Tende AVSI. In Venezuela si riparte anche dagli anziani

Data 19.11.2019

di Bernardo Cedone - Tracce

È il 2009 quando Alejandro Marius fonda l’associazione “Trabajo y persona”. Lo scopo, oggi, è rimasto lo stesso: «Promuovere il lavoro per promuovere la dignità di ogni essere umano». Alejandro lavora per permettere alle fasce più vulnerabili della popolazione venezuelana di formarsi professionalmente nei campi più svariati (meccanica, falegnameria, produzione del cioccolato, settore tecnologico…), creando possibilità lavorative e sostenendo chi si occupa di formazione.

Per Alejandro il lavoro non è solo come «un contributo al bene comune, ma uno strumento fondamentale per la scoperta di se stessi», senza il quale la vita è in crisi alla radice. La sua “opera” inizia dieci anni fa, prima della crisi politica ed economica che ha fatto cadere il Venezuela in uno stato di profonda instabilità. Qui la povertà è questione di tutti i giorni: la mancanza di elettricità in case e ospedali, quella di acqua corrente, di farmaci, di cibo, sono i tratti più evidenti di un’incertezza di cui non si intravede la fine. È per questo che il Paese vive oggi il fenomeno migratorio più importante della storia dell’America Latina: entro quest’anno saranno 5 milioni gli emigranti, il 15% della popolazione.

Cuidadores 360 (7)

Alejandro e i suoi amici in questi anni non hanno mollato la presa. Anzi, la loro avventura continua, anche nella crisi, perché «in una situazione difficile diventa ancora più chiaro qual è lo scopo della vita», dice Alejandro: «Come fu per san Massimiliano Kolbe nel campo di concentramento». Le iniziative sono molte, ed è per una di queste che AVSI quest’anno, tra i progetti della Campagna Tende, ha inserito “Venezuela. Io non sono solo”, per sostenere un’esperienza nata da Trabajo y persona, Cuidadores360.

«I migranti sono tantissimi e appartengono alla popolazione economicamente attiva. Chi è rimasto qui? I bambini, affidati alle cure di altri parenti, e gli anziani», spiega Alejandro: «Ci sono molti programmi internazionali per aiutare i più piccoli. Mentre ci siamo resi conto di un bisogno che nessuno stava guardando: il numero altissimo di anziani rimasti soli quando le loro famiglie hanno lasciato il Paese. E per molti, dall’estero, è difficile sostenere i costi di un infermiere specializzato che segua chi è rimasto».

Il Venezuela è, tra l’altro, il Paese dell’America Latina con il più alto tasso di anzianità. «Ci siamo chiesti che cosa potevamo fare», racconta Alejandro: «Noi ci occupiamo di formazione al lavoro, la disoccupazione qui da noi è grande, e ora ci troviamo davanti questi anziani soli, e in Venezuela non esiste un programma di formazione professionale per assisterli». Nasce così Cuidadores360, il primo corso di formazione professionale per badanti del Paese. Il progetto - nato in collaborazione con l’Università Central de Venezuela - ha già concluso il suo primo anno di attività a Caracas. «Lo scopo del programma è tutto in quel “360”: l’obiettivo è preparare i badanti a una cura integrale dell’anziano, a 360 gradi appunto. Nei mesi di preparazione i partecipanti - tutte persone senza impiego che sentono un’inclinazione al servizio del prossimo - imparano a stare di fronte ai bisogni delle persone avanti con l’età: fisioterapia, gestione dei medicinali, come affrontare le emergenze. Ma non solo: nei corsi trattiamo l’imparare ad ascoltarli e perfino il gioco insieme a loro». Dopo il primo anno tutti i partecipanti hanno già trovato un posto di lavoro. Un’iniziativa bene accolta anche dalle istituzioni, «perché pertinente alla situazione del Venezuela. Tanto che le istituzioni stesse, sulla scia del nostro esempio, si sono attivate per affrontare lo stesso bisogno. Per noi non è concorrenza, ma una risposta che fa bene a tutto il Paese».

Certo, i bisogni sono tanti, e riguardano tanti aspetti della società venezuelana. «Ma mentre non mancano le iniziative e i tentativi di dare una mano per alcuni di questi, i bambini per esempio, mentre gli anziani sono dimenticati, perché vengono ritenuti già alla fine della vita», spiega ancora Alejandro: «Noi crediamo invece che proprio in questo momento debba manifestarsi la gratitudine per una vita intera di lavoro per noi che siamo venuti dopo». Non aver lasciato cadere quel desiderio di andare incontro a queste persone sta generando frutti oltre le aspettative, anche per chi partecipa ai corsi di formazione, gli aspiranti cuidadores. Alejandro ha raccontato alcune delle loro storie su Tracce : «Per esempio quella di una ragazza, che vive in una piccola cittadina lontana da Caracas e che usciva alle quattro e mezza di mattina per arrivare in aula alle nove, ha saltato solo un giorno di lezione perché un temporale aveva bloccato le strade. Oggi sta già lavorando, in un posto più vicino a dove abita». Tutto questo in un contesto in cui è difficile parlare di speranza. Non, tuttavia, per Alejandro: «La crisi è profonda, ma mi sostiene la certezza che il Signore mi chiama a vivere tutto con allegria, propositivo, e che la realtà e il tempo sono un dono per esprimere quello che io sono. Questa coscienza è la fonte della speranza in me, la domando tutti i giorni». Non si tratta di “sopportare” una crisi che non accenna a mollare la presa: «Un gesto di carità può aprire una prospettiva di cambiamento personale che è il punto di partenza per la speranza di una famiglia, di una comunità, di un Paese. Noi vogliamo metter la nostra vita al servizio di tutti, a prescindere dal tempo con cui cambieranno la situazione politica ed economica».