La missione di sicurezza Onu guidata dal Kenya arriva ad Haiti

Negli ultimi mesi le bande criminali hanno preso il pieno controllo di Port au Prince, saccheggiando ospedali, chiudendo le forniture di acqua e gas, e usando la violenza sessuale e lo stupro come arma. L’escalation di violenze ha lasciato mezzo milione di persone senza una casa, la testimonianza di AVSI dalla capitale di Haiti

A child standing in a street of Port-au-prince Haiti 2024
Paesi Haiti
Data 02.07.2024

A Haiti è arrivato il primo dispiegamento di forze di polizia internazionali. Dopo mesi di attesa la Missione di sicurezza multinazionale (Multinational security support mission) approvata lo scorso ottobre dal Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite, come risposta allo stato di emergenza in cui versa il Paese, entra nella sua fase operativa. A guidare l’invio di oltre duemilacinquecento agenti – dall’Africa, dall’Asia e dai Caraibi – è il Kenya, che ha messo a disposizione oltre un migliaio di uomini. La missione è guidata da tre ufficiali kenioti e ha come obiettivo il contrasto delle bande criminali che da mesi ormai hanno il pieno controllo della regione.

A Port au Prince infatti la vita da inizio febbraio è in condizioni precarie. L’escalation di violenze condotte dalle gang locali, che controllano più dell’ottanta per cento della capitale, ha staccato la spina ai collegamenti interni ed esterni creando uno stato di terrore generalizzato, oltre a lasciare quasi due milioni di persone in una condizione di insicurezza alimentare. Gli scambi nel porto della capitale sono stati bloccati, nonostante il contrabbando con la Florida continui a finanziare l’armamentario delle bande, che a marzo hanno cercato anche di prendere il controllo dell’aeroporto impedendo ai voli di linea di decollare. Al momento la situazione rimane in gran parte sotto il controllo di più di duecento bande criminali.

Benché l’obiettivo rimanga quello di porre fine alle violenze e al potere delle bande criminali sulla città, non sarà semplice in breve tempo riprendere il controllo in tutto il Paese.

Le attività di AVSI ad Haiti

Haitian beneficiaries help clean up Port-au-prince streets
Haitiani coinvolti da AVSI aiutano a pulire le strade di Port-au-Prince, Haiti

AVSI dal 1999 lavora nel Paese ed è rimasta tra quelle operative, offrendo supporto nella capitale e nelle zone periferiche. «In questo momento offriamo supporto alle donne e ai bambini che si trovano privi di alcuna istruzione, perché nonostante alcune scuole stiano riaprendo in qualche zona la gran parte è stata completamente distrutta – racconta a Linkiesta Flavia Maurello, responsabile di AVSI ad Haiti –, la situazione in centro a Port au Prince rimane molto tesa, e con esercizi commerciali e supermercati saccheggiati non possiamo immaginare come questo non possa avere un impatto immediato sullo stato socio psichico anche dei nuclei familiari».

"A Port-au-Prince Le persone si aspettano che la situazione peggiori. - ha dichiarato in una recente intervista al Sussidiario.net Jessica Granito, responsabile dei progetti di AVSI ad Haiti - Le scuole sono chiuse in alcune zone, i bambini da più di tre mesi non ci vanno, se c’è bisogno di cure è difficilissimo reperire medicinali. La maggior parte delle importazioni arrivano dalla Repubblica Dominicana, ma con questo Paese le frontiere terrestri e aeree sono chiuse. Gli scontri fra bande e polizia hanno fatto molte vittime fra la popolazione civile: nel primo trimestre dell’anno, secondo i dati ufficiali, sono state più di 2mila, il 50% in più del 2023. Le persone sono preoccupate quando qualcuno della loro famiglia esce, anche semplicemente per andare al lavoro: non sanno mai se tornerà a casa o no. Quello haitiano è un popolo resiliente, tendono a trovare un modo per gestire la situazione, ma c’è stanchezza e inquietudine per il futuro.

AVSI continua a lavorare in tutto il Paese, nella capitale e in altri quattro uffici, nel Sud, Nord-Est e Nord-Ovest. Dopo le prime violenze abbiamo ridotto lo staff all’essenziale. Ora che la pressione su certi quartieri sta scendendo l'organizzazione sta pensando al rientro di parte dello staff.

"A Port-au-Prince siamo sempre stati operativi nei quartieri più caldi - continua Granito - Lo staff che lavora con noi, quello storico, abita in queste zone o in quelle limitrofe e questo ci permette di ridurre il rischio: non devono compiere spostamenti importanti per arrivare da casa loro. Sulla capitale l’80% delle azioni sono a carattere umanitario, servizi di assistenza, di prima necessità. Forniamo appoggio psicologico, psicosociale o forniamo voucher per sostenere chi ha subito direttamente la violenza delle bande, facciamo un lavoro che riguarda la sicurezza alimentare e cerchiamo di garantire alle famiglie che i figli abbiano accesso all’educazione. Lo facciamo non solo a Port-au-Prince. Accanto a questi interventi di urgenza svolgiamo attività di sviluppo".

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