal Global Gateway o dalle Team Europe Initiatives), ma anche per ampliare la concezione di partnership alla pari tra Africa, Italia ed Europa. Inoltre, per evitare un effetto dispersivo e per rispettare le diverse identità africane (l’Africa non è un unicum indistinto), il Piano Mattei dovrà concentrarsi su determinati Paesi. Possono essere quelli per esempio da cui proviene il maggior numero di immigrati o quelli dove sono già in corso collaborazioni di successo, ma vanno individuati.

Altra risorsa molto importante a cui il piano può attingere è il Fondo per il Clima: un fondo che conta 4.8 miliardi va valorizzato subito, non può correre il rischio di finire destinato alla cooperazione multilaterale, perché perderemmo la possibilità sia di decidere come Paese la sua ultima destinazione, sia di usarlo come leva di altre risorse. All’inizio di questo anno, mentre le nuove guerre e minacce ci inducono a stare chini sulle emergenze impedendoci quasi di vedere oltre, un Piano Mattei ben strutturato con il coinvolgimento dei diversi soggetti del nostro Paese, ci aiuterebbe ad affrontare tutte le questioni poste dal tempo presente, ma costruendo insieme un domani giusto per tutti.

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