Kazakhstan, in cantiere un nuovo progetto per i rifugiati di Almaty

Data 26.05.2014
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Al bisogno di abitazioni dignitose e di istruzione primaria e secondaria per i bambini, si aggiunge la difficoltà degli adolescenti di integrarsi in un contesto straniero. MASP e AVSI, che in partnership con l'UNHCR sostengono le popolazioni rifugiate in Kazakhstan, pensano a nuove modalità di aggregazione per i più giovani.

Il Kazakistan è il paese economicamente più sviluppato e politicamente più stabile dell'area centro asiatica. Pieno di risorse naturali attira molti rifugiati provenienti dai vicini paesi. Da Asia Centrale, Cina e, soprattutto, Afghanistan, sono migliaia le persone che qui cercano la stabilità dopo anni di guerra.

L'accoglienza dei profughi si concentra a pochi chilometri dalla frontiera con il Kyrgyztan, nella zona di Almaty, crocevia per gran parte dei migranti dell'Asia centrale. E qui si concentra anche il lavoro di AVSI e MASP, che hanno all'attivo due progetti per aiutare i rifugiati ad affrontare numerosi problemi legati all'educazione per I più piccolo, al costo della vita, come affitto, cibo e servizi, aggravati dalle limitate opportunità di trovare un lavoro.

Tra le principali criticità legate all'accoglienza individuate dallo staff di AVSI e MASP negli anni, inoltre, c'è l'aspetto dell'integrazione e della riabilitazione psicologica dei ragazzi vittime della guerra: le centinaia di adolescenti che vivono ad Almaty faticano a entrare nel contesto sociale e culturale kazako e ciò può spesso tradursi in disturbi di tipo psicologico. A ciò si aggiunge il contesto multiculturale di un'area che accoglie rifugiati da luoghi diversi ma che spesso fanno fatica ad entrare in contatto tra loro.

Proprio per riuscire a soddisfare i bisogni degli adolescenti di Almaty, è stato messo in cantiere un nuovo progetto, proposto in questi giorni a UNHCR, al fine di offrir loro attività extrascolastiche come fonte di aggregazione.

Dalle arti marziali a un giornalino scolastico, fino a corsi per imparare a fabbricare bambole – spiega Silvia Galbiati, direttrice di MASP – Si tratta di attività capaci di aiutare i bambini rifugiati a socializzare, migliorare la loro conoscenza della lingua del posto, rafforzare la fiducia in se stessi e la capacità di esprimersi in maniera compiuta. I bambini, inoltre, avranno così maggiori opportunità di entrare in contatto con i coetanei e questo andrà ad aumentare il livello di tolleranza e rispetto tra le diverse culture che qui si trovano a convivere”.