“I progetti sono strumenti che noi utilizziamo per aiutare ogni persona che incontriamo”, racconta Rose Busingwe, fondatrice del Meeting Point International. Il racconto del lavoro di AVSI in Uganda, in occasione dell'Annual Meeting 2016 di Kampala.
Di Mauro Giacomazzi, AVSI Uganda
La passione si leggeva nello sguardo. Ruka, il preside della scuola primaria Luigi Giussani, ci ha accolti in classe un sorriso radioso che esprimeva una sincera gratitudine. Lo conosco da anni e due anni fa gli ho chiesto di abbandonare il suo lavoro (ottimamente pagato in una delle più importanti scuole di Kampala) per iniziare con noi l'avventura alla LG Primary. Una scuola allora molto destrutturata, nel mezzo dello slum Acholi Quarter di Kireka con un sacco di limiti e problemi. Lui si è fidato e ora la scuola, grazie all'intervento di AVSI, è bellissima e si capisce che è un luogo dove preside e insegnanti cominciano a sentirsi a casa.
Nelle testimonianze di Ruka e Justine, insegnante di P1, si capisce che si sentono accompagnati e che la strada ha una meta chiara per loro. Si sentono in lontananza i tamburi delle mamme di Kireka del Meeting Point International che sono le grandi protagoniste assieme a Ruka e agli insegnanti, della rinascita di questo luogo. Per loro èevidente che l'educazione offerta dalla scuola è la più grande opportunità data ai loro figli per scoprire sè, il proprio infinito valore. E di questo valore parlano i canti, i balli e la gioia negli occhi delle mamme di Kireka. Con le danze raccontano le loro storie, drammatiche, disumane per certi versi, ma incredibili e commoventi.
onquistano tutti quanti noi. Siamo una cinquantina di impiegati di AVSI Uganda e Italia accompagnati dal nostro segretario generale, Giampaolo SIlvestri. John Makoha, responsabile di AVSI Uganda, ha voluto cominciare cosi il meeting annuale dei programme managers a Kampala. Con delle visite sul campo. Perchè, anche qua, è così facile per noi perdere il contatto con ciò che rende umano il nostro lavoro. E l'esuberanza delle donne di Rose Busingye (fondatrice del MPI) è contagiosa.
“I progetti sono strumenti che noi utilizziamo per aiutare ogni persona che incontriamo a riscoprire il proprio valore", ci dice Rose. Molti volti sono rapiti da ciò che sta accadendo. E uno si sente privilegiato ad essere parte di questo. Rientrando verso la macchina, incontro un amico che mi chiede come è andata e cosa c'era di nuovo nelle testimonianze delle donne di Rose. Caspita, le avevo sentite almeno dieci volte, ma non me ne ero resoconto. Erano nuove per me come per Felicity che, neoassunta, non sapeva nemmeno dell'esistenza del Meeting Point International fino a quel mattino.
Il pomeriggio incontriamo gli studenti di un centro di formazione professionale per giovani che vogliono avventurarsi nel mondo poco conosciuto dell'agri-business. Mi colpisce una giovane ragazza-madre che racconta delle sue difficoltà e della sua inziale avversione all'agricoltura (considerata cosa per poveri ignoranti). Lei nella vita ha bisogno di soldi, e vuole soldi. Per questo inizia il corso, ma grazie a questo iniziale interesse (trovare il modo di guadagnare) scopre una passione. Fare con amore ciò che è chiesto dalla circostanza lavorativa è la cosa più gratificante. “Vedendo persone appassionate, ho ritrovato in me questo interesse per l'agricoltura e ho scoperto che non sono condannata a dipendere dalla famiglia o a piangermi addosso tutta la vita! Posso farcela…”.
Scoprire cosa rende possibile simili cambiamenti nella vita delle persone è quello che ogni giorno cerchiamo di scoprire col nostro lavoro. Marco Trevisan, capo del sostegno a distanza di AVSI a Kampala, lo esemplifica benissimo. Di fronte ad una mamma che rinuncia al sostegno della propria figlia perché finalmente riesce a pagare le tasse scolastiche con il suo guadagno, si domanda cosa ha portato questa donna a fare questo passo. Perché la donna poteva tacere e continuare a piangersi addosso. Che sguardo deve essere entrato nella vista di questa persona per permettere un simile cambiamento?
L'arcivescovo di Gulu, Mons. J.B. Odama, ci ricorda le parole del Papa. Io ho bisogno di un altro, un tu, per scoprire davvero ciò per cui sono fatto, per mettermi in moto. Ogni giorno.