Uganda, l’accademia dell’agrosostenibilità

Data 28.04.2019

Difesa dell'ambiente e agribusiness moderno: queste le chiavi per mobilitare un paese con un enorme potenziale produttivo e una popolazione mediamente giovanissima

di CARLA RESCHIA KAMPALA (UGANDA)
Arthur Woniala - 27 anni anche se ne dimostra a malapena 18 - è un giovane ingegnere ugandese con un sogno: sostituire con bombolette di biogas sicure ed ecologiche gli onnipresenti fornelli a carbonella che impestano di fumo nero e tossico la splendida aria tersa di Kampala, e contribuiscono al disboscamento e alle piogge acide. La sua azienda, aperta nel 2017, si chiama Khainza Energy, in omaggio alla madre morta come purtroppo molti altri - di tumore al polmone quando lui era piccolo proprio per i fumi esalati dalla carbonella. Con quattro soci Arthur gestisce tutto, dalla produzione (usando deiezioni bovine e scarti agricoli) allo stoccaggio fino alla distribuzione. Al momento Khainza Energy è una impresa molto artigianale, anche se innovativa, e con alti costi di trasporto. Ma a breve nascerà un vero impianto che permetterà di distribuire fino a 100 bombole a settimana. Avrà sede alla Gudie Leisure Farro, una fattoria didattica di Najjera, nei dintorni di Kampala, dove Arthur ha potuto mettere a punto la sua startup. Il progetto si chiama Sky (Skilling Youth for employment in agrobusiness), ed è frutto di un partenariato internazionale nato nel 2015 finanziato dall'ambasciata olandese in Uganda e condotto dalla ONG italiana AVSI Foundation. Obiettivo: usare l'enorme potenziale agricolo e umano di una nazione in cui il 78% della popolazione ha meno di 30 anni, di cui la metà sotto i 15 anni formando ottomila giovani sulla tutela dell'ambiente e lo sviluppo di un modello di agricoltura sostenibile e redditizia, in un paese dove le coltivazioni sono da sempre per lo più un semplice e faticoso modo di sopravvivere. Un'alternativa poco appetibile al mondo delle scommesse, delle piccole mototaxi, i boda boda, che ti portano dappertutto, o dell`arte di inventarsi le giornate. Alla Farm arrivano stagisti da tutta l'Uganda per imparare le tecniche per il mestiere dell'agricoltore moderno. La prima regola è che tutto si riutilizza. Nei grandi stagni destinati all'acquacoltura crescono rapidissime anche piante acquatiche destinate all'alimentazione dei maiali. Dal guano dei polli si ricava fertilizzante. La rotazione delle colture permette di usare al meglio il terreno senza impoverirlo. Nemmeno l'acqua piovana va sprecata, soprattutto in questi tempi di mutamenti climatici che anche qui hanno fatto saltare tutte le certezze sull'avvicendarsi della stagione delle piogge con quella secca. Da qui nascono storie di successo come quella di Arthur. E come quella di Nucafe, acronimo di National Union of Coffee Agrobusiness and Farm Entreprises, un'azienda che esporta caffè in tutta Europa e che nasce dall'idea, semplice ed efficace, di riunire oltre 200 piccoli e piccolissimi produttori altrimenti impossibilitati a commercializzare alla grande il loro prodotto. La fabbrica, che ha anche un punto vendita in centro che propone caffè e cappuccini, tratta il caffè dal chicco alla confezione. Ed è un altro esempio di ciclo chiuso, senza sprechi, tra macchinari all'avanguardia, acqua riciclata e donne che controllano la qualità dei chicchi. Il prossimo passo saranno i pannelli solari che si stanno installando sul tetto dei nuovi magazzini, e che garantiranno l'autosufficienza energetica. Sono storie, anche, come quella di Remmy Ssekitto, andato in Israele alla scoperta dei kibbutz per uno stage post laurea, e tornato in Uganda con nuove consapevolezze: «Se lì riescono a far prosperare il deserto - dice - chissà qui, dove se pianti un seme per terra germoglia». E più importante: l'unione fa la forza. «Mi ha subito colpito la comunanza di vita e di progetti. Noi qui siamo molto individualisti, ma non funziona, e ho capito che dobbiamo collaborare». Tornato in patria, Remmy con amici d'infanzia e conoscenti ha creato la Agrinvestment Kibbutz.