Il Piano Mattei è un’iniziativa politica di grande rilievo per l’Italia, e ha messo in moto molteplici energie da subito. Appena menzionato dalla Premier Meloni all’inizio del suo mandato, il Piano Mattei ha suscitato interesse generale, insieme a vivaci polemiche, e attivato vari soggetti italiani e internazionali interessati a conoscere le possibilità che esso apre lungo la direttrice Italia-Africa e a inserirsi nel dinamismo generatosi.
A oltre un anno dal suo lancio ufficiale in occasione della conferenza Italia-Africa del gennaio 2024, delineati obiettivi, pilastri e Paesi di riferimento, per chi opera nel mondo della cooperazione allo sviluppo e nel settore umanitario il Piano Mattei è un bene da tutelare, nel contesto geopolitico attuale sempre più teso e conflittuale. In primis perché intende la cooperazione internazionale come una relazione collaborativa tra pari, non esclusivamente come un rapporto transazionale dove un soggetto forte avanza prerogative su uno debole.
Secondo la sua definizione istituzionale, il Piano Mattei è un progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimento dell'Italia per rafforzare e rinnovare i legami con il continente africano. Esso prevede sia lo sviluppo di nuovi progetti, sia il sostegno attivo ad iniziative già in corso, collaborando con gli interlocutori africani per garantire che sia portato un valore alla popolazione locale in tutte le fasi di elaborazione e implementazione.
La metodologia che si è dato il Piano Mattei si ispira a un approccio globale e non predatorio, che riconosce la centralità della condivisione dello sviluppo socioeconomico sostenibile e delle responsabilità per la stabilità e la sicurezza quale fondamento di rapporti duraturi di reciproco beneficio tra l’Africa e l’Europa. Esso intende sviluppare nuovi progetti o sostenerne di già attivi e da scalare, avviando una co-programmazione con i Paesi africani stessi. Questo, si legge nel testo, al fine di “garantire ritorni – economici e sociali – destinati a rimanere sul territorio e costituire una leva stabile di risorse per successive espansioni”.
I pilastri del Piano Mattei
- Istruzione e formazione: gli interventi si prefiggono di promuovere la formazione e l’aggiornamento dei docenti, l’adeguamento dei curricula, l’avvio di nuovi corsi professionali e di formazione in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro e la collaborazione con le imprese, coinvolgendo in particolare gli operatori italiani e sfruttando il modello italiano delle piccole e medie imprese.
- Agricoltura per diminuire i tassi di malnutrizione, favorire lo sviluppo delle filiere agroalimentari, sostenere lo sviluppo dei bio-carburanti non fossili. In questo quadro si ritengono fondamentali lo sviluppo dell’agricoltura familiare, la salvaguardia del patrimonio forestale e il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici tramite un’agricoltura integrata.
- Salute per rafforzare i sistemi sanitari, migliorando l’accessibilità e la qualità dei servizi primari materno-infantili; potenziare le capacità locali in termini di gestione, formazione e impiego del personale sanitario, della ricerca e della digitalizzazione; sviluppare strategie e sistemi di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, in particolare pandemie e disastri naturali.
- Energia: l’obiettivo strategico è rendere l’Italia un hub energetico, un vero e proprio ponte tra l’Europa e l’Africa. Gli interventi avranno al centro il nesso clima-energia, punteranno a rafforzare l’efficienza energetica e l’impiego di energie rinnovabili, con azioni volte ad accelerare la transizione dei sistemi elettrici, in particolare per la generazione elettrica da fonti rinnovabili e le infrastrutture di trasmissione e distribuzione.
- Acqua: perforazione di pozzi alimentati da sistemi fotovoltaici; manutenzione dei punti d’acqua preesistenti; investimenti sulle reti di distribuzione; attività di sensibilizzazione circa l’utilizzo dell’acqua pulita e potabile.
- Infrastrutture: questo settore d’intervento è trasversale a tutte le verticali individuate, con riferimento sia alle infrastrutture fisiche che digitali.
Progetti pilota e metodologie
Per l’implementazione, il Piano Mattei ha scelto di concentrarsi inizialmente su alcuni progetti pilota in nove Paesi: quattro del quadrante nord africano (Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria) e cinque del quadrante subsahariano (Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo e Costa d’Avorio). A questi si sono aggiunti nel 2025 Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal.
Ambizioso anche nella scelta delle parole chiave: efficacia (grazie a un approccio basato sul raggiungimento di risultati), integrazione e flessibilità (tramite l’espansione di scala e la multidimensionalità), valore aggiunto (progetti idonei a produrre un significativo miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale), potenzialità incrementali (favorendo un’ottica di sistema); sostenibilità e replicabilità.
Promosso dalla Presidenza del Consiglio, il Piano è stato formalizzato nel novembre 2023 con decreto convertito in legge nel gennaio 2024, che ha creato una Cabina di Regia con il compito di coordinare le attività svolte, nell'ambito delle rispettive competenze, dalle amministrazioni pubbliche italiane. La Cabina è composta dai Ministeri interessati e altri soggetti, a cui si sono aggiunti enti pubblici e privati, terzo settore e società partecipate con un DPCM del 6 marzo 2024.
Ricorrendo a una metafora enfatica ma consistente, “il Piano Mattei siamo noi”, perché investe tutti noi, le organizzazioni della società, il settore privato, le istituzioni, le università, cioè il sistema paese.
Per questo il Piano Mattei è un’opportunità che va colta fino in fondo: se l’Italia si giocherà in pieno, si realizzerà un cambio di passo nelle relazioni tra il nostro Paese e diversi Paesi africani e si procederà nella direzione dello sviluppo sostenibile ed equo per tutti.
Semplificare le procedure
Certo sono necessarie delle riforme, per esempio delle modifiche alle procedure previste dalla Legge 125 sulla cooperazione allo sviluppo che, senza rinunciare a legalità e trasparenza, permettano di innovare, semplificare i processi, ridurre i costi e i tempi di gestione dei fondi pubblici, inadeguata al contesto di oggi. Basti pensare all’incredulità espressa dai partners africani quando vengono loro richieste l’applicazione del codice italiano degli appalti e la presentazione di documenti obbligatoriamente in lingua italiana.
Ma questi sono cambiamenti facilmente percorribili, se si considera quanto c’è in gioco in questo momento a proposito di aiuto pubblico allo sviluppo.
Se la cancellazione dei fondi americani per l’aiuto estero, lo stop improvviso dell’amministrazione USA a 5200 progetti già contrattualizzati e in corso e i tagli ai fondi destinati alla cooperazione effettuati da Belgio, Paesi Bassi, UK e Francia sembrano aprire a tempi duri in cui la cooperazione allo sviluppo non è più considerata tra le priorità di un Paese, il Piano Mattei dice che l’Italia sceglie un altro percorso: rilancia la possibilità di una collaborazione – e non mera competizione - tra Paesi europei e africani conveniente per entrambi, interpreta la cooperazione internazionale allo sviluppo come asset qualificante di politica estera e non come attività solidaristica tendenzialmente inutile, se non controproducente.
L’Italia non intende ridurre le relazioni con l’Africa a un do ut des, né schiacciarle entro logiche e metodi colonialisti, ma le inquadra in forme di partnership alla pari tra Paesi/continenti che guardano allo sviluppo come una sfida comune e condivisa. Certo il Piano Mattei ha aspetti da correggere, e richiede una particolare cura per la messa a terra, ma alla luce del contesto attuale, di una narrazione sempre più pervasiva per cui fondi spesi in interventi umanitari o in cooperazione sarebbero buttati via, indica un orizzonte di sviluppo interessante.
Mentre altri Paesi chiudono o riducono, l’Italia allarga il suo orizzonte, non si ritrae dentro i suoi confini illudendosi di potersi sviluppare a prescindere dagli altri.
Il rischio boomerang del Piano Mattei
Il Piano Mattei ha suscitato interesse e aspettative da parte dei Paesi africani. Questo lo verifichiamo in presa diretta negli incontri personali in occasioni di missioni di terreno o di eventi internazionali, come con la Premier ugandese, la Ministra dell’Educazione della Costa d’Avorio, la Ministra delle PMI del Congo Brazzaville, solo per citarne alcuni; aspettative che non vanno tradite.
Ma se queste attese non trovano risposte concrete, l’iniziativa del Piano Mattei diventerà un boomerang. Quindi dobbiamo passare alla fase implementativa senza ritrosie e con alcuni punti di attenzione.
In primis, non dobbiamo allargare troppo il numero dei Paesi coinvolti, ma concentrarci su pochi e procedere in modo sistemico.
Inoltre è importante non inseguire progetti a pioggia, che rischiano di non produrre nel tempo alcun risultato consistente e duraturo, ma lavorare per consolidare la logica già scelta dello “scale up”di modelli che funzionano, che portino a risultati evidenti di cambiamento in meglio nella vita delle persone. Il PM deve concentrarsi su pochi progetti significativi, di grande misura e di successo.
Va definito il soggetto che li realizzerà e il budget (cfr. la programmazione della DGCS o del Fondo per il Clima o della CDP). Prendiamo in considerazione, per esempio, il Fondo per il Clima che – come si appura dal sito ufficiale – sta faticando a trovare progettualità adeguate e ha un limitatissimo coinvolgimento delle imprese. Bisognerebbe indagare le cause di questa scarsa partecipazione, per rendere questo fondo utile al Piano Mattei.
Così come occorre comprendere come sbloccare e spendere risorse già disponibili. L'AICS - l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo - e la DGCS - Direzione Generale per la cooperazione allo sviluppo - hanno quasi 2 miliardi da spendere, ma per poter procedere sui progetti del Piano (che sono scale up) occorre che ci siano modifiche alla legge 125, con le attuali regole molti scale up non si possono attuare. A questo proposito merita di essere condivisa la recente esperienza del Bando AICS per la Costa d’Avorio: sulla base della normativa vigente, in questa occasione si è cercato di dare attuazione al concetto dello scale up di progetti esistenti; attendiamo i risultati ancora, ma già nel processo è stato evidente l’intento di lavorare su scale diverse, con progettualità grandi che possano realmente impattare con efficacia, avviare un cambio sistemico che renda possibile lo sviluppo in una prospettiva di lungo periodo.
Anche alla luce del contesto internazionale mutato, urge agganciare il Piano Mattei al Global Gateway della UE: devono procedere in maniera integrata, per cui siamo chiamati a verificare concretamente che cosa comporti questa integrazione in termini di aperture e innovazione. A Bruxelles si stanno interrogando molto su questo: come poter far interagire questi due importanti strumenti di pianificazione che si sono dati Italia e UE?
Sinergie dal basso
Resta in particolare una grande domanda su come si possa realizzare una collaborazione effettiva tra imprese, organizzazioni della società civile e istituzioni. Noi le tentiamo in molti modi e contesti, non risulta sempre facile uscire dalla logica del cliente/fornitore per impostare una vera co-programmazione/co-progettazione. La strada è lunga e tortuosa, ma va percorsa in questa direzione.
Queste proposte e raccomandazioni, compresa la richiesta di modificare la legge 125, hanno un sottotesto duplice: da un lato la volontà di sostituire l’impalcatura burocratica con una reale fiducia e partnership tra soggetti che insieme possano co-programmare e co-progettare; dall’altro la convinzione che la cooperazione internazionale sia necessaria quale strumento di politica estera portatore di stabilità economica e pace, al contrario di quanto sembra di cogliere dai discorsi di chi ha scelto di chiudere USAID.
Certo è necessaria una certa dose di coraggio, ma sembra non mancare a nessuno dei soggetti che si stanno giocando a tutti i livelli per questo Piano. Sicuramente non alle organizzazioni della società civile che operano da oltre cinquant’anni in Africa e che si collocano tra i primi investitori in Africa.
Solo per dare un esempio, AVSI impegna in questo continente circa 80 milioni di euro l’anno con un suo specifico valore aggiunto: raggiunge l’“ultimo miglio”, favorisce le sinergie dal basso, in modo da tenere coinvolte le singole persone e le loro comunità nel disegnare e pianificare i progetti prima, e nel metterli a terra insieme poi.
Da qui il Piano Mattei trarrà il suo successo: da comunità di persone coinvolte.
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Articolo pubblicato nel numero 14 del 2025 di Nuova Atlantide, il trimestrale della Fondazione per la Sussidiarietà