Orfano di padre a sei anni, la vita di Tony in Uganda è stata dura fino all'incontro con AVSI e il suo sostenitore a distanza. Oggi, con una laurea e diversi master all'estero, ha deciso di adottare un bambino per 'restituire' quello che ha ricevuto.
Giulia De Bernardi è tornata da poco in Italia. Ha collaborato per oltre due anni con lo staff del Sostegno a Distanza AVSI in Uganda. Due anni densi, fitti di incontri.
Sono circa 4.300 le storie che potrebbe raccontarci, una per ogni bambino e ragazzo sostenuto in Uganda, che ha conosciuto personalmente o attraverso le parole degli assistenti sociali che li seguivano da vicino. Storie molto diverse tra di loro ma accomunate da un elemento che fa la differenza: la speranza, la possibilità di un orizzonte più grande che ogni sostegno a distanza porta in sé.
Oggi ci racconta quella di Tony Muhumuza.
“Lo sguardo profondo di Tony mi sorride, seduto davanti a me. Appoggia sul tavolo il bicchiere d'acqua, e inizia a raccontare, partendo dall'infanzia. All'età di sei anni ha perso il padre. Il sorriso sparisce per un attimo, e mi confessa di non averlo praticamente mai conosciuto e di non ricordarsi di lui: è cresciuto con la madre e i fratelli a Masindi, fino alla fine della scuola elementare.
La vita era molto difficile e terminata la scuola decidono di spostarsi a Hoima dove, per la prima volta, entra in contatto con AVSI grazie al Meeting Point (partner locale di AVSI). Nel 1995 viene inserito nel programma di sostegno a distanza, nel quale rimarrà fino al 2004. Grazie al suo sostenitore, Antonio, che gli paga le rette scolastiche, Tony ha la possibilità di continuare gli studi.
Quando mi parla di Antonio, gli occhi di Tony si illuminano ancora di più, pieni di riconoscenza. Di norma, il sostegno di AVSI termina con la fine delle scuole superiori, ma il sostenitore di Tony decide di continuare e pagargli anche le rette universitarie. Tony frequenta così un corso di Studi Sociali - major in Economics -, vincendo poi una borsa di studio per un master in Economia in Kenya.
Ritorna in Uganda dove lavora per un anno, prima di vincere nuovamente una borsa di studio grazie al German Academic Exchange Service (DAAD) che gli apre la possibilità di un dottorato in Germania, sempre in ambito economico. Insegna presso la Humboldt University di Berlino, tenendo anche conferenze in Gran Bretagna, Belgio, Stati Uniti, Spagna, Zimbawe, Tanzania, Etiopia e Sud Africa. Durante gli anni passati in Germania conosce una donna ugandese, con la quale si sposa e decide di tornare a vivere in Uganda.
Ora hanno una bimba di quattro mesi e stanno pensando di adottare un altro figlio, per “restituire” ciò che Tony ha ricevuto. Mi mostra le foto della casa in cui viveva, e quella che è riuscito a costruire per la madre, la quale ora è felice e guardando i suoi figli ha più fiducia in se stessa e nel futuro. Con una punta di orgoglio mi dice di essere stato il primo bambino del Meeting Point di Hoima ad essere riuscito a frequentare l'università e proseguire negli studi.
Mi racconta degli incontri al Meeting Point, dove gli veniva insegnata religione, come comportarsi, svolgendo anche lavori sociali. È stata per lui una piccola famiglia, dove ha imparato a vivere con gli altri.
Quando pensa alla sua vita, ringrazia Dio: se non avesse incontrato il Meeting Point, non sarebbe nemmeno lontanamente nulla di ciò che è adesso. La gente lo guarda, lo ascolta, nessuno riesce a credere alle sue parole, immaginano che abbia avuto una vita facile, semplice, quando invece è stata per anni esattamente il contrario. Sempre sorridendo, mi racconta di quando non aveva mai tempo per giocare e gli mancavano i soldi per divertirsi. Allora, in quei tempi, pensava a sua madre, al suo sostenitore, e studiava con tutto l'impegno possibile, per ringraziare di ciò che era stato fatto per lui, per non perdere l'occasione che gli era stata regalata.
Anche suo fratello è stato sostenuto attraverso AVSI, e ora sta finendo ora l'Università, facoltà di Medicina.
Prima di salutarci, mi dice di non aver mai pensato di rimanere in Germania: per tutto il periodo all'estero, il suo pensiero era quello di tornare a casa, in Uganda, per stare con la sua famiglia. Si considera una persona sociale e multiculturale, gli piace aiutare e svolgere lavori per la comunità, desidera stare a contatto con la gente, dare ad altri ciò che è stato dato a lui. Sorride per l'ennesima volta, mi stringe forte la mano, felice di aver raccontato ancora la sua storia a lieto fine”.