Cosa sta succedendo in Myanmar?

Il Myanmar è scomparso dai titoli sui media ma continua a soffrire a causa della crisi scoppiata nel 2021. Ne abbiamo parlato venerdì 23 agosto al Meeting di Rimini con Ranieri Sabatucci, Ambasciatore dell’Unione europea nel Paese

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Data 24.08.2024

Il Myanmar è scomparso dai titoli sui media ma continua a soffrire a causa della crisi scoppiata nel 2021. Ne abbiamo parlato venerdì 23 agosto al Meeting di Rimini, in un incontro organizzato in collaborazione con il Ministero degli Esteri con le testimonianze di Nang Swesweaye, Rappresentante Paese di Fondazione AVSI in Myanmar (video) Guido Calvi, Coordinatore umanitario di AVSI, e di Ranieri Sabatucci, Ambasciatore dell’Unione Europea in Myanmar. Ha moderato l'incontro Maria Laura Conte, direttrice della comunicazione strategica e advocacy di AVSI.

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Cosa sta succedendo in Myanmar

Dal 2021 la popolazione del Myanmar subisce le conseguenze del colpo di stato militare. “Il 70% della popolazione birmana vive nelle aree rurali in cui, quotidianamente, avvengono scontri e bombardamenti che costringono le persone a lasciare le proprie case per cercare rifugi vicino alla foresta – ha testimoniato Nang Swesweaye, operatrice umanitaria birmana che rappresenta AVSI in Myanmar -. Il bisogno delle persone qui è grande. Molti giovani vivono nascosti per evitare di essere reclutati dall’esercito per via della legge marziale che vige nel Paese. Spesso la connessione a internet è interrotta e questo ci isola dal mondo. I prezzi sono elevati e le file per acquistare il cibo lunghissime. Temo che in futuro possa diventare sempre più complesso il reperimento di cibo”.

Ma di questo conflitto, la cui fine sembra ancora lontana, non si parla. “E’ un paradosso – ha commentato Ranieri Sabatucci, Ambasciatore dell’Unione Europea in Myanmar, dallo stesso palco -. Perché un conflitto dimenticato non è un conflitto che sparisce, ma un conflitto che lascia ad altri lo spazio di imporre i propri interessi, spesso incompatibili con quelli delle popolazioni locali”.

Parliamo, infatti, di un Paese geopoliticamente molto interessante, ricchissimo di materie prime, come legno e minerali, di terre rare, esportate in Cina per ottenere il litio, e con una presenza massiccia di imprese tessili europee; oltre che con una cultura antichissima, frutto di una civiltà risalente a 2500 anni fa. Ma il Myanmar, secondo Sabatucci, è soprattutto strategicamente rilevante per i suoi rapporti con la Cina. Tra il 60 e il 70% degli scambi di Pechino, infatti, passano dallo stretto di Malacca, piccola via d’acqua dell’Oceano Indiano che separa la Malesia dall’isola indonesiana di Sumatra. Questo unico accesso rappresenta una vulnerabilità per la Cina ed è per questo che da qualche anno Pechino sta cercando di creare un corridoio che aggiri lo stretto, passando dal Myanmar.

Ignorare questo Paese, dunque, rappresenta secondo l’Ambasciatore un doppio torto: per l’Unione Europea stessa che perde un’importante occasione di influenza e per il popolo birmano, che non ha colpe, ma è vittima di questa situazione.

“Se prima del colpo di stato solo l’8% della popolazione ricorreva agli aiuti umanitari, oggi, - spiega Sabatucci – una persona su due ne ha bisogno. La linea di estrema povertà è stimata dalla Banca Mondiale attorno ai 2 dollari al giorno, in Myanmar, la media di guadagno è di 1 dollaro. Significa che, quando hai la fortuna di lavorare, sei comunque più povero di ciò che è considerato povero nel mondo. Stiamo parlando di un popolo allo stremo, dimenticato malgrado tutta la sua importanza strategiche, economica e culturale”.

In questo scenario la comunità internazionale resta divisa, con il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che non produce nulla sul Myanmar per via dell’opposizione di Cina e Russia. Nel concludere il suo intervento, Sabatucci ha invitato le organizzazioni internazionali e l’Unione Europea a restare in Myanmar per continuare a dimostrare solidarietà alla popolazione oppressa. Ha poi ricordato un episodio particolarmente emozionante in cui un giovane manifestante birmano diceva che la debolezza del Myanmar sta proprio nella gentilezza intrinseca della sua popolazione, nella generosità e nella loro tolleranza. “Questo modo di pensare non deve progredire – ha commentato l’Ambasciatore- non deve passare l’idea che la gentilezza sia debolezza di fronte alla violenza della dittatura. Non lasciamo che la legge della giungla diventi la legge delle relazioni internazionali”.

AVSI in Myanmar

AVSI è presente in Myanmar dal 2007. Come ha spiegato Guido Calvi, Coordinatore umanitario di AVSI, dal 2021 AVSI è impegnata in progetti di emergenza e sviluppo nelle aree interessate dal conflitto, concentrandosi su istruzione, protezione, sicurezza alimentare e livelihood, protezione ed empowerment delle donne, nutrizione, WASH (accesso all'acqua e ai sistemi igienico-sanitari) e disaster risk reduction (riduzione del rischio catastrofi).

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