A Betlemme, una danza per celebrare la cultura palestinese

Data 29.11.2021

I bambini e le bambine che frequentano la scuola Effetà di Betlemme hanno disabilità uditive, ma grazie al Sostegno a distanza di AVSI imparano a ballare la dabke: una danza tradizionale legata alla cultura palestinese.

Quest’anno si celebrano i cinquant'anni della scuola che dal 1971, grazie al lavoro delle suore maestre di Santa Dorotea, accoglie circa 180 bambini e bambine sordomuti provenienti da tutta la Cisgiordania, nei Territori Occupati Palestinesi.

Fortemente voluto da Papa Paolo VI, questo istituto specializzato è l'unico in Palestina per audiolesi che, attraverso un percorso di rieducazione con metodo orale, garantisce agli studenti e alle studentesse una maggiore autonomia, indipendenza e autodeterminazione.

AVSI collabora con la scuola Effetà attraverso il progetto del Sostegno a distanza, assicurando il pagamento di una parte delle rette scolastiche di 120 studenti e supportando l’implementazione di attività extracurriculari. Tra queste attività c'è anche un corso di dabke.

Ogni martedì pomeriggio i ragazzi e le ragazze si riuniscono nella palestra della scuola e guidati dal loro maestro, si muovono liberi nella danza.
Questo è un momento molto atteso per tutti loro che - nel rispetto delle regole anti-Covid - hanno potuto riprendere a ballare. Da oltre un anno infatti tutte le lezioni e attività in presenza erano state sospese, costringendo i bambini a studiare ed esercitarsi da casa per seguire il loro percorso riabilitativo.

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La dabke è una danza tradizionale araba condivisa da libanesi, siriani, iracheni e palestinesi.
Il suo nome significa letteralmente “battere i piedi” e ha moltissime varianti a seconda delle varie culture con cui è entrata in contatto. Ovunque è però un ballo partecipativo basato sul battito ritmico di mani e piedi.

Ma la dabke è molto di più: è anche una forma di narrazione, di resistenza culturale e di espressione della forza dello spirito umano.
“La dabke è la nostra danza: ballando mostriamo il legame con le nostre tradizioni, la nostra terra e la nostra cultura millenaria”, sottolinea una professoressa di Effetà.