di Antonietta Nembri - Vita
La devastazione dopo il ciclone Idai è immane. Alcuni distretti non sono ancora stati raggiunti. Si attende il ritiro delle acque. «La nostra prima preoccupazione sono i minori», racconta Martina Zavagli di Avsi raggiunta a Beira. «Appena le condizioni lo permetteranno inizieremo a distribuire cibo e sistemi di depurazione», spiega Pietro Fiore, Security Advisor di Cesvi. Nel frattempo Msf denuncia i primi casi sospetti di colera.
Il bilancio dei morti dopo il passaggio dei ciclone Idai che ha devastato Mozambico, Malawi e Zimbabwe, continua ad alzarsi. Nella nazione più colpita il Mozambico sono 1,85 milioni – di cui un milione sono bambini – le persone che hanno un disperato bisogno di aiuto. «L'enorme portata della devastazione causata dal ciclone Idai sta diventando sempre più chiara», ha detto il direttore generale dell'Unicef Henrietta Fore, che ha effettuato una missione a Beira, devastata dalla tempesta, in Mozambico, la scorsa settimana. «Le vite di milioni di bambini e famiglie sono in gioco, e abbiamo urgente bisogno di organizzare una risposta umanitaria rapida ed efficace in tutti e tre i Paesi.
C'è anche molto poco tempo per prevenire la diffusione di malattie quali il colera. È di ieri l’aggiornamento di Medici senza frontiere che denuncia circa 200 casi sospetti al giorno trattati «Il ciclone ha distrutto la rete idrica e le persone sono costrette a bere acqua da pozzi contaminati o addirittura l’acqua stagnante ai lati delle strade. Nelle strutture sanitarie supportate da Msf sono arrivate centinaia di pazienti colpiti da diarrea acquosa acuta in pochi giorni» dichiara Anja Borojevic, esperta di potabilizzazione dell’acqua di Msf impegnata nell’emergenza.
Man mano che le acque si ritirano la conta dei danni si aggrava: oltre 91mila le case distrutte o gravemente danneggiate e 500mila ettari di terreno agricolo sono andati persi.
«Siamo arrivati da un paio di giorni a Beira (una delle città più colpite – ndr.), la situazione è ancora caotica», racconta Martina Zavagli, capo missione AVSI in Mozambico, raggiunta nella città città devastata.
La nostra prima azione, in coordinamento con l’organizzazione delle Nazioni Unite è rivolta ai minori. Ci stiamo muovendo da un accomodation center a un altro per cercare di capire se i bambini sono accompagnati, se per caso i genitori sono in un altro centro o se sono scomparsi
Martina Zavagli, capo missione AVSI in Mozambico
Le persone sfuggite alla furia delle acque si sono rifugiate in chiese e scuole «in alcuni luoghi ci sono centinaia di persone in altre da 2 a 3mila. La nostra preoccupazione al momento sono i bambini e la loro protezione. Stiamo organizzando attività specifiche e dando un primo supporto psicologico». Il team emergenza di AVSI al momento è solo a Beira, «molti distretti sono ancora allagati e finché le acque non si saranno completamente ritirate non si può quantificare il danno reale e anche la situazione degli sfollati è in movimento», continua Zavagli. «Le persone che prima si erano rifugiate in città adesso cercano di ritornare nelle loro comunità». Mentre non mancano le persone che dalle campagne devastate si muovono ora verso la città per trovare cibo e aiuti.
A Beira dove quasi il 90% della città ha subito danni hanno sede anche gli uffici di Cesvi che nel distretto di Nhamatanda aveva in corso dei progetti agricoli. Anche nel distretto la situazione è allarmante: sono più di 270mila le persone colpite e si contano oltre 16mila famiglie senza più una casa.
«Molte comunità sono ancora isolate: in particolare, sei zone nel distretto di Nhamatanda sono tutt’oggi inaccessibili», afferma Daniele Barbone, amministratore delegato di Cesvi. «Lo staff presente in città ci riferisce di scarsità d’acqua potabile e innalzamento dei prezzi dei beni alimentari e di prima necessità fino al 300%. Servono cibo, vestiti, assistenza sanitaria e ricoveri temporanei per gli sfollati. I nostri interventi agricoli sono stati spazzati via dal ciclone, ma non ci arrendiamo: siamo in prima linea e rinnoviamo il nostro appello chiedendo a tutti di aiutarci ad aiutare la popolazione del Mozambico».
Da Beira, Pietro Fiore, Security Advisor di Cesvi sottolinea che si stanno raccogliendo informazioni dettagliate sulle necessità prioritarie «così da organizzare le prime distribuzioni di kit igienico-sanitari, zanzariere e teli per ripararsi per circa mille persone già dalle prossime ore. Sorvolando la zona per raggiungere Beira, i segni del ciclone sono evidenti: i terreni sono allagati, le perdite dal punto di vista agricolo sono devastanti. Le persone però hanno voglia di reagire e questo è un ottimo segnale, pur nell’estrema gravità della situazione».
«Ci vorranno anni perché il Mozambico possa riprendersi», osserva ancora la capo missione di AVSI. «soprattutto nei distretti dove si stima che l’80% delle costruzioni sia andato distrutto. Gli slum sono stati quasi rasi al suolo. Ora occorrerà capire che cosa è rimasto e da lì ripartire per costuire, per agire». AVSI è presente in Mozambico dagli anni ’90 e per questo, continua Zavagli «proveremo a muoverci anche per contrastare il rischio della malnutrizione. Perché se è vero che Beira sta tornando agibile, i prezzi sono aumentati mentre i raccolti sono andati perduti».