Ogni anno, il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato.
Ogni anno, ancora tantissime persone sono costrette ad abbandonare le loro case, la loro vita, per cercare altrove una sicurezza che hanno perduto a causa di guerre, persecuzioni, crisi economiche o climatiche.
C'è chi non ha avuto tempo di portare nulla con sé, mentre altri hanno avuto la possibilità di scegliere pochi oggetti essenziali che li accompagnassero nella fuga.
Cinque rifugiati ci hanno raccontato la storia di un oggetto che sono riusciti a portare con sé.
Ci hanno spiegato il motivo che li ha spinti a non poterlo abbandonare e in che modo riescono a trovarvi un senso di sicurezza, che li riporta a casa.
Questo infatti è il tema della Giornata Mondiale del Rifugiato di quest'anno: "Chiunque. Ovunque. In qualsiasi momento. Tutti hanno il diritto di cercare sicurezza" (UNHCR).
Amira Eid Al Jassem
37 anni
Amira è fuggita dalla Siria insieme a tutta la sua famiglia, a causa della guerra.
Ha trovato rifugio in Libano, dove però purtroppo la forte crisi economica provoca difficoltà quotidiane.
Grazie al progetto di Sostegno a distanza, sia lei che i suoi bambini ricevono l'aiuto di cui hanno bisogno.
Fra gli oggetti che è riuscita a portare con sé, ci sono le chiavi della loro casa in Siria.
Guardandole, ricorda i momenti in cui la loro vita trascorreva in pace: quando tutti insieme si sedevano attorno a tavola per i pasti, quando chiudeva la porta dietro di sé per andare a fare le commissioni.
Queste sono le storie che racconta ai suoi cinque figli, tutti nati in Libano, mostrando loro le chiavi.
Spera che un giorno potranno tornare tutti insieme nel loro paese e usarle per aprire la porta della loro casa.
Munezero Sauda
40 anni
Nel 2016, Munezero, i suoi due bambini e suo marito sono stati costretti a lasciare la Repubblica Democratica del Congo a causa di conflitti tribali che mettevano in pericolo la loro vita.
Sono riusciti a scappare in Burundi e hanno accolto con loro anche i quattro figli del cognato di Munezero, che ha perso la vita poco prima che riuscissero tutti a scappare.
Mentre il marito è alla ricerca di lavoro, Munezero riesce a provvedere alla famiglia coltivando e vendendo verdura. Questa piccola attività è il risultato del programma di credito comunitario organizzato attraverso il progetto "Protezione, salute e sussistenza per i rifugiati in Burundi", finanziato dall'Unione Europea.
L'oggetto più importante che è riuscita a portare via mentre scappavano è una collana d'oro. Avrebbe potuto salvare loro la vita, spiega, se avessero incontrato posti di blocco nell'attraversare il confine con il Burundi.
Bernadette Cimanuka Amina
23 anni
Bernadette è scappata dalla Repubblica Democratica del Congo senza riuscire a portare nulla con sé.
Rifugiatasi in Uganda insieme alla sua famiglia, si è trovata in condizioni di povertà. Nessuno di loro aveva i mezzi per sostenersi.
Qui però ha incontrato Zubert, un sarto fuggito anche lui dal Congo, che poco dopo è diventato suo marito.
Zubert, nella fuga, era riuscito a salvare la sua macchina da cucire. Questo oggetto ha cambiato entrambe le loro vite, facendoli incontrare e dando loro le basi su cui creare la loro nuova famiglia.
Grazie al progetto "Graduating to Resilience", finanziato da USAID, Bernadette e Zubert hanno infatti ricevuto il sostegno necessario per ricostruire una propria attività.
Rose Nizeyimana
33 anni
Dopo la morte del padre, Rose ha lasciato il Rwanda ed è arrivata in Kenya ancora bambina.
Ora è diventata un esempio di forza e speranza per tutte le giovani donne della sua comunità.
Grazie al progetto "IDEA" dedicato ai rifugiati urbani, ha ricevuto una formazione specifica incentrata sulla sartoria e sulla moda. Riceverà anche gli strumenti necessari per avviare una sua start-up in questo campo, riuscendo così a provvedere ai suoi due bambini.
Questa iniziativa è finanziata da AVAID e Swiss Coop.
Della sua infanzia in Rwanda le rimane solo una Bibbia, che ha scelto di tenere con sé in quanto per lei rappresenta una fonte di riconciliazione e perdono.
Elena Shevchenko
38 anni
Elena è scappata da casa sua a causa della guerra esplosa in Ucraina a febbraio 2022, insieme alle sue due figlie.
Le uniche cose che è riuscita a portare con sé sono state i loro certificati di nascita e il kit da ricamo.
Pensa che questo oggetto potrebbe aiutarla a trovare lavoro in Italia ma l'ha portato con lei anche per tenere vivo il ricordo di sua mamma, che le ha insegnato a cucire e che è rimasta in Ucraina.
L'energia di Elena è fortissima e, nonostante la tragedia vissuta e la preoccupazione per i familiari rimasti in Ucraina, ha sempre in volto un grandissimo sorriso.
Elena e le sue figlie hanno trovato accoglienza a Milano grazie all'Hub #HelpUkraine, che ha permesso alle tre donne di entrare in contatto con una famiglia che aveva il desiderio e le possibilità di offrire loro una stanza.
All'hub, mamma e figlie stanno anche partecipando ai corsi di lingua di italiano.