La crisi dimenticata di Haiti: violenza, malnutrizione e fughe dal Paese

Mentre a Port-au-Prince le bande sono riuscite a prendere il controllo del 75% del territorio, la popolazione haitiana soffre la fame, la mancanza di lavoro e di medicine, senza vedere un futuro migliore. Il racconto di Fiammetta Cappellini

La crisi dimenticata di Haiti

Ad Haiti la situazione umanitaria continua ad aggravarsi. Le bande armate hanno ormai preso il controllo del 75% della capitale, Port-au-Prince, dove vivono tra i 2 e i 3 milioni di persone, su una popolazione totale nel Paese di circa 12 milioni. La presenza delle bande ha conseguenze drammatiche sulla vita dei civili: i casi di violenza sono in costante aumento, così come il numero delle vittime. Allo stesso tempo, la malnutrizione dilaga e ha raggiunto livelli mai registrati prima.

Questa crisi è alimentata dalle gravi difficoltà socio-economiche della popolazione che, senza lavoro o con salari molto bassi, non riesce a permettersi l’acquisto di cibo. In aggiunta, le bande controllano le vie d’accesso e diversi punti della frontiera, bloccando l’ingresso di aiuti e pacchi alimentari.

Di tutto questo ha parlato Fiammetta Cappellini, che per oltre 19 anni ha rappresentato AVSI nel Caribe e oggi è a capo della unit aiuto umanitario, all’Agenzia Dire, in occasione della presentazione a Roma di "Figli di Haiti", la campagna lanciata da Fondazione Avvenire per raccontare e sostenere la popolazione haitiana.

Il ruolo delle organizzazioni internazionali

Come ha spiegato Cappellini, ad Haiti il ruolo delle organizzazioni internazionali è essenziale per sostenere la popolazione.

AVSI, presente ad Haiti da 25 anni, continua a garantire interventi educativi per 600 bambini, cure mediche e la distribuzione di kit alimentari per prevenire o curare la malnutrizione di madri e figli. Tuttavia, le condizioni di sicurezza nel Paese rendono il lavoro estremamente complesso.

Lavorare ad Haiti in questo momento è molto difficile per gli operatori umanitari. AVSI conta 300 operatori, di cui 295 haitiani. I nostri colleghi portano avanti un lavoro importantissimo, pur essendo più esposti ai rischi, ma rappresentano un aiuto essenziale perché metà della popolazione dipende da questi aiuti.

Negli anni AVSI è diventata una presenza importante nella capitale e nelle zone rurali del sud e del nord. Realizziamo 22 progetti, molto diversificati a seconda dei contesti. Nella capitale sono in corso interventi umanitari, progetti di protezione delle popolazioni vulnerabili, come bambini e donne vittime di violenza, e lavoriamo molto anche sulla sicurezza alimentare e la malnutrizione.

Fiammetta Cappellini, Coordinatrice degli interventi umanitari di AVSI

Nelle zone più periferiche, invece, gli interventi sono più orientati allo sviluppo agricolo, per sostenere una vita dignitosa e lottare contro la povertà estrema. "Senza il sostegno delle organizzazioni internazionali – aggiunge Cappellini – la popolazione non ce la potrebbe assolutamente fare.”

Persone in fuga

Un altro effetto della crisi di Haiti è il fenomeno migratorio: molti cercano di abbandonare il Paese, riversandosi nello Stato vicino oppure tentando di raggiungere il Messico, alimentando quella carovana di migranti che preme per entrare negli Stati Uniti.

Si tratta però di persone che non emigrano seguendo un progetto preciso, ma per la necessità urgente di scappare e salvarsi. Questo le rende estremamente vulnerabili e difficilmente reintegrabili nel tessuto sociale dei Paesi in cui approdano, aumentando i livelli di povertà e rendendo il fenomeno complesso da gestire anche per le comunità ospitanti.

Le gang rischiano di essere l'unica opportunità per i giovani

Un ulteriore rischio è che le giovani generazioni, rimaste senza alternative, finiscano per entrare a far parte delle bande armate.

Come AVSI crediamo molto nella necessità di lavorare per un futuro migliore che parte certamente dai bambini, ma che non deve dimenticare i giovani. La violenza ha radici profonde e manifestazioni inaccettabili, ma uno dei fattori che la alimentano è la mancanza di alternative valide per ragazze e ragazzi: il lavoro non c’è, e questo allarga il bacino da cui le bande attingono nuove leve. È molto importante non abbandonare i giovani a loro stessi, sostenendo la loro autonomia economica e il loro futuro.

Capisco che in questo momento nel mondo ci siano tanti conflitti e crisi aperte, ma Haiti non deve essere dimenticata.

Fiammetta Cappellini, AVSI's Humanitarian Aid Unit Manager

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