Burundi, Bujumbura in piazza e profughi nei paesi confinanti

Data 19.05.2015
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"La popolazione è divisa, c'è chi fugge e va ad aumentare il terribile numero di profughi, quasi 70 mila, in fuga verso la Tanzania, e chi invece scende in piazza a manifestare. La situazione è molto tesa, i profughi sono stremati hanno bisogno di cibo, acqua e un riparo dove fermarsi". Cosi racconta Monica Treu nostra responsabile progetti in Burundi.

Il Burundi sta vivendo un momento di grave crisi, le strade non sono sicure, le persone rimango chiuse nelle case,  e gli scontri sul terreno sono all'ordine del giorno.

Inoltre si aggrava l'emergenza profughi, dall'inizio degli scontri ad oggi, molte persone sono fuggite verso i paesi confinanti. La situazione dei profughi è spaventosa,  molti hanno bisogno di tutto cure mediche, acqua potabile, cibo e riparo.

«Dobbiamo continuare a tenere chiuso il nostro Centro Educativo a causa delle situazione di insicurezza», racconta Monica, «abbiamo paura per i bambini che sosteniamo che già normalmente sono lasciati soli e sono bisognosi di tutto. Speriamo si possa tornare presto alla normalità».

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Colpi di armi pesanti tra i sostenitori dell'attuale presidente Hutu e l'opposizione che contesta la sua terza candidatura alla presidenza. La testimonianza di una cooperante della Fondazione AVSI che sviluppa progetti di educazione, protezione dell'infanzia e sicurezza alimentare nella capitale Bujumgura. Sedi delle radio bruciate.

BUJUMBURA - "Stanotte la situazione è cambiata di nuovo. Abbiamo avuto davvero molta paura. Per tutta la notte e poi, dopo una mattinata di calma, nel pomeriggio i colpi fortissimi di altri combattimenti, che ci hanno costretto a chiuderci in casa, rintanati nel corridoio, lontani dalle finestre per paura dei proiettili vaganti". A parlare così è Monica Treu, responsabile dei progetti di educazione, protezione dell'infanzia e sicurezza alimentare che la Fondazione AVSI sta portando a termine in Burundi, fin dal 2001.

I rastrellamenti porta a porta. "C'è stato un lungo scambio di tiri con armi pesanti, tra gli oppositori e i militari pro Nkurunziza, che erano barricati nella Radio Nazionale. Non abbiamo chiuso occhio, adesso la situazione è tornata calma, ma restiamo ben chiusi in casa, non ci sono informazioni certe e diverse radio sono state bruciate. Tutte le frontiere sono chiuse e i voli previsti per Bujumbura sono stati annullati. Secondo i resoconti degli operatori umanitari, i sostenitori del governo avrebbero iniziato rastrellamenti porta a porta alla ricerca di sospetti oppositori da interrogare, picchiare e incarcerare. La parte di esercito legato al generale Godefroid Niyombare - ex capo dei servizi segreti burundesi - che ha guidato un tentativo di colpo di Stato, finora mal riuscito.

La gente abbandona tutto e scappa. Il numero di civili in fuga verso la Tanzania, il Rwanda e il Congo si aggira ormai attorno alle 50.000 persone. Secondo gli operatori umanitari e le fonti del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (VIS) nel paese, gli sfollati scappano dalle milizie governative "Imbonerakure" (che nella lingua kirundi significa "le sentinelle" o "coloro che guardano lontano"). Tra coloro che hanno oltrepassato la frontiera rifugiandosi in Rwanda, alcuni hanno raccontato che le loro case erano state contrassegnate con vernice rossa e che i teppisti del partito di maggioranza li avrebbero minacciati di morte nel caso in cui il presidente non vincesse le elezioni.

Le due fazioni in lotta. Una situazione di estrema tensione, dunque, che ha già provocato creato la classica emergenza umanitaria, tipica di queste situazioni, perché come al solito a rimetterci sono in maggioranza donne e bambini. Fughe in massa che finora, secondo calcoli sommari, avrebbero provocato una ventina di morte. I Salesiani presenti nel piccolo Paese africano cercano di continuare il loro lavoro, accanto alle persone più bisognose, ma anche con le altre attività in favore dei bambini e dei giovani più a rischio. La gente, insomma, è stretta fra le due fazioni in lotta: quella dei militari fedeli all'attuale presidente Pierre Nkurunziza, che vorrebbe presentarsi per la terza volta alle elezioni, e i gruppi spontanei di cittadini, duramente repressi durante alcune manifestazioni iniziate il 26 aprile scorso, solo parzialmente appoggiati da una parte dell'esercito che oggi appare coaugulato e organizzato dal generale Niyombare.

Il nodo del terzo mandato. La candidatura di Nkurunziza - giudicata anticostituzionale dagli oppositori - è stata invece avallata nei giorni scorsi dalla Corte costituzionale, "poiché al suo primo mandato - hanno detto i giudici dell'Alta Corte - il presidente fu eletto dai parlamentari e non attraverso un suffragio popolare". La Costituzione del Burundi, infatti, limita chiaramente a due i mandati presidenziali. Tuttavia la ricandidatura di Nkurunziza vìola anche gli Accordi di Arusha, che nel 1993 misero fine a 13 anni di guerra civile costati la vita a oltre 300.000 persone.

Ancora una volta una storia di lotte fra Hutu e Tutsi. C'è poi da tener presente un rapporto dell''ONU di qualche tempo fa, che parlava dettagliatamente della milizia Hutu genocidaria chiamata Imbonerakure (quelli che "vedono lontano") della distribuzione di armi, munizioni e divise a loro destinate dall'ala politica del partito al potere: il CNDD-FDD. Il rapporto attrasse l'attenzione sugli intenti e le manovre del presidente Pierre Nkurunziza che voleva modificare la Costituzione, per ottenere il terzo mandato e orientare il suo partito verso una politica razzista fondata sulla supremazia degli Hutu e dei Bantu a danno della minoranza Tutsi.
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Il testimone: "abbiamo paura, stiamo chiusi in casa".
Da IlSussidiario.net di Paolo Vites intervista a Monica Treu, responsabile progetti AVSI nel paese.

Il fatto che un Paese come il Burundi, nei decenni passati teatro di uno dei genocidi più estremi della storia, sia oggi quasi del tutto dimenticato, la dice lunga di come i media e la comunità occidentale prestino attenzione solo a ciò che fa comodo ai loro interessi. In Burundi invece, dove ieri si è diffusa la notizia di un colpo di Stato (largamente ignorata dai media italiani) sono in corso sanguinose manifestazioni da diverse settimane, in cui il numero di morti, feriti e arresti non è da poco.

Manifestazioni, come ci ha spiegato Monica Treu, volontaria dell'associazione Avsi nella capitale Bujumbura, cominciate quando il presidente in carica, Pierre Nkurunziza, ha annunciato di volersi candidare per il terzo mandato consecutivo, cosa che la Costituzione del Paese africano non permette. Ieri, approfittando della sua visita nel vicino Tanzania, il generale Godefroid Nyombare ha dichiarato il colpo di Stato e la transizione dei poteri. Dal Tanzania Nkurunziza ha risposto con un tweet dicendo che non c'era stato nessun colpo di Stato e che la situazione era sotto controllo. Monica Treu invece ci ha detto di una situazione del tutto diversa.

Le notizie che arrivano dal Burundi sono poche e contraddittorie: il colpo di Stato è avvenuto o
no?
Quando il generale Nyombare ha annunciato alla radio il colpo di Stato erano circa le 13.30 e ci trovavamo ancora in ufficio. Dopo, recandomi a casa e percorrendo diversi chilometri, ho visto che il traffico era inesistente e che per strada c'erano moltissime persone che manifestavano contente per il colpo di Stato. Ho notato anche una notevole presenza di militari per le strade.

Dunque il presidente Nkurunziza sta cercando di dare una versione inesistente dei fatti?
Al momento è tutto ancora poco chiaro, ma è un fatto che il generale abbia ordinato la riapertura di tutte le radio private che erano state chiuse il 26 aprile, giorno in cui erano cominciate le manifestazioni contro il presidente. E la gente felice per strada dimostra che qualcosa sta succedendo, le pesanti repressioni delle settimane scorse lo hanno messo definitivamente in cattiva luce agli occhi della gente.

Nkurunziza si trovava in Tanzania al momento dell'annuncio, le risulta che sia tornato in patria?
Non lo sappiamo, nessuno lo sa. Ha mandato un tweet dicendo che non c'era stato nessun colpo di Stato, ma la realtà è tutt'altra.

Ci parli di queste manifestazioni delle scorse settimane, in occidente non è arrivata notizia.
La gente è scesa in strada a partire dal 26 aprile, il giorno stesso in cui il presidente ha dichiarato di volersi ricandidare per la terza volta. Ci sono state manifestazioni nei quartieri periferici della capitale contro questo annuncio represse in modo violento dalla polizia. Si parla di venti morti ma sicuramente sono di più e poi centinaia di arresti e feriti ma soprattutto almeno 40mila persone fuggite nei paesi vicini, Congo Tanzania e Ruanda.

Data la storia terribile del Burundi, la gente avrà avuto paura di nuovi spargimenti di sangue. C'è la possibilità che si ripeta la guerra fra le due etnie, quella dei tutsi e quella degli hutu? Il presidente a che etnia appartiene?
Il presidente è di etnia hutu però in queste manifestazioni si sono unite insieme le due etnie contro di lui, che è un segnale molto significativo. Anche all'interno del suo stesso partito c'è stata una divisione già all'inizio dell'anno da parte di persone che lo avevano consigliato di non ripresentarsi e poi sono state allontanate. Anche il generale Nyombare faceva parte del partito al potere.

Che giudizio si può dare di Nkurunziza? Il suo governo ha fatto più bene o male?
Durante il suo potere ci sono stati molti casi di corruzione, malversazioni e anche mala gestione della cosa pubblica. Si è circondato di persone poco pulite, ci sono ombre sul caso delle suore assassinate, molti omicidi e detenzione di personaggi della società civile, tutti episodi che dimostrano quanto poco amore per la democrazia avesse avuto.

Come vivete questo momento? Siete preoccupati? Le vostre opere sono al sicuro?
Abbiamo fiducia, ma la prima preoccupazione è per il nostro centro che si trova nei quartieri nord, un centro per mamme e bambini dove svolgiamo attività educative. Lo abbiamo chiuso immediatamente il 26 aprile per motivi di sicurezza quando sono cominciate le manifestazioni. Siamo preoccupati di poter riaprire il centro per far compagnia a questi bambini che in queste settimane hanno subito dei traumi vivendo in quartieri dove ci sono stati incidenti in cui la polizia ha represso in modo violento manifestazioni pacifiche.

La Chiesa cattolica del Burundi si è espressa in qualche modo?
La Chiesa si è espressa in modo chiaro contro il terzo mandato sostenendo i manifestanti, ma così anche la comunità internazionale, gli Usa e l'Unione africana. Lunedì il Belgio ha interrotto il finanziamento al programma della polizia e alle elezioni, tutti segnali chiari di isolamento del presidente.

Che cosa farete nelle prossime ore?
Io ho una nipotina di due anni e quando abbiamo sentito l'annuncio del colpo di Stato il mio pensiero è volato subito a lei. Nei prossimi giorni staremo chiusi in casa per capire come si evolverà la situazione. Abbiamo fiducia che non ci siano scontri, ma c'è il rischio che la milizia del Partito dei giovani fedele al presidente possa causare incidenti.

 

 

Burundi nel caos. La folla in strada e quei bambini lasciati soli
Da Vita.it di Lorenzo Alvaro

Avsi chiude il centro MEO per sicurezza. «Molte persone del nostro staff non riescono ad uscire dai quartieri periferici dove abitano per paura di finire in mezzo alle manifestazioni. Devono rimanere in casa. Abbiamo paura per i nostri bambini. Speriamo di tornare presto alla normalità», racconta la responsabile dell'associazione Monica Treu.

Fondazione AVSI, inoltre, aderisce all'appello firmato da numerose ong presenti in Burundi per chiedere alla stampa di rompere il silenzio su quanto sta accadendo in Burundi in vista delle elezioni. Secondo l'Onu ci sono stati 10 morti e 60 feriti dall'inizio degli scontri e numerosi edifici pubblici sono stati chiusi per sicurezza.
Scarica l'appello

«Il Centro MEO (Maman Enfants Orphelin) rimane chiuso, in quanto il quartiere di Cibitoke è fortemente colpito dalle manifestazioni e dall'insicurezza. Molte persone del nostro staff non riescono ad uscire dai quartieri periferici dove abitano per paura di finire in mezzo alle manifestazioni. Devono rimanere in casa».

Queste le parole di Monica Treu, responsabile progetti AVSI in Burundi, a seguito delle proteste a Bujumbura contro il terzo mandato del presidente uscente Pierre Nkurunziza. Ormai quasi ogni giorno si verificano proteste e disordini, centinaia di manifestanti nelle strade della capitale con morti e feriti. Dopo il si della Corte costituzionale al terzo mandato del presidente, il vicepresidente è fuggito dal paese denunciando le pressioni da parte della presidenza sull'emissione di una sentenza favorevole per Nkurunziza. La tensione in città resta alta.

«I quartieri Nord di Bujumbura, dove si trova la struttura del Centro che gestiamo, sono caratterizzati da un forte degrado e dalla mancanza di igiene già in situazioni di vita normali», racconta Treu, «al Centro MEO accogliamo bambini e ragazzi che vivono in condizioni difficili e cerchiamo di migliorare la qualità della loro vita attraverso interventi in ambito psico-sociale, educativo–ricreativo e medico–sanitario». «Ora che dobbiamo tenere chiuso il Centro a causa delle proteste», continua la responsabile, «abbiamo paura per questi bambini già normalmente lasciati soli e bisognosi di tutto. Speriamo si possa tornare presto alla normalità».

Il Burundi è uno tra i paesi con il peggior tasso di sfruttamento minorile al mondo: lavora un bambino su cinque. E con alle spalle decenni di guerra civile tra le comunità Hutu e Tutsi che hanno limitato lo sviluppo sociale, politico ed economico di un paese che oggi si trova al 166° posto nella classifica mondiale degli indicatori di sviluppo. AVSI è presente in Burundi dal 2001, anno in cui è stato fondato il Centro “Maman Enfants Orphelin” (MEO), e in questi 14 anni è al fianco della popolazione con progetti educativi e di vero sviluppo.