Patrizia Savi: “I nostri progetti puntano a valorizzare la dignità della persona in ogni sua dimensione”

Data 06.12.2019

L'intervista di Andrea Antonuccio a Patrizia Savi, presidente di AVSI da luglio 2017.

Dottoressa Savi, il 9 novembre in Senato AVSI ha ricevuto il Premio al volontariato, nella sezione “cultura”, per aver portato la “Divina Commedia” nelle scuole dello slum di Kibera, in Kenya. Siete rimasti sorpresi?

«Sorpresi e soddisfatti! Il premio, che ci è stato consegnato dalla presidente del Senato Elisabetta Casellati, per noi è importante perché ha riconosciuto il nostro metodo: in tutti i progetti che AVSI porta avanti nel mondo, infatti, l’obiettivo è valorizzare il positivo che si incontra, la persona a partire dai suoi desideri. Diventare attore, per esempio, fare poesia o teatro come a Kibera. Non cerchiamo di soddisfare solo bisogni materiali: nei nostri progetti vogliamo introdurre la bellezza nelle sue diverse forme, perché è ciò che accomuna ognuno di noi, in qualunque luogo viva e in qualunque situazione si trovi. Questo premio ha confermato la valenza culturale dei nostri progetti, che puntano a valorizzare la dignità della persona in ogni sua dimensione».

Premio Volontariato

A ottobre avete presentato a Milano le “Tende AVSI”. Di che cosa si tratta?
«Quella delle “Tende” è una tradizione che viene da lontano. Si chiamano così perché tanti anni fa si montavano delle vere e proprie tende davanti ai supermercati per raccogliere fondi. Abbiamo fatto tanta strada da allora, ma il nome è rimasto. Le Tende di quest’anno, che vedranno in prima linea gli “AVSI point” gestiti dai nostri volontari, hanno come titolo “Giòcati con noi. Generazioni nuove, protagoniste del mondo”: sono un invito a lasciarci coinvolgere da una solidarietà concreta che possa trascinare tutti, dagli estremi confini del mondo fino a noi. Nell’edizione dell’anno scorso sono stati organizzati 1.200 eventi che hanno “intercettato” 450 mila persone, e non solo. Anche scuole e imprese ci guardano con interesse, sia per sponsorizzare progetti che per iniziative di volontariato d’impresa per i loro dipendenti».

C’è qualcosa che vi contraddistingue, rispetto ad altre realtà simili alla vostra?
«Il metodo ci differenzia. Uno dei nostri punti cardine è partire dalla persona. Ogni progetto parte dai bisogni dell’altro, che va innanzitutto aiutato a recuperare la consapevolezza del suo valore. Altro aspetto è che la persona deve essere considerata nel suo contesto: se penso al nostro progetto di sostegno a distanza, solo aiutando il bambino e la sua famiglia nel loro contesto specifico potremo generare uno sviluppo e un cambiamento. Vorrei anche sottolineare che noi lavoriamo insieme con i beneficiari, li accompagniamo ma ci lasciamo anche accompagnare: siamo tutti sotto lo stesso cielo, non siamo “migliori” di chi aiutiamo. Altro punto di forza è il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: è un metodo complicato e difficile, che richiede più impegno ma porta frutto. Dobbiamo sempre domandarci se quello che facciamo è veramente utile per le persone che aiutiamo».

Per la sua esperienza, che rapporto c’è tra fede, educazione e carità?
«AVSI nasce nel contesto di una realtà cattolica, grazie all’esperienza di alcune persone che si sono mosse inizialmente per aiutare i loro amici andati in missione all’estero. Oggi AVSI è cresciuta, opera in 32 Paesi e gestisce moltissimi progetti. Ma il collegamento con quell’origine non è andato perduto: a noi continua a stare a cuore la persona, il suo desiderio di felicità e la sua speranza… perché anche noi siamo fatti così! La campagna dice: “Giòcati con noi”. Ecco, chi ha dato tempo e denaro, chi ha lavorato con AVSI ha sperimentato un cambiamento di sé. Non ci basta aprire il portafoglio: vogliamo che la carità investa la nostra vita e ci educhi a uno sguardo diverso, su di noi e sugli altri. Solo questo “giocarsi” può dare vita a “generazioni nuove, protagoniste del mondo”».