WARDUNI OSPITE IN AVSI A MILANO “Solo la libertà religiosa favorisce il dialogo”

Data 06.09.2011

WarduniWarduni, vescovo ausiliare di Baghdad nella sede di AVSI a Milano. Martedì 24 gennaio 2011. Accanto a lui Alberto Piatti, Segretario Generale. Un amico. E il compagno di viaggio Mario. Lo spunto della visita è nato dalla richiesta di un gruppo di studenti del Politecnico di Milano “Leggendo i giornali non si capisce bene quello che sta succedendo in Iraq ed è difficile trarre un giudizio. I cristiani sono perseguitati. Perché è importante rimanere? Cosa la spinge a stare sempre lì, nella sua terra? E noi qui, ora, adesso, cosa facciamo? Cosa possiamo fare?” Sono quesiti importanti che chiedono una riflessione e ritorno di memoria.

Nel Natale 2003, AVSI lanciava con la campagna delle Tende un progetto ambizioso: sostenere gli asili cristiani di Baghdad. La partecipazione degli amici italiani non è s'è fatta attendere: generosa come sempre la loro risposta. Né si sono fatte attendere le bombe e gli attentati terroristici che in un lampo distruggono tutto. Ma monsignor Shlemon Warduni, vescovo di Babilonia dei Caldei, sembra più testardo delle bombe. Dagli amici italiani che lo hanno aiutato ci ritorna, e dall'Iraq non se ne va. “La mia missione è questa. Sono un uomo e devo aiutare gli uomini. Poi sono anche un cristiano, e devo aiutare i cristiani. Infine sono un pastore che deve indicare una strada. Non posso andarmene dall'Iraq. Così come nessun altro della mia comunità. E' la nostra terra. Ci siamo nati. Non scappiamo. Siamo iracheni. Vogliamo il dialogo.”

Lo zelo della tua casa mi consuma. Lo ha ricordato Warduni sorridendo ai giovani, pensando alle parole di Giovanni nel Vangelo. Si può perdonare un discepolo se non ha grande capacità mentale; può essere perdonato anche se non mostra forze fisiche eccezionali. Ma non si può scusarlo se non ha zelo. Se il suo cuore non arde di passione infuocata per il suo Salvatore, egli è condannato.

In un momento in cui la storia sembra inabissarsi in un vortice feroce di violenza, le parole di Warduni risultano quasi destabilizzanti. Ribaltano l'orizzonte perché suonano troppo semplici. “Che senso avrebbe la mia vita senza i fedeli? La libertà religiosa è certamente una delle vie più importanti per la pace, come ha sottolineato il Santo Padre”. Ogni giorno i suoi parrocchiani rischiano la vita. Ogni giorno egli stesso rischia la propria. Ogni mattino non è certo della sera. Ma ora lui è qui. Davanti a noi, con i suoi occhi veloci e sereni. Sulla veste, un crocefisso pesante che sembra una parabola. “Che senso avrebbe vivere la vita senza quella fede voluta da Gesù? Noi siamo pronti. Non abbiamo paura. Vogliamo la pace. E rimaniamo nel nostro Paese per ribadirlo.” Ma come affrontare queste parole con gli echi della guerra così presenti? “In Iraq la guerra è assordante. Il rumore delle armi è feroce. Ma qui in Europa ci sono altre guerre, che stanno minando i valori della persona.” Riflettendoci, il rumore del vuoto e del silenzio sembra più assordante di quello delle armi. Warduni se ne è andato con una promessa di ritorno e recitando per noi il Padre Nostro in aramaico, come i cristiani della Chiesa caldea di Mesopotamia duemila anni fa.