Ong e crisi migranti, serve una svolta: l’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo scenda in campo

Data 10.07.2018

Che la “macchina” nuova dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo sia stata messa in strada, che abbia superato i test, che il primo lavoro prodotto sia buono: sono tutti fatti evidenti, riconosciuti e apprezzati. Ma non ci bastano.

Le ong vogliono di più. Soprattutto ora che sono al centro di un attacco inedito per le modalità, la violenza, l’uso a scopo elettorale. E paradossalmente proprio quando l’attualità ci documenta che cresce la domanda di competenze nel settore e c’è bisogno di chi sappia realizzare progetti ad alto impatto per affrontare le crisi che investono i più vulnerabili, con ricadute su tutta la società.

Quindi guardiamo con favore al prossimo concorso pubblico, fissato dopo tanti solleciti, necessario ad assumere nuovo personale preparato per l’Agenzia stessa; auspichiamo che si confermi l’aumento graduale dei fondi destinati alla cooperazione, che si intensifichino le sinergie tra Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e Cassa Depositi e Prestiti, come previsto dalla legge. Se non si assestano e consolidano questi aspetti, rischia di crollare tutto il palco, e pure in tempi brevi.

Perciò l’Agenzia dovrebbe farsi promotrice instancabile di innovazione cioè incoraggiare, trovando strumenti nuovi, il lavoro comune di soggetti diversi come imprese, ong, enti locali. Cooperative e centri di ricerca. Lavorare insieme è difficile, ma l’azione di un ente super partes può aiutare a superare le barriere e diffidenze reciproche. Soprattutto se parte da un piano operativo, concreto, come proprio di un ente non politico. Basti pensare alla questione migrazioni: il know how delle ong su questo è sterminato lungo tutto il percorso che compiono i migranti dai paesi di origine, a quelli di transito fino a quelli di arrivo. Ma serve chi sappia metterlo a patrimonio per tutti, lo tuteli e difenda dagli attacchi, lo valorizzi con azioni mirate.

Così facendo l’Agenza favorirebbe una nuova narrativa della cooperazione e la restituirebbe all’opinione pubblica ripulita dal troppo fango che le è arrivato addosso negli ultimi tempi.