Siria: AVSI invita a un drastico cambio di passo

Data 15.03.2021

Dopo dieci anni dallo scoppio della guerra, la popolazione in Siria vive una situazione drammatica.

In base agli ultimi dati OCHA, 13 milioni di persone negli ultimi dieci anni sono state costrette ad abbandonare le loro case; 13,4 milioni le persone che necessitano di aiuto umanitario, 2,5 milioni i bambini che non possono frequentare la scuola.

Anche nei paesi vicini che hanno accolto i siriani fuggiti dalla guerra la situazione è molto grave: secondo il rapporto Vulnerability Assessment of Syrian Refugees in Lebanon (VASyR 2020) l’89% delle famiglie siriane rifugiate in Libano vive sotto alla soglia di povertà (e dati simili simili si registrano in Iraq e Giordania).

In questi lunghi anni AVSI è stata accanto alla popolazione implementando progetti di aiuto umanitario, sanitario, alimentare, educativo e formativo in tutta la regione. Tra questi "Ospedali Aperti", "GOAL", "Integrated individual protection response in Damascus and Rural Damascus for the most vulnerable population groups during the COVID-19 crisis", "Back to the future".

In particolare, grazie al progetto"Ospedali Aperti", avviato da AVSI su iniziativa del card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, e all’appoggio del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, dal 2017 a oggi sono stati curati gratuitamente oltre 40.000 siriani vulnerabili.

Ma questo non basta, come testimonia lo stesso card. Zenari:"La Siria non vede ancora la luce in fondo al tunnel, è sempre più povera e sempre più ammalata".

Ascolta le parole del card. Mario Zenari sulla situazione in Siria

In occasione della Conferenza sulla Siria promossa a Bruxelles nei giorni 29-30 marzo (Brussels V Conference on the future of Syria and the Region) AVSI lancia alcune proposte: chiede un drastico cambio di passo per passare da azioni di emergenza a una strategia di ripartenza, che si regga su un piano di ricostruzione di infrastrutture essenziali, a cominciare dalle scuole e dagli ospedali.

Invita ad affrontare con piani adeguati la sfida dei Rientri Volontari in Siria: ad oggi sono cominciati, se ne contano 38.223 nel 2020 (dati UNHCR), e aumenteranno nei prossimi mesi.

Perché i siriani decidano di rientrare a casa loro, di concorrere a far ripartire l’economia siriana, alleggerendo della loro presenza i Paesi ospitanti (che sempre più avvertono la pressione della presenza dei rifugiati), occorre garantire loro le condizioni essenziali: vanno restaurati i servizi essenziali in Siria, ricostruite case, scuole, ospedali, strade, da una parte, ma va anche ritessuta una nuova coesione sociale: i siriani devono poter ritrovare una comunità in patria, non nuove forme di emarginazione.

A tal fine serve un’azione di insieme e integrata: gli stati, le organizzazioni internazionali, la UE devono stanziare fondi proprio per finanziare questo tipo di attività. Bisogna passare dal Life stavying, salvare vite, a Early recovery, pronta ripartenza e ricostruzione.

Un’azione simultanea e tempestiva per cui, mentre si sostengono i siriani riparati all'estero con progetti di livelihood, educazione e formazione al lavoro, si studino e pianifichino percorsi di rientro.

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