Tende AVSI. Una casa aperta a tutti

Data 04.11.2019

di Silvia Guidi - Tracce

Una casa aperta alle famiglie di alcuni quartieri di Milano, Torino, Madrid... Dove le Suore di Carità dell'Assunzione si prendono cura di adulti e bambini, tra cure infermieristiche e aiuto allo studio. Un altro progetto della Campagna 2019/20

Trecento famiglie viste da vicino. Anzi, più che da vicino, dall’interno, condividendo le cose da fare “normali”, di tutti i giorni. È la grande casa allargata delle Suore di Carità dell’Assunzione, presenti oggi nei quartieri popolari di Torino, Milano, Trieste, Roma, Napoli e Madrid.

“Casa allargata” è anche il nome del progetto sostenuto dalla Campagna Tende AVSI per il secondo anno consecutivo. Le suore incontrano le famiglie in difficoltà su diversi fronti: la cura infermieristica a domicilio, l’accoglienza dei ragazzi con l’aiuto allo studio, l’impegno educativo nel rapporto con la scuola e con la famiglia (può capitare anche che accompagnino i bambini all’asilo o alle elementari), la collaborazione con gli enti locali e i servizi sociali. Le suore entrano nelle case del quartiere e le famiglie, portando i figli ai centri diurni, entrano nella “casa” delle suore, che si allarga oltre le mura del convento.

Tende Avsi Suorine 2 B

Incontriamo il bisogno che c’è, condividendo attraverso gesti semplici e concreti di cura, anche molto quotidiani, un senso più profondo del vivere.

Fulvia Ferrante, suorina “del Martinengo” a Milano

«Come si possono ricucire i rapporti è opera del Mistero, anche se a volte questo, drammaticamente, non avviene. Dobbiamo stare attenti anche ad evitare un equivoco sulla parola stima. Stima è dare il valore, non è stimare l’altro perché è perfetto. Siamo chiamati non a correggere, a voler a tutti costi modificare, ma siamo chiamati a stare. Con il cuore aperto».

Suor Gelsomina Angrisano, madre generale per ventiquattro anni, prima di passare il testimone a suor Mariangela Marognoli, va al fondo dell’esperienza dell’accoglienza, indicando la prospettiva di sguardo da seguire: «L’obbedire è la cosa più bella del mondo perché non possiamo fabbricarci noi la nostra immagine di felicità, che è sempre un profondo “di meno”. E dentro a tutto questo, non si tratta di fare delle cose noi, ma di allearsi con l’imperfezione: la nostra imperfezione che si allea con la loro dentro la storia di questa presenza. Da qui scaturisce tutto».
Un’alleanza di imperfezioni che trasforma la quieta disperazione di tanti in una solida trama di amicizia e fa ritornare “popolo” persone diventate “non-popolo”, perché sole o senza più radici. Vivere le cose normali di tutti i giorni in una casa allargata, resa ospitale e generativa da un respiro grande che cambia tutto. Un’occasione preziosa anche per chi dà una mano ad accompagnare i ragazzi. Scrive Pietro, un volontario del centro diurno per i bambini di Milano: «Dopo lo studio, dopo il gioco, la vacanza assieme, la gita, i canti, ritorno a casa e penso "che pienezza straordinaria ho vissuto!". E desidero possa essere così, sempre, per me e per tutti».

Il canto non è un optional, è un’occasione per lasciarsi abbracciare dalla Bellezza con la b maiuscola. «Tra le iniziative che promuoviamo, con gli amici della Fraternità, per ricostruire il popolo di Dio, c’è la "Serenata alla Madonna", una serata in cui facciamo ascoltare un percorso di letture e canti e alla quale invitiamo le famiglie con cui siamo in contatto», racconta suor Cristina Bertola: «Rosa, ad esempio, è una mamma boliviana di 29 anni che conosciamo da cinque anni, da quando aspettava la seconda bambina e Carlos, il secondo figlio ora dodicenne, frequentava la seconda elementare. Ha partecipato altre volte ai momenti che facciamo con le famiglie, ma quest’anno era molto desiderosa di coinvolgersi di più: è arrivata con i suoi figli in anticipo e si è seduta davanti. Ha partecipato alla Serenata di canti con molta attenzione, non perdendosi nemmeno una parola. Ad un ragazzo che era stato educatore di suo figlio ascoltando le parole del canto Give me Jesus ha detto: “Io questo Gesù lo voglio”».

Suor Cristina spiega che, il giorno seguente, Rosa le racconta che la sera prima, tornando a casa in autobus, era scoppiata a piangere: «È una cosa che mi ha toccato dentro che non si può dire, come una libertà, mi sono sentita in pace». E aggiunge: «È stato come essere abbracciata dalla mamma, anche se è poco il paragone. Non avrei voluto essere da nessuna altra parte se non in questo posto, mi sono sentita come mossa nella coscienza e quindi ho pianto come per chiedere perdono anche ai miei figli, con i quali sono a volte dura».

Piccole, grandi storie di amicizia che possono davvero fondare un cammino che rimane nel tempo. Dice suor Fulvia sorridendo: «È come se Dio ci dicesse: “Scusa, ho da fare dieci minuti, puoi prenderti cura di questo bambino che poi me lo ripiglio?". Questo è il nostro compito, il tuo compito: quei dieci minuti».