Myanmar: la situazione un mese dopo il terremoto

Dopo il colpo di stato e il terremoto, la popolazione birmana affronta ora anche l’impatto dei nuovi dazi statunitensi

Myanmar. Un mese dopo il terremoto
Data 28.04.2025

A un mese dal terremoto che ha colpito il Myanmar il 28 marzo scorso, lo staff di AVSI è riuscito a portare assistenza a oltre 2.500 famiglie nel distretto di Nyaungshwe, nello Shan State, a 200 chilometri dall'epicentro. Grazie a una rete di partner a poche ore dal sisma siamo intervenunti in sette villaggi sul lago Inle dove più del 70% delle case - costruite perlopiù su palafitte - sono state distrutte o danneggiate.

In questa prima fase di emergenza abbiamo distribuito acqua, cibo e beni di prima necessità, come materassi, coperte, tende e kit igienico-sanitari. Ma non basta: tantissime persone, rimaste senza casa, vivono da venerdì 28 marzo su delle barche o all’aria aperta. 

“Quando c’è stato il terremoto ero in casa con mio figlio, stavamo pranzando. In un attimo il pavimento è crollato e ci siamo ritrovati in acqua, nuotando per ripararci dai pezzi di detriti della nostra casa che cadevano. L’intero edificio è crollato e devo ricostruirlo, non ci è rimasto nulla. È un momento molto difficile”.

Zaw Min Htay, abitante di un villaggio sul lago Inle

L'inizio della pioggia

L’arrivo della stagione dei monsoni, da maggio a settembre, con le sue piogge torrenziali, rende urgente la costruzione di soluzioni abitative e ripari per tutte le persone sfollate. AVSI ha già iniziato la distribuzione di coperture di plastica, che permettono nell’immediato di proteggere le case danneggiate dalle infiltrazioni di acqua. Seguirà poi la distribuzione di denaro per dare alle famiglie sfollate la possibilità di acquistare il materiale necessario a ricostruire le proprie case.  

Inoltre, con il terremoto sono state danneggiate molte infrastrutture idriche ed è grave il rischio di contaminazione dell’acqua e di diffusione di malattie come il colera. Per prevenirlo, AVSI garantisce la distribuzione di acqua potabile e di lavandini nelle abitazioni.

Gli interventi di AVSI sono resi possibili grazie a 30 membri del nostro staff in loco, che continuano a lavorare nonostante le limitazioni agli spostamenti dovute ai danni alle infrastrutture, le difficoltà di comunicazione, la mancanza di elettricità e i combattimenti tra l’esercito e i gruppi dell’opposizione:

“I primi giorni dopo il terremoto la situazione è stata molto critica perché i combattimenti sono continuati e ci sono stati anche dei bombardamenti vicino ad aree dove noi lavoriamo. È evidente che questo abbia comportato tanti rischi anche per il personale umanitario e quindi un rallentamento degli aiuti. Adesso la situazione è migliorata anche se i rischi continuano ad esserci”.

Guido Calvi, responsabile progetti di  AVSI.

I numeri del terremoto e l'aggravante dazi

Secondo i dati ufficiali, il terremoto ha colpito 2 milioni di persone, i morti sono 3.700, i feriti 4.800, mentre sono state distrutte 1.800 scuole e 41.000 case: numeri resi ancor più drammatici dal contesto di crisi in cui versa il Paese, colpito oggi anche dai dazi statunitensi.

Il Myanmar infatti si vedrà imporre una tariffa al suo export del 44%, tra le più alte imposte dall'amministrazione USA.

Si tratta di un duro colpo per un Paese la cui economia era già stata messa in ginocchio dal colpo di stato del 2021. Basti pensare che una persona su due aveva bisogno di aiuti umanitari e la media di guadagno giornaliero ammontava a 1 dollaro al giorno.

Il settore tessile, che impiega oltre 500.000 persone, in gran parte donne, è tra i più colpiti dai dazi.

In questo contesto, l'imposizione dei dazi aggrava ulteriormente le difficoltà economiche della popolazione, minacciando la sicurezza alimentare e la stabilità sociale del Paese.

L'appello di AVSI

“Prima del terremoto c’erano più di 3 milioni e mezzo di sfollati in Myanmar. Il nostro approccio, come in altre situazioni di conflitto, è quello di cercare il prima possibile di passare da una risposta emergenziale a un intervento di medio e lungo periodo per accompagnare queste comunità verso una normalità. L’appello che facciamo – conclude Calvi - è di non dimenticare di nuovo il Myanmar. Il terremoto ha acceso i riflettori su questo Paese, ora è importante non distogliere lo sguardo”. 

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