Da Erbil, vado a Qaraqosh.
Dal Kurdistan iracheno alla piana di Ninive, sotto il controllo di Bagdad.
In pochi chilometri, sei posti di blocco.
Non ci venivo da un po'.
Le armi sono la normalità. Nemmeno le vedi più.
I confini (dove sono piazzati i posti di blocco) cambiano ogni pochi mesi. A volte settimane.
Su sei posti di blocco, tre milizie differenti. Più o meno regolari, più' o meno ufficiali, a seconda dei punti di vista.
Normalità.
Anche se manco da mesi, non sono affatto stupito.
È tutto normale.
Entro in Qaraqosh e vedo una città che cerca di rinascere dopo quasi quattro anni di occupazione di Daesh (Isis).
Metà dei palazzi è ancora in terra, ma l'altra metà cerca di vivere. Un'ottima notizia.
Fuori c'è il deserto, che oggi è bagnato da una pioggia rara. Poche stille dal cielo. Una manna, qui.
Tutto normale.
Tutto normale.
E poi lui, che mi parla.
E mi dice quello che so, ma che rischio di dimenticare. Quindi sono felice che me lo dica ancora.
Nulla è come prima. Dopo Daesh, siamo tutti diversi. Tutti. Stiamo tornando. Prima eravamo un popolo. Adesso siamo individui. Da quella notte, dalla notte della fuga, da quella notte in cui siamo scappati tutti insieme e ci siamo divisi e ci siamo persi e abbiamo dovuto cercare il modo di vivere senza più occuparci degli altri, tutto è cambiato.
La guerra è finita?
No.
Sono finiti gli spari.
La guerra ride adesso, comincia adesso, fa danni adesso.
E fuori c'è il deserto con la pioggia.
I ragazzi con i Kalashnikov.
La voglia di nascere ancora e il male addosso di mille ferite.
Ogni tanto perdiamo la visione di insieme.
Chi crede, preghi.
Chi non crede, speri.
Di non vivere mai così.
Ogni tanto perdiamo la visione di insieme.
La visione di insieme, la ritrovi a Qaraqosh. Nei sei posti di blocco. In Upper Dir, sopra Islamabad. In Ituri e a Baraka, accanto ai grandi laghi. Nei vicoli di Damasco, nella Beqqa e in Sour e nel Golan, che carezzano Israele. A Bangui nel mezzo del nulla o a Port-au-Prince, sospesa tra due oceani.
Ogni tanto perdiamo la visione d'insieme.
E io sono privilegiato.
Perché ne posso vedere almeno uno scorcio.
Con tutti i mie limiti, posso almeno intuirla.
Sì.
Che gran privilegio.
AVSI è arrivata in Iraq nel 2014 per sostenere le famiglie irachene sfollate a causa della guerra, a Erbil, nel Kurdistan iracheno e le ha sostenute nel rientro a Qaraqosh con l’avvio di un asilo, il primo aperto dopo la guerra, frequentato ad oggi da più di 500 bambini.
Ora abbiamo un nuovo obiettivo: permettere ad altri 100 bambini di frequentare l'asilo di Qaraqosh.
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