Beirut. I detriti dell’esplosione da rifiuti da smaltire a risorse per la città e le montagne

Paesi Libano
Data 10.11.2020

Mentre prosegue il progetto #LoveBeirut per il ripristino di abitazioni e attività commerciali colpite dall’esplosione del 4 agosto 2020 nel porto di Beirut, AVSI è impegnata anche nello smaltimento dei detriti, collaborando con altre ong nello smaltimento delle macerie depositate a Karantina, un quartiere nella periferia nord-est e vicino al porto di Beirut.

AVSI ha attivato una squadra di 36 lavoratori occasionali addetti allo smistamento delle macerie grazie a un programma di cash for work realizzato in partnership con UN-Habitat e Lebanese Reforestation Initiative (LRI) e sostenuto dall'UNDP Libano, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo.

"L'iniziativa ha anche un impatto ambientale positivo in linea con il piano di gestione rifiuti dell'Unione europea e delle Nazioni unite - spiega Maria Gaudenzi, responsabile AVSI degli interventi di risposta all'esplosione del 4 agosto 2020 - Stiamo parlando di almeno 120 tonnellate di detriti di cemento, plastica, carta, cartongesso e vetro da smaltire. Parte delle macerie verrà usata per riabilitare delle aree montane, parte per ricostruire la città".

Il programma cash for work. A partire dal 13 ottobre, AVSI ha selezionato 36 persone qualificate e non qualificate senza impiego per lavorare sei giorni a settimana allo smistamento delle macerie nel sito di Karantina. Più del 95% dei lavoratori sono libanesi che vivono nei quartieri più poveri della periferia di Beirut e il 50% di loro sono donne; per tutti loro questo lavoro rappresenta un'opportunità per avere un reddito e contribuire alla ricostruzione della loro città. Tutti i lavoratori hanno partecipato alla formazione sulle misure di sicurezza condotta dalla Croce Rossa libanese, a una sulle misure anti COVID-19 e una sullo smistamento di materiali riciclabili e non riciclabili con gli ingegneri della Development Inc, una delle compagnie specializzate in gestione rifiuti più importanti del paese. Inoltre i lavoratori hanno ricevuto i dispositivi di protezione individuale e di equipaggiamento antinfortunistico.

Dalle macerie nascono foreste, strade e panchine. Parte dei detriti sarà riutilizzata come materiale di riempimento di enormi cave in montagna che verranno riforestate. Un'altra parte servirà per riqualificare la città sia per riparare strade e piazze sia per attrezzare spazi pubblici urbani (panchine, bidoni per la raccolta differenziata, fioriere) utilizzando i rifiuti di plastica e le oltre 30 tonnellate di vetro raccolte fino ad ora.

I danni materiali e psicologici conseguenti all'esplosione al porto di Beirut del 4 agosto si sommano alle conseguenze di una crisi politica, economica e sociale che i libanesi vivono da anni.

Un presente drammatico al quale la rivista Oasis, nel prossimo numero in uscita a dicembre, dedica un reportage speciale a cura di Riccardo Paredi, dal titolo "Libano: se questi taceranno grideranno le pietre".

Per gentile concessione della rivista, proponiamo qui un estratto in anteprima:

"A esser spazzata via, il 4 agosto 2020, è stata la parte nord-orientale della capitale libanese. Una combinazione letale di negligenza, irresponsabilità, incompetenza, interessi economici “interconfessionali” più o meno espliciti e 2750 tonnellate di ammonio di nitrato trascurate per sei anni: sembra questa la causa più plausibile di un’esplosione che, con una forza pari a un sisma di magnitudo 3,3, ha provocato più di 190 morti e 6500 feriti, lasciando senza casa circa 300.000 persone, danneggiando 128 scuole, quattro grandi ospedali e distruggendo il porto di Beirut, epicentro della conflagrazione nonché luogo di passaggio del 73% della merce importata nel Paese e raison d’être della capitale libanese in epoca moderna. Sfortunatamente, non ha spazzato via gli scaduti e fastidiosi cliché sul Libano, riapparsi ostinatamente sulla stampa internazionale a partire dal giorno successivo alla tragedia: “Svizzera del Medio Oriente” e “Parigi del Levante”, “Libano messaggio di convivenza pacifica” e soprattutto, “la Fenice d’Oriente che rinasce dalle sue stesse ceneri”. I libanesi non desiderano essere particolarmente resilienti. Sono soprattutto arrabbiati e a pezzi, come tutto ciò che circonda il porto...".

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