Il prezzo dei cambiamenti climatici: in Sud Sudan una popolazione a rischio a causa della siccità

Testo di Clementina Udine e Aniello D’Ambrosio - Foto di Aniello D’Ambrosio, AVSI Sud Sudan

I Jie sono una sub-etnia dei Toposa, popolazione autoctona della contea Kapoeta est con cui da sempre sono in conflitto. Vivono isolati nell’area di Lopet, semi-desertica e quasi inaccessibile in cui è fortemente tangibile l’impatto dei cambiamenti climatici che negli ultimi anni ha acuito la crisi alimentare.

Allevatori di mucche e capre, spesso sono vittime di “cattle-raids”, furti di bestiame diffusi in tutto il Sud Sudan che comportano una grave perdita per le famiglie a causa del valore economico e sociale di questi animali. Assediati a sud dai Toposa e a nord dai Murlé – etnia residente nello Stato limitrofo del Jongolei – i Jie di Lopet vivono isolati dal resto del paese senza alcun accesso ai servizi di base essenziali. La stagione delle piogge e il fango rendono l’area inaccessibile per nove mesi l’anno, impedendo l’arrivo di aiuti umanitari regolari.

Il nostro staff sta cercando di superare questi ostacoli e organizzare distribuzioni di beni di prima necessità con il sostegno del South Sudan Humanitarian Fund (SSHF) dell'OCHA (l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari).

Presente in Sud Sudan dal 1992 AVSI, che si occupa in particolare di istruzione, salute, nutrizione e sicurezza alimentare e porta avanti progetti in diverse aree del paese, attualmente sta studiando il territorio di Lopet per individuare i principali bisogni della popolazione Jie e rispondere nel modo più adeguato.

Nonostante nel paese siano presenti molte organizzazioni umanitarie, a causa dell’aumento della siccità e di altri fenomeni legati ai cambiamenti climatici l’emergenza alimentare colpisce un numero crescente di persone, in particolare nelle aree meno accessibili come Lopet.

Il Sud Sudan sta vivendo la più grande crisi alimentare dall’indipendenza del 2011. Circa sette milioni di personequasi il 60% della popolazione - soffrono la fame; di questi, un milione e mezzo si trovano in stato di emergenza e lottano ogni giorno per la sopravvivenza. Le frequenti ondate di siccità hanno drasticamente ridotto la fertilità del suolo, causando la diminuzione della produzione agricola e il conseguente aumento dei livelli di insicurezza alimentare.

Gli effetti incalzanti del cambiamento climatico, sommati alla violenza e ai continui scontri di cui è teatro il paese, stanno inasprendo una situazione già critica, soprattutto nelle aree più remote.

I Jie vivono in zone inospitali e aride da secoli, coltivando sorgo e mais solo per sei mesi all'anno poiché la stagione secca, che occupa la restante parte dell’anno, ne impedisce la produzione. I raccolti sono quindi insufficienti a coprire il fabbisogno della popolazione che, esaurite le scorte, è costretta a nutrirsi di foglie e frutta selvatica. "Quando terminiamo le scorte di cibo, ci nutriamo soprattutto con foglie di lalup insaporite con un po' di sale" ha raccontato un capo villaggio al nostro staff.

Le uniche fonti d’acqua sono il lago artificiale e alcune pozze, di cui usufruiscono indistintamente uomini e animali. Qui infatti i Jie bevono, si lavano, puliscono utensili e portano il bestiame ad abbeverarsi. Non ci sono pozzi e gli scavi compiuti alla ricerca di falde acquifere hanno dato risultati infruttuosi. Nel corso della stagione delle piogge (che va da maggio a ottobre), l’acqua viene dunque raccolta in alcuni canali scavati dalla comunità; durante gli altri mesi, in cui il clima è secco e non piove quasi mai, per sopravvivere i Jie attingono dalle proprie scorte.

Quando anche queste si esauriscono, sono costretti a spostarsi; le fonti più vicine si trovano a oltre 40 km di distanza, in una località abitata da tribù Toposa rivali: attraversare quei territori significherebbe per loro rischiare la vita, per cui spesso i Jie preferiscono dirigersi verso zone meno pericolose anche se più distanti, arrivando a percorrere fino a 80 km.

“Grazie ad AVSI abbiamo ora la speranza di essere trattati come esseri umani” conclude il capo di uno dei villaggi di Lopet che hanno beneficiato della distribuzione di fiammiferi, olio e sale compiuta dal nostro staff. Seppur insignificanti in apparenza, questi semplici beni costituiscono un primo passo verso una vita più dignitosa per una popolazione che rischia di estinguersi nell’indifferenza generale, pagando il prezzo dei cambiamenti climatici.

La popolazione Jie di Lopet ritratta da Aniello D'Ambrosio

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