Pubblichiamo di seguito l'editoriale del Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini. L'articolo è pubblicato sul numero di agosto del Buone Notizie, il periodico di AVSI diretto da Roberto Fontolan e dalla tiratura complessiva di 140.000 copie (di cui 100.000 in abbonamento postale). Buona lettura!
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La “primavera araba” ha messo in evidenza l'importanza della cooperazione allo sviluppo come vero e proprio strumento di politica estera, in grado di concorrere sia alla stabilità dei paesi in via di sviluppo (PVS) sia alla nostra sicurezza interna. Questa nuova sensibilità internazionale verso la cooperazione coincide, tuttavia, con un momento storico di grave crisi economica internazionale. D'altra parte, i Governi dei paesi sviluppati non possono eludere i propri impegni di solidarietà e aiuto allo sviluppo, a partire da quello concordato a Monterrey nel 2002 di destinare lo 0,7% del loro PIL entro il 2015.
Questo mix di elementi ha perciò indotto ad accelerare e intensificare una riflessione – già avviata nel corso degli ultimi anni a livello internazionale e alla quale l'Italia ha fornito un contributo rilevante in termini di proposte – sulle possibili nuove modalità di aiuto allo sviluppo. Una riflessione stimolata anche dal moltiplicarsi degli attori internazionali della cooperazione nonché dall'evoluzione delle policy dello sviluppo. Ciò che ne è derivato è essenzialmente, a mio modo di vedere, la necessità di guardare – quantitativamente e qualitativamente - oltre l'aiuto pubblico allo sviluppo.
Il risultato di questa sorta di “brainstorming” su scala mondiale è stato, da parte della Comunità internazionale, quello di elaborare - anche sulla base di nuovi strumenti finanziari ora a disposizione del mercato globale - il concetto di partenariato tra il settore pubblico e la galassia del settore privato, dal mondo delle imprese e delle fondazioni a quello del volontariato e della società civile.
Del resto, il coinvolgimento della società civile e del settore privato nei processi di sviluppo dei PVS sono oggi fondamentali non solo per un rinnovato slancio comune globale verso lo sviluppo ma anche per attuare quei principi di efficacia degli aiuti necessari a promuovere processi di maggiore trasparenza ed efficienza nel contesto della cooperazione internazionale.
Mettere insieme settore pubblico, mondo “profit” e organizzazioni no-profit – sebbene teoricamente fattibile - non è però né semplice né immediato. Si tratta, infatti, di trovare un punto di mediazione nel modus operandi, nel rispetto delle singole prerogative e nelle finalità di ciascuno di questi attori. Occorre, soprattutto, superare l'idea non più moderna né al passo coi tempi che l'aggregazione di attori anche portatori di interessi diversissimi sia incompatibile o tantomeno in contrasto con lo sviluppo dei paesi più poveri.
Nel solco di tale convinzione, l'Italia ha cercato di superare questa sorta di limite sia sul piano concettuale sia su quello operativo. Su quello concettuale, già nel 2009 le Linee guida triennali della Cooperazione italiana affermavano l'opportunità di sviluppare la collaborazione fra pubblico e privato, pur nei condizionamenti imposti dalla Legge 49, nonché di rafforzare il ruolo della società civile nazionale e dei paesi partner. Si tratta di concetti che occupano uno spazio importante e strategico anche nelle più recenti Linee guida del 2011-2013.
Se, dunque, crediamo che il ruolo del settore pubblico nella ricerca di nuovi possibili modelli di cooperazione allo sviluppo debba essere quello di proseguire nella promozione di sinergie e azioni comuni tra cooperazione governativa, profit e non profit, nell'interesse del paese e dello sviluppo, non esitiamo però a proporre e a testare direttamente soluzioni pratiche ed operative per sviluppare ulteriormente tali forme di collaborazione.
Operativamente, l'azione italiana nel contesto di cooperazione allo sviluppo per rafforzare le partnership multi- attore si è svolta, infatti, su due fronti principali, nazionale ed internazionale. Sul piano internazionale, il nostro Paese sostiene e si è fatto promotore di iniziative in ambito multilaterale, quale quella sulla ricerca sui vaccini per lo pneumococco, denominata Advanced Market Commitments (AMC), ma anche di forme di facilitazione delle rimesse e all'abbattimento dei loro costi, grazie ad una collaborazione triangolare con le ONG e le banche, come testimonia l'iniziativa “5 + 5”, rilanciata dal G8 dell'Aquila dello scorso anno. Partecipiamo, inoltre, ad uno dei maggiori esempi di successo, a livello mondiale, della collaborazione tra pubblico e privato: il Fondo Globale per la lotta contro l'AIDS, tubercolosi e malaria.
Per quanto riguarda, invece, l'azione sul piano nazionale, nel 2010 abbiamo istituito, d'intesa con il MEF, il Tavolo interistituzionale della Cooperazione italiana, che ha riunito per la prima volta tutti gli attori italiani che operano nel campo dello sviluppo, dalle Amministrazioni dello Stato, alle Fondazioni, alle Università, alle imprese, alle Regioni ed Enti Locali, alla società civile e alle ONG. Un seminario, tenutosi lo scorso 7 giugno presso la sede di Confindustria, ha stimolato un dibattito sulle prospettive del “Sistema Italia di Cooperazione allo sviluppo” che ci siamo prefissati come obiettivo fondamentale per uno slancio della politica italiana di cooperazione orientato alla modernità.
Abbiamo anche elaborato una prima ipotesi di approccio sistemico, interconnessa al Tavolo interistituzionale e all'insegna della collaborazione pubblico/privato e del carattere – come si dice nel nostro gergo – ‘multi-stakeholder'. L'abbiamo chiamata ‘SMILE' e il suo obiettivo principale è lo sviluppo endogeno del settore privato nei paesi partner facendo leva sulle risorse, umane e finanziarie, di una serie di attori sia del settore pubblico che di quello privato ma anche valorizzando le eccellenze che sono proprie del Sistema Italia.
In conclusione, credo che le nuove “vie” della cooperazione allo sviluppo del futuro si vadano definendo con sempre maggiore chiarezza nel panorama internazionale. In tal senso, le collaborazioni multi-attore caratterizzate da partnership tra pubblico e privato e l'enfasi sugli strumenti innovativi di finanziamento per lo sviluppo saranno senz'altro i modelli più sperimentabili negli anni a venire.
Senza tuttavia dimenticare che l'aiuto allo sviluppo non è che una delle molteplici dimensioni per il raggiungimento dello sviluppo dei PVS, al quale concorrono anche – in maniera preponderante - il commercio mondiale e gli investimenti diretti esteri, nonché iniziative nazionali degli stessi PVS di mobilizzazione di risorse interne da destinare allo sviluppo.
di Franco Frattini,
Ministro degli Affari Esteri Italiano