“Oltre lo sviluppo, il futuro che vogliamo”, l’intervento del ministro Antonio Tajani al learning event per i 50 anni di AVSI

Il  primo intervento pubblico da ministro degli Esteri e della Cooperazione della Repubblica Italiana di Antonio Tajani  in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione di AVSI

Paesi Italia
Data 28.10.2022
Autore Antonio Tajani, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Italia

Sono lieto che il mio primo intervento pubblico da ministro degli Esteri e della Cooperazione della Repubblica Italiana avvenga in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione di AVSI. Ho dedicato molta parte del mio lavoro da commissario europeo e trasporti e poi le industrie, da Presidente del Parlamento Europeo alla Cooperazione ai rapporti con l'Africa e l'America Latina con una visione che ritengo sia quella corretta: guardare all'Africa non con gli occhiali e con le lenti dell'europeo ma con gli occhiali e con le lenti degli africani.

Perché se noi vogliamo risolvere tutti i problemi che riguardano anche noi - la situazione del Mediterraneo, l'immigrazione - non possiamo non puntare sulla crescita del continente africano. Non possiamo non avere un'azione forte, certamente da parte dell'Italia, da parte dell'intera Unione Europea. E’ indispensabile che l'Europa lo faccia.

E voglio anche ringraziare tutte quelle organizzazioni ma anche la chiesa per il lavoro prezioso che svolgono per lo sviluppo economico del continente africano che è il continente più vicino a noi, il nostro dirimpettaio. L’Africa si aspetta molto da noi.

In tante missioni che ho fatto in quel continente ho sentito soltanto parole positive nei confronti dell'Italia e dell'Europa. Non possiamo perdere questa occasione; dobbiamo fare ancora di più. Perché certamente l’azione per la crescita e lo sviluppo è fondamentale ma che lotta contro il cambiamento climatico, la lotta contro il terrorismo, l’azione per la pace, la lotta per la tutela della salute sono un insieme di azioni che noi dobbiamo condurre con le autorità africane per favorire la crescita armonica di un continente che diventerà sempre più importante e al quale dobbiamo guardare con grandissima attenzione.

Lo stesso discorso vale per l'America Latina. E’ un continente fratello, ci uniscono legami linguistici, religiosi e anche di forte presenza di comunità di origine italiana ed europea.

Non dobbiamo abbandonare mai l'interesse per quel continente e dobbiamo sviluppare azioni forti, di coesione, di collaborazione.

Ho organizzato tante missioni per la crescita, accompagnavo imprenditori europei non per delocalizzare, non per colonizzare ma per creare joint-ventures che favorissero la crescita del continente africano, che favorissero le relazioni tra Europa e Africa, la crescita del Sud America e la crescita delle relazioni tra Europa e Sudamerica.

Questo è anche il compito del nostro continente, è il compito dell'Italia che vuole essere sempre più protagonista nell'Unione Europea. Noi siamo parte dell'Unione Europea e più Italia nell'Unione Europea significa un’Europa più forte, più credibile, che guarda sempre più verso il sud.

Anche i rapporti culturali sono fondamentali. Noi vogliamo che giovani africani e sudamericani possano venire a studiare nelle nostre università e viceversa: così si crea una giusta e forte collaborazione.

Con questa visione e con tutto ciò che ho fatto - ricordo per esempio l'ultimo evento a Napoli che organizzai da Commissario europeo ai trasporti insieme all’Unione africana e insieme a tanti paesi africani per l'interconnessione tra le reti transeuropee e transafricane. Le infrastrutture sono uno strumento favorevole alla crescita. E non lo organizzai come  Commissione Europea, lo voglio organizzare insieme all' Unione africana.

Noi abbiamo bisogno dell'Africa e l'Africa ha bisogno di noi. Come paesi, come popoli vicini abbiamo il dovere e l'interesse di collaborare, di lavorare insieme e lo stesso discorso vale per l'America Latina.

Ma per festeggiare questo compleanno noi dobbiamo ricordare le tante attività svolte nel corso di questo mezzo secolo a sostegno delle popolazioni più fragili nei paesi in via di sviluppo.

AVSI ha potuto raggiungere questo traguardo grazie all'impegno, alla generosità e alla dedizione di collaboratori e volontari che contribuiscono ogni giorno a dare un volto alla Cooperazione italiana e ad alimentare il grande apprezzamento per l'impegno del nostro paese in questo settore.

Ma voglio sottolineare una questione che per me è di grande importanza.

Chi vuole aiutare una persona più debole, che deve superare delle difficoltà,  non lo fa quasi mai per un interesse personale. Lo fa perché dentro di sé albergano dei valori primo fra tutti quello della libertà, perché se si vive nel disagio, se si vive nella  povertà non si è liberi. Il lavoro rende liberi e noi abbiamo il dovere di favorire la crescita, di creare lavoro a casa nostra ma anche nei luoghi dove abbiamo amici.

In tanti che fanno volontariato, in tanti che fanno cooperazione c'è innanzitutto la difesa di alcuni valori: la centralità della persona è quello fondamentale.

In questa occasione celebrativa i temi di discussione proposti sono di particolare attualità e rilevanza, in un contesto in cui la cooperazione allo sviluppo sta acquisendo ancor maggiore centralità e richiede rinnovato slancio.

Attraversiamo una congiuntura internazionale complessa segnata dalla volatilità, incertezze che ha visto il dramma della guerra tornare ad incombere anche sull'Europa.

A questo proposito voglio complimentarmi con l'iniziativa che si inaugurerà domani [al museo MAXXI di Roma] un segnale di attenzione ad artisti ucraini.

Anche qui si tratta di difendere innanzitutto un valore: la libertà. La libertà di uno stato sovrano, la libertà di un popolo che non può essere conculcata con la violenza.

Noi tutti quanti ci battiamo per la pace. Io ringrazio anche il Santo Padre per le parole che continua a pronunciare in favore della pace ma, come diceva San Giovanni Paolo II “non c'è pace senza giustizia” e la giustizia, in questo caso, è la sovranità dell’Ucraina.

La pandemia, l'emergenza climatica, l’instabilità finanziaria e dei flussi commerciali i conflitti regionali, la recrudescenza del terrorismo, l'aggressione all’Ucraina con le sue ripercussioni umanitarie, sociali, economiche e geopolitiche - abbiamo milioni di rifugiati - contribuiscono purtroppo ad aggravare divari e disuguaglianze tra gli stati e al loro interno. E secondo il World inequality report 2022 la disuguaglianza è ai massimi storici: il 10% della popolazione mondiale possiede il 76% della ricchezza. Alle disuguaglianze di reddito corrispondono disuguaglianze ecologiche: il 10% della popolazione più ricca è responsabile di quasi il 50% delle emissioni nocive mentre la metà della popolazione più povera incide per appena il 12%.

Oggi lo spettro di una recessione globale rischia di comprimere le risorse finanziarie per la cooperazione allo sviluppo a fronte di bisogni umanitari crescenti e di mortificare gli sforzi verso una trasformazione dei modelli di produzione, di  consumo e di gestione delle risorse naturali più equi e sostenibili.

Già a giugno dello scorso anno la FAO aveva lanciato l'allarme stimando 193 milioni di persone esposte al rischio di insicurezza alimentare acuta in 53 paesi. Secondo le Nazioni Unite la popolazione mondiale nel 2050 raggiungerà circa 10 miliardi di persone (9,7). E i paesi dell'Africa subsahariana contribuiranno per oltre il 50% a questo incremento. Non dimentichiamo poi che a queste dinamiche si sovrappongono gli effetti sempre più severi del cambiamento climatico.

Ricordo durante la mia ultima visita da Presidente del Parlamento Europeo in Niger che atterrando nella capitale si vedeva il deserto arrivare alle porte delle prime case della periferia. Qualche anno prima c'erano almeno 2-3-4 km di terreno coltivato attorno alla città; c'era il deserto al posto delle coltivazioni.

Non possiamo non dire che chi vive la fame, chi vive il terrorismo, chi vive le malattie è spinto a lasciare la propria terra, anche contro la propria volontà. Sul tema dell'immigrazione dovremmo affrontare una riflessione profonda e il nuovo governo ieri è stato molto chiaro in questa direzione.

Dobbiamo fare di più è meglio per far crescere il continente africano.

Disuguaglianze, insicurezza alimentare, cambiamento climatico sono sfide comuni che solo affrontandole come una comunità potremmo coltivare il nostro interesse, altrettanto comune, a promuovere crescita e occupazione, accelerare la transizione energetica, contrastare fenomeni di radicalizzazione e terrorismo, combattere la migrazione illegale e favorire quella legale tutelando sempre la dignità della persona.

Non a caso i panel in cui si articolerà il convegno richiamano tutti questi temi: educazione, clima, energia, agricoltura, migrazioni mettendo in luce l'esigenza di lavorare insieme per tradurre in realtà uno sviluppo umano condiviso che ponga - insisto- al centro la persona i giovani e gli anziani in primis. Restituendo ai giovani opportunità e speranza nel futuro e agli anziani gli ultimi anni di vita da trascorrere in dignità.

A questi cardine è ancorata l'azione della Cooperazione italiana allo Sviluppo che è parte integrante e qualificante della politica estera dell'Italia e non si esaurisce nell’aiuto ai più vulnerabili, ma contribuisce attivamente alla creazione di relazioni di partenariato con i paesi di intervento. Un partenariato egualitario, strutturato e multidimensionale come quello che stiamo rafforzando e sviluppando con i Paesi dell'Africa, continente in cui AVSI è tradizionalmente attiva.

L'Italia, dobbiamo dirlo, ha fatto molto negli ultimi anni per avanzare verso la soglia ribadita dall’Agenda 20-30 delle Nazioni Unite dello 0,7% del reddito Nazionale lordo destinato  all’aiuto pubblico allo sviluppo. Questa tendenza al rialzo delle risorse destinate alla Cooperazione ha portato il rapporto tra aiuto pubblico e il reddito nazionale allo 0,29% nel 2021 rispetto allo 0,22% del 2020. Sempre in un'ottica di continuità tra assistenza e promozione dello sviluppo, l'Italia, durante la Presidenza del G20, ha posto la sicurezza alimentare tra le priorità dell'agenda internazionale. La dichiarazione di Matera impegna la comunità internazionale a realizzare sistemi agroalimentari più sostenibili e resilienti per sradicare la fame e mitigare l'impatto del cambiamento climatico.  Oggi l'aggravarsi della crisi energetica e di quella alimentare - aggravate ancor di più dalla guerra in Ucraina - colpisce tutti ma colpisce soprattutto i paesi e popoli più fragili e penso a quelli del Mediterraneo, a quelli africani.

Purtroppo drammaticamente pandemia e conflitti stanno erodendo molti dei progressi che abbiamo compiuto verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile anche sul piano dei diritti e della libertà delle categorie più vulnerabili. Siamo stati testimoni in questi ultimi anni di livelli crescenti di violenza nei confronti delle donne inaccettabili. Ricordo i drammatici racconti di donne che erano nel centro UNHCR in Niger che hanno subito violenze inaudite e continuano a subirle dai mercanti di essere umani. Donne violentate 7,8,10 volte davanti ai fratelli, davanti al padre alla madre perché volevano che si pagasse ancora di più per abbandonare l'Africa e salire sui barconi che spesso sono i barconi della morte. Ecco questo non deve mai più accadere perché ogni essere umano ha il diritto di veder tutelata la propria vita dall’inizio alla fine. Ed è inaccettabile quello che purtroppo continua ad accadere, soprattutto nei confronti delle donne.

Il contrasto alla violenza e a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e bambini è un pilastro dell'azione internazionale dell'Italia in materia di tutela e promozione dei diritti umani. Ricordo, a titolo di esempio, il nostro contributo di lungo corso ai programmi delle Nazioni Unite per la lotta alle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni forzati precoci e la nostra adesione fattiva all'agenda “donne, pace e sicurezza”.

Altro tema prioritario per il nostro paese che desidero richiamare oggi è quello della protezione delle minoranze religiose e dei diritti delle persone appartenenti a queste minoranze. Un'area di tradizionale impegno della politica estera del nostro paese che coniuga difesa della libertà di religione, di credo e la promozione del dialogo interreligioso. Su tutti questi aspetti siamo molto attivi innanzitutto in ambito multilaterale, nel quadro dei lavori dell'assemblea generale e del Consiglio dei diritti umani dell'ONU.

Troppi cristiani, solo perché cristiani, vengono perseguitati e uccisi nel mondo solo perché cristiani. Dovremmo parlare delle minoranze yazide lo stesso. Odi che nascono - sbagliando - in nome di Dio.  Ma chi spara in nome di Dio spara contro Dio. L'ho sempre detto e sostenuto: chi uccide in nome di Dio uccide Dio. Lo dico da credente, perché lo sono, ma lo dico anche da rappresentante dei cittadini italiani, rappresentante di questa Repubblica.

La nostra azione di cooperazione allo sviluppo concorre perciò a quegli obiettivi di pace, stabilità, prosperità e rispetto dei diritti umani che costituiscono la premessa per una crescita inclusiva, per lo sviluppo di scambi e investimenti, dell'occupazione, dell’imprenditoria in particolare delle piccole e medie imprese. Da questa angolazione fare Cooperazione significa anche tutelare la stabilità, la sicurezza e la prosperità dell'Italia e dell'Europa.

Consolidando rapporti con Paesi collocati in aree per noi strategiche sul piano politico, economico e commerciale. Il successo di questa strategia dipende in larga misura dalla partecipazione della società civile, dei giovani, degli attori economici in Italia e nei paesi in cui operiamo.

Il percorso compiuto dalla Cooperazione italiana e quello che ci attende nel futuro prossimo è stato reso possibile da una collaborazione sempre più stretta col mondo dell’associazionismo di cui AVSI è un esempio di grande professionalità ed efficacia operativa. Cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale, partecipazione e inclusione sono valori prioritari che la cooperazione italiana condivide con le organizzazioni della società civile impegnate nelle attività di progettualità concreta in partenariato con i beneficiari. Nell'informazione dell'opinione pubblica sui temi delle relazioni solidali livello nazionale e internazionale e nella formazione di proposte politiche per migliorare il quadro e la coerenza degli aiuti.

Le donne e gli uomini di AVSI sono in prima fila per portare il loro sostegno ai più deboli e per far fronte alle sfide globali nel nostro tempo.

La solida collaborazione tra AVSI e la Farnesina si concentra sui settori al cuore della missione AVSI come istruzione e salute e si sviluppa in campo umanitario nei settori dell'agricoltura e della sicurezza alimentare, nella protezione dell'infanzia, nella formazione professionale e creazione lavoro.

Soltanto nel periodo 2016-2022 AVSI ha partecipato ai bandi organizzati dall'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo aggiudicandosi quattro progetti per circa 5 milioni di euro per iniziative in Kenya, in Libano, in Uganda e Palestina finalizzate allo sviluppo umano ed economico delle comunità beneficiarie.

E qui penso alla Palestina: il dialogo interreligioso deve poter contribuire alla pace. Due popoli, due stati, è fondamentale che il dialogo prevalga sempre sullo scontro.

Sono certo che potremo continuare la nostra collaborazione verso il futuro che vogliamo come recita il titolo di questo convegno. Che le riflessioni di oggi possano offrire nuovi spunti e idee per farlo con la massima efficacia. Mi congratulo ancora con AVSI per i suoi 50 anni e auguro alle sue donne e ai suoi uomini il miglior successo per le attività presenti e future che vi vedono impegnati nel mondo.

Buon compleanno, grazie