Libano. L’emergenza COVID-19 tra i rifugiati siriani nei campi profughi di Marjayoun

Data 20.04.2020

Subito dopo l’accertamento dei primi casi di COVID-19, il governo libanese ha assunto misure restrittive disponendo la chiusura completa di tutte le attività, pubbliche e private a eccezione di quelle essenziali, istituendo il coprifuoco serale (dalle 19 alle 5 di mattina) e consentendo la circolazione dei mezzi solo a targhe alterne nei giorni feriali.

Il timore della diffusione del contagio, infatti, preoccupa fortemente le autorità poiché il paese è già provato da una grave crisi economica che il 7 marzo ha portato il governo a dichiarare il default e il precario sistema sanitario non sarebbe in grado di affrontare l’emergenza.

L'emergenza COVID-19 nei campi siriani

La preoccupazione è molto alta fra la popolazione e in particolar modo fra i rifugiati siriani dei campi profughi di Marjayoun, nel sud del paese, dove i nostri interventi non possono continuare come prima dell'emergenza COVID-19.

Per rispondere all’emergenza, il personale AVSI è stato formato sulle misure di sicurezza e prevenzione e, nel rispetto delle normative locali, ha diversificato le attività e predisposto nuovi interventi: i progetti non si sono fermati ma modificati e intensificati.

Sono state avviate campagne di sensibilizzazione sulle norme igienico-sanitarie sia digitali (via telefono e social) sia nei campi dove sono stati distribuiti anche kit igienico-sanitari e pacchi alimentari.

"Seguire le norme in un campo - spiega Marina Molino Lova, responsabile di AVSI Libano - è difficile. Già prima dell'emergenza il sovraffollamento, la mancanza di acqua corrente erano un problema. E alla paura del Coronavirus si somma la paura della situazione economica. Il lavoro è fermo, le persone che prima riuscivano a guadagnare qualcosa non hanno certo da parte i risparmi per aspettare di riprendere le piccole attività che seguivano"

Prove di didattica a distanza

Lo staff si sta attivando per la trasformazione delle attività educative, tenendo conto del livello di diffusione di strumenti digitali nel paese. Per ora si lavora tramite video e messaggi via WhatsApp e un team di psicologi sta organizzando un servizio di ascolto e di supporto psico-sociale.

"Nel 2017 - spiega Marina Molino Lova - avevamo sperimentato il programma di didattica digitale (Can't wait to learn) progettato da War Child Holland, una delle ong con cui implementiamo il progetto "Back to the Future" sostenuto dal fondo Madad dell'Unione europea. Stiamo studiando come poterlo applicare sia nell'ambito della fase due del progetto sia in altre attività educative".

Ci anima una nuova passione; eravamo abituati a un contesto di crisi, ma questa emergenza assoluta ci obbliga a cambiare, a rispondere in prima linea e a sentirci parte della macchina degli aiuti

Marina Molino Lova (AVSI Libano)

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