La Sierra Leone è un paese ricco di risorse minerarie, di sorgenti d'acqua e di terreni fertili che, se coltivati, permetterebbero raccolti diversificati come caffè, cacao, tabacco e arachidi.
Eppure, più del 70% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà e i tassi di mortalità infantile e materna sono alti. La gente comune non ha accesso ai servizi di base, come acqua corrente, elettricità, servizi igenici... Nonostante l'attuale stabilità politica e i continui aiuti umanitari, il Paese non è ancora riuscito a risollevarsi dalla depressione dovuta alla lunga e terribile guerra civile (1991-2002) di cui i bambini sono stati le vittime principali.
In questo contesto il programma del Sostegno a Distanza (SAD) iniziò ad operare nel 2003, in appoggio al Family Homes Movement (FHM), una ONG nata a Bumbuna nel 1985 per opera del padre saveriano Giuseppe Berton. Il movimento delle case famiglia ha avuto fin dal principio lo scopo di accogliere in un contesto famigliare i ragazzi di strada e vittime della guerra fornendo loro cibo, vestiario ed educazione.
Frutto di questa grandiosa opera è la Holy Family School di Mayenkineh, un sobborgo poco fuori Freetown, nata per rispondere all'esigenza educativa dell'immediato dopoguerra. La scuola è sostenuta dal SAD e frequentata da bambini e ragazzi appartenenti a diverse etnie, cristiani e musulmani. A tutti viene fatta la stessa proposta, come recita la scritta dipinta all'ingresso della scuola: “Educare ut Liberare”. L'educazione per questi bambini è la strada verso la libertà, per crescere coscienti di sé stessi e del proprio valore come esseri umani e per non rimanere schiacciati dalle consuetudini e credenze tribali o dagli schematismi sociali.
Degli 850 bambini inseriti nel programma del SAD in Sierra Leone, molti risiedono nell'area di Mayenkineh e frequentano uno dei cicli della scuola Holy Family: materna, primaria e secondaria.
La scuola rappresenta per loro un'occasione, spesso l'unica possibile, per avere non solo un futuro ma anche un presente diverso, meno disperato.
Le famiglie sono numerose, da 6 fino a 20 persone che spesso abitano in una sola stanza non provvista di mobili come sedie, tavoli o letti. Molti bambini non vivono insieme ai genitori biologici per i più diversi motivi e vengono quindi affidati ad un'altra famiglia di cui prendono il cognome. Qui non vengono trattati come figli, ma piuttosto come servi, costretti a sbrigare alcune pesanti faccende domestiche.
Per loro la scuola è un'occasione grandiosa, come ci racconta Hawanatu, una bimba di 11 anni.
“Ogni mattina io e mia sorella Fanta camminiamo circa un'ora per raggiungere la scuola che si trova in cima alla collina, ma lo facciamo volentieri perché siamo contente di incontrare i nostri amici e di imparare nuove cose seguendo le lezioni. Mi sento fortunata perché ho qualcuno in Italia che pensa a me, che vuole aiutare me e la mia famiglia, che mi vuole bene. Anche se sono così lontana, questa amicizia la sento vicina perché la vedo nella compagnia degli assistenti sociali e delle persone che lavorano nel Sostegno a Distanza qui a scuola. Quando lo scorso anno la mia mamma se n'è andata lontano da casa per cercare assistenza e un lavoro, ero sola e spaventata. Avevo smesso di frequentare la scuola per poter stare a casa ad accudire la mia sorellina. John (Rogers, responsabile SAD in loco) e gli amici del Sostegno non vedendomi a scuola sono venuti a trovarmi a casa, hanno parlato con mia madre e l'hanno convinta a tornare. Nonostante le difficoltà economiche, grazie a loro posso continuare la scuola e non mi sento più sola perché so di poter contare sulla compagnia di veri amici. Grazie perché mi fate sentire speciale!”
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