Sud Sudan, dove le persone “quando possono, mangiano”

Data 24.11.2017

di Anna Toniolo

Il Sud Sudan è uno stato centrafricano e appartiene alla categoria dei paesi più giovani del mondo. Infatti, è nato nel 2011 dopo una lunga campagna di pacificazione promossa, tra gli altri, dagli Stati Uniti, e conclusasi con un referendum che ha portato alla secessione. Fin dai primi mesi di vita, però, il governo del Sud Sudan è stato testimone di molte divisioni etniche e di una controversia continua con il Sudan per la vendita e la gestione del petrolio, limitando così la crescita della regione e lasciandola in uno stato di povertà estrema.

A peggiorare le condizioni del paese ha poi contribuito, nel 2013, lo scoppio di una violenta guerra civile I protagonisti di questo scontro sono Riek Machar, vice presidente del paese, e Salva Kiir, presidente in carica. Provengono da due differenti gruppi etnici, Dinka e Nuer, e questo conflitto ha preso una vera e propria direzione etnica, rendendo il paese un posto insicuro e dove i diritti umani della popolazione vengono calpestati quotidianamente. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che nel Sud Sudan è in corso una pulizia etnica, che le violenze sono diventate talmente diffuse che c’è un alto rischio di genocidio, e che attualmente il tessuto sociale del paese si sta disintegrando, portando quello che prima era un esercito etnico verso un corpo senza forma sul quale il governo non esercita alcun tipo di controllo.

Tutto avviene nel silenzio dei media internazionali

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Benedetta Cocco è Project Manager in Sud Sudan per AVSI, un’organizzazione non governativa italiana che si occupa di cooperazione allo sviluppo con particolare attenzione all’educazione. La cooperante si occupa di gestire i progetti attivi sull’area, in particolare un progetto di peace building che prevede una serie di training alla comunità e alle autorità locali per educare alla pacificazione.

Benedetta racconta che la situazione attuale nel paese è molto tesa e continua a peggiorare sia riguardo al livello di sicurezza della popolazione, sia a livello di condizioni di vita. La situazione alimentare, infatti, è attualmente disastrosa anche a causa dei cambiamenti climatici, che alterano la quantità di piogge e di conseguenza fanno diminuire il volume del cibo per la popolazione che di media ha accesso ad un solo pasto al giorno. Benedetta aggiunge che anche la situazione educativa nel paese è molto grave, la maggior parte delle lezioni si svolge sotto gli alberi e quando comincia la stagione delle piogge diventa impossibile fare lezione, inoltre i bambini vengono ritirati dalle scuole perché sono forza lavoro per il lavoro agricolo.

Come sono concretamente le condizioni di vita della popolazione?

È complicato spiegarlo a parole. Qui le persone vivono in capanne fatte di fango e paglia, senza elettricità, con il proprio orto e il proprio bestiame. Le mucche sono la valuta locale principale, infatti da queste nascono i maggiori conflitti e, dopo un furto, c’è la certezza che qualcuno morirà. C’è chi prova a trovare un impiego: in particolare, chi è riuscito ad avere un’educazione di un certo livello lavora con le organizzazioni o con le agenzie delle Nazioni Unite, mentre coloro che hanno sempre vissuto nel proprio villaggio e non hanno avuto accesso all’istruzione, continuano ad avere una vita di sussistenza e, quando riescono, mangiano.

Qui le strade sono tutte sterrate e, quando piove, le persone e le merci non si spostano a causa degli allagamenti. In questo modo non arriva più il cibo durante la stagione delle piogge, ad esempio è successo che noi, nella zona dove lavoro, siamo rimasti senza fagioli, cioè l’alimento principale, per più di un mese.

Quali sono le emergenze più gravi al momento?

Si parla di emergenza multi-settoriale: molto grande è il problema della fame, della carestia e, ad inizio anno, in alcune zone ad aggravare la situazione si è aggiunta un’epidemia di colera, malattia trasmessa attraverso le acque stagnanti, molto diffuse nell’intero paese. Questi sono i problemi più evidenti al momento, con quello dell’educazione e quello sanitario, dove si fa quello che si può.

Quella del Sud Sudan è una delle più grandi crisi umanitarie del momento, perché se ne parla così poco?

[Sospira.] Secondo me se ne parla così poco perché è talmente tanto che si sta andando avanti … attualmente ci sono emergenze che, anche giustamente, hanno più visibilità. Purtroppo i bambini malnutriti si vedono da 30 anni, da quando esiste la cooperazione allo sviluppo, ma non si vedono risultati immediati degli interventi quindi, secondo me, è per questo che il Sud Sudan non fa più notizia.

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L’intervista continua con una domanda personale a Benedetta, riguardo alle sue sensazioni quotidiane e ai suoi sogni per il paese.

[Anche dopo questa domanda, Benedetta sospira.] A viverci, in Sud Sudan, ci si abitua in fretta, ma è necessario essere caratterialmente rilassati e aperti, perché la situazione non è facile. Per gli operatori vige un coprifuoco che cambia ogni giorno, possono arrivare e-mail che impongono una restrizione dei movimenti a causa del livello di sicurezza generale. Il suono degli spari, ormai, è un suono normale.

Il mio sogno per il paese è uno: spero che prima o poi si riesca a vedere la luce in tunnel, anche se sembra molto lungo al momento. Le sensazioni che vivo variano molto: passo da momenti in cui vivo la depressione più totale ad altri in cui basta un semplice gesto, poche parole di apprezzamento per il mio, il nostro lavoro e mi ricordo di tutti i motivi per cui sono in Sud Sudan e per cui sto facendo questo lavoro. Ogni tanto la sera riesco a dormire tranquilla.

Come le persone che leggeranno l’articolo possono contribuire alle vostre attività in Sud Sudan?

Principalmente con due attività. La prima è attraverso le adozioni a distanza dei bambini in Sud Sudan, permettendo così loro di andare a scuola e di avere un livello nutrizionale adeguato. Il secondo modo con cui si può aiutare il paese è attraverso la campagna tende proposta da AVSI, sostenendo i profughi sudanesi che arrivano in Uganda, garantendo loro un livello di essere umano adeguato.

Quella del Sud Sudan è una crisi umanitaria che passa in sordina nel resto del mondo, ma non per questo è meno grave di altre. I diritti umani vengono quotidianamente calpestati per tutte le persone che vivono nel paese, ma è responsabilità di ognuno restare informati, essere a conoscenza di ciò che succede per indirizzare il proprio comportamento verso il cambiamento.