Quale aiuto allo sviluppo vale? La proposta di AVSI sul Corriere della Sera

Data 11.06.2018

Cooperazione internazionale, i motivi per un sì

L'altro non è un nemico da far fuori, ma qualcuno con cui collaborare non perché sei buono, ma perché ti conviene. E questo il tema che si è affrontato a Bruxelles nei giorni scorsi, agli European Development Days (EDD): sconfiggere la fame, difendere l'ambiente, garantire a tutti un'educazione di qualità e un lavoro decente sono traguardi di tale portata che spingono a unire le risorse. Non c'è più un Sud povero contro un Nord ricco, i poveri sono ovunque e si spostano. Ma pur necessaria, l'agenda globale non è sufficiente. Se non arriva a considerare fino all'ultima persona lasciata indietro, a operare fino all'ultimo miglio, tutta la sua architettura crolla. Anche questo lo si è intuito a Bruxelles. Da uno slum di Kampala sono state invitate Teddy e Sharon, 44 e 20 anni: la loro vita è cambiata, hanno raccontato, quando - malate di Aids, picchiate dai mariti, scappate dalla guerra - hanno incontrato chi ha assicurato loro cibo, rifugio, cure ed educazione. Ma prima di tutto chi le ha guardate non come costi sociali, ma come persone grazie a un programma multisettoriale sostenuto da Avsi, Meeting Point International (Ong locale) e da donatori diversi tra cui anche la cooperazione italiana.

Teddy e Sharon documentano l'idea di aiuto allo sviluppo come partnership: «Non ci interessano soldi a pioggia hanno spiegato ai funzionari della Commissione Ue - ma piani che ci aiutino a generare a nostra volta occasioni per altre donne e persone vulnerabili come noi». Il nostro Paese, che si è impegnato in un aumento progressivo delle risorse per la cooperazioneinternazionale (da non confondersi con i fondi per l'accoglienza, restano due voci distinte) non può fermarsi proprio ora.

Sapendo che Teddy e Sharon hanno detto un'altra cosa importante: vogliono vivere a Kampala, non intendono attraversare il Mediterraneo e trasferirsi qui, perché là hanno più di una chance. L'aiuto allo sviluppo non è un gioco a somma zero e l'Italia in questo si è ricavata un ruolo di punta. Perché abdicare?