di Monica Ricci Sargentini - Corriere della Sera / Blog Le persone e la dignità
Precious ha 23 anni ed è arrivata in Italia due anni fa dopo essere fuggita dalla Nigeria. Il suo è un esempio riuscito di integrazione. Questa è la sua testimonianza raccolta dalla Fondazione Avsi che l’ha aiutata a ricostruirsi una vita
Sono partita tre anni fa dalla Nigeria, alla ricerca di un posto pacifico, un posto dove essere rispettata e dove realizzare il mio sogno di diventare avvocato, non avrei mai pensato di dover scappare e di essere rifugiata in un paese straniero, l’Italia
Precious continua: “In Nigeria vivevo con i miei genitori e i miei tre fratelli. Ho studiato office technology management e subito dopo la scuola ho trovato un lavoro in un’azienda della mia città come impiegata. Poi la mia vita è stata sconvolta: in ufficio ho avuto dei problemi con il mio capo e non era più possibile continuare a lavorare con lui; la casa della mia famiglia è bruciata e abbiamo dovuto spostarci in un villaggio. La situazione è diventata insostenibile quando mio padre è morto e a mia madre è stato tolto tutto, le vedove nel mio paese non sono tutelate.
Non avevo altra scelta: dovevo scappare, trovare un modo per costruire la mia vita e aiutare mia madre, la mia famiglia. Sono arrivata in Libia, ma non era certo il posto sicuro che cercavo. Ho passato più di un mese in prigione, ho sofferto tantissimo fino a quando ho attraversato il Mediterraneo e sono sbarcata a Lampedusa, in Italia.
Sono passati due anni da quel giorno e ora posso dire che quel posto pacifico l’ho trovato: vivo a Lecco, nel Nord dell’Italia, faccio volontariato nella mensa della Caritas, che mi ha aiutato nel mio percorso e in parrocchia con i bambini. Faccio anche qualche lavoretto come donna delle pulizie e venditrice dello street magazine Scarp de tenis, un progetto della Caritas.
Io sono qui per camminare e non per stare ferma, ero alla ricerca solo di una possibilità e questa l’ho avuta grazie a un progetto ideato dalla ong Fondazione AVSI e della catena di ristoranti milanese Panino Giusto in collaborazione con la cooperativa Farsi Prossimo. Si chiama Cucinare per ricominciare e si tratta di un percorso di formazione linguistica e professionale che punta all’assunzione di rifugiati e richiedenti asilo a Milano. Io sono tra i selezionati: ho imparato a cucinare cibo italiano e a lavorare in questo settore per prepararmi a un tirocinio in un ristorante Panino Giusto in centro a Milano. Se tutto andrà bene verrò assunta e questo è il primo passo per realizzare i miei sogni.
Da quando sono arrivata in Italia ho dato il massimo. Ho studiato, ho imparato l’italiano perché sapevo che la prima cosa da fare in un nuovo paese è conoscere la lingua del posto, ma non basta. Se qualcuno ha voglia di vivere in Italia deve imparare le sue regole e rispettarle. E se non è disposto, non può restare. Deve anche voler imparare cose nuove, non solo la lingua e le regole: anche la cultura, le tradizioni, la situazione che vivono gli italiani. Poi c’è il ruolo di chi accoglie.
Quando sono arrivata ero ospite di un centro di prima accoglienza con 18 ragazzi in una piccola comunità montana nel nord d’Italia. Le 120 persone di quel paesino avevano paura, ci percepivano come una minaccia e abbiamo dovuto confrontarci con i loro pregiudizi. Come pensare che se una ragazza nigeriana viene in Italia sia qui perché è nel giro della prostituzione. Io ho la mia dignità, non ho mai voluto questo. Leggendo su internet o guardando la televisione capisco perché quelle persone ragionassero così. In Italia spesso si usano parole molto aggressive nei confronti dei migranti, soprattutto da parte di certi politici, e credo che questo non aiuti l’integrazione, che è un’occasione di crescita non solo per chi, come me, arriva. Ma anche per chi accoglie.
Ecco credo che i politici dovrebbero capire e far capire che “il mondo è migrante”. Le persone si sono sempre spostate e continuano a spostarsi, neri e bianchi. È normale.E capire che chi sceglie di migrare mette la sua vita a rischio solo perché cerca una vita migliore. Come gli italiani e gli europei in passato. Nel mondo oggi i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Ma se eliminiamo queste disuguaglianze, tutti staremo meglio. Secondo me sia in Italia, sia in Europa, i politici dovrebbero occuparsi soprattutto dell’economia, del lavoro e non pensare che la questione più importante sia quella dei migranti. Perché non vogliamo togliere niente a nessuno, anzi. L’integrazione porta sviluppo, si tratta di condividere modi di pensare, culture, esperienze che arricchiscono tutti. E l’accoglienza ha anche creato lavoro per alcuni italiani ed europei. È la mancanza di lavoro il vero problema, per chi arriva ma anche per chi è qui, che proprio per questo percepisce lo straniero come una minaccia.
Questa esperienza con AVSI e Panino Giusto è per me il primo passo per realizzare quello che ho in mente. E mi piace l’idea di essere cuoca, cameriera: è un lavoro in cui sei al servizio degli altri, che è la stessa ragione per cui voglio fare l’avvocato. E magari, se realizzerò questo sogno, tornerò in Nigeria per aiutare a mia volta chi ne ha più bisogno".