Il panama è un cappello di paglia da uomo celebre in tutto il mondo, reso un’icona dagli scatti storici di Roosevelt e Hemingway. Oggi è diffuso dappertutto, ma ha una particolarità: non ha nulla a che vedere con lo stato del centramerica, il panama è da sempre prodotto in Ecuador. Si chiama sombrero di paja toquilla, dal nome della palma da cui si ricava la paglia, ed è frutto di un processo complesso e di una tradizione artigiana secolare che si trasmette da generazione in generazione. Tanto da spingere anche l’Unesco, nel 2012, a inserirlo nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità.
Oggi, però, la comunità di artigiani di Picoaza e Rosette, due pueblos nei dintorni di Portoviejo dove la tradizione del panama è più radicata, denuncia tutte le difficoltà di produzione dopo il terremoto che ha colpito l’Ecuador nel 2016. “Continuiamo a lavorare la paglia, ma non abbiamo più i macchinari necessari a realizzare le finiture”, spiega Margarita García, presidente di un’associazione di produttori nata oltre 60 anni fa a Picoaza. “Siamo costretti, così, a vendere i cappelli non finiti, a prezzi molto più bassi. Gran parte dei guadagni, dunque, finisce agli intermediari e lontano dalle zone di produzione”.
Per preservare la produzione del sombrero di paja toquilla, e più in generale per rafforzare tutti settori della società civile in difficoltà dopo il sisma, è nato a Portoviejo il progetto “Tejiendo redes”, realizzato da AVSI e la ong spagnola Cesal grazie a fondi dell’Unione Europea.
“L’obiettivo è quello sostenere le famiglie più colpite dal terremonto", spiega Sara Holtz, responsabile AVSI in Ecuador. "Proveremo a farlo con azioni volte al rafforzamento della società civile nei settori agricolo, commerciale e artigianale, con la formazione e attraverso il reinserimento lavorativo. Parallelamente, lavoreremeo per migliorare anche le infrastrutture di base, come il sistema fognario, la pavimentazione e l’illuminazione delle strade”.