Incontrare, sostenere e accompagnare le famiglie sfollate dalle regioni di guerra dell'Ucraina orientale che si sono trasferite a Kiev e Charkov. È l'obiettivo di un progetto realizzato in collaborazione con la ong locale Emmaus e parte della campagna Tende #RifugiatiMigranti. Tutti sulla stessa strada
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di Laura Ferrari, Emmaus
Nel 2014 Emmaus, una ONG ucraina, ha cominciato ad affrontare la grave emergenza educativa nel Paese, occupandosi anche di bambini orfani e sfollati a causa della guerra nelle regioni orientali di Donetsk e Lugansk.
L' instabilità derivata dal conflitto cominciato nell'aprile 2014 ha solo aggravato una crisi economica, politica, sociale ed educativa già molto pesante. A pagarne il prezzo più alto sono ancora una volta le fasce più deboli della società.
Gli scontri armati hanno causato migliaia di morti e di feriti, e una situazione di vera emergenza umanitaria, come dimostra il dato di di 1,5 milioni di sfollati e rifugiati interni.
In questo contesto Emmaus ha deciso di intervenire, insieme all'ONG di Kiev Figli della Speranza, con un progetto per incontrare, sostenere e accompagnare le famiglie sfollate dalle regioni di guerra, che si sono trasferite nelle città di Charkov e Kiev.
Beneficiari diretti del progetto sono bambini e ragazzi dai 6 ai 16 anni, sfollati e figli di militari mobilitati dall'esercito ucraino. Oltre ad aver subito traumi a causa della guerra, questi ragazzi sono segnati da profonde divisioni, che li portano spesso a guardare gli altri con sospetto, vedendo in loro la causa della propria sofferenza.
Oltre al sostegno materiale alle famiglie, il progetto prevede incontri con i ragazzi per attività di vario genere: dall'arte-terapia alle lezioni di lingua e cultura italiana, al campo estivo e invernale nel villaggio di Lishnja (Kiev), con giornate di giochi, gite, lezioni e laboratori, alla possibilità di un viaggio in Italia come ospiti di famiglie italiane.
Attraverso il progetto Figli della Speranza cominciato nel 2015, i ragazzi e le loro famiglie, conoscendosi e passando del tempo insieme in modo guidato, piano piano superano la diffidenza verso l'altro, risanando quella che rischia di diventare una piaga profonda nella società ucraina.
Dasha ad esempio, una bambina di 10 anni che ha molti parenti russi, è sfollata e vive con la sua mamma a Kiev. Anche Sofija, 11 anni, è sfollata a Kiev, ma il suo papà è al fronte da più di due anni per difendere la sua patria dai soldati russi nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Entrambe partecipano al progetto Figli della speranza e col tempo soo diventate amiche, così come le loro mamme, aiutate a superare le difficoltà che dall'inizio del conflitto impediscono il dialogoe alimentano una contrapposizione ideologica che a sua volta rende instabile il Paese.
Molti altri fatti significativi sembrano confermare il valore del progetto. “I nostri bambini dopo avervi conosciuti sono cambiati, hanno cambiato il loro sguardo sulla vita, hanno cambiato il modo di rapportarsi con le persone, capiscono che al male bisogna rispondere con il bene”, osservano le mamme di Lena, Marina e Irina. “Abbiamo ricevuto così tanto che vorremmo fare qualcosa per esprimere la nostra gratitudine…”
Così alcune mamme si sono organizzare per collaborare gratuitamente alla pulizia e alla manutenzione del Centro di riabilitazione. Primi frutti di una gratitudine sulla quale ricostruire P una società civile accogliente.