Iraq, l’isola italiana della buona sanità in mezzo alla guerra

Data 20.05.2017

ROMA - Due buone notizie arrivano dal Kurdistan iracheno. La prima è che c’è oggi qualche speranza in più per tutte le persone che hanno bisogno di un trapianto di midollo. La seconda è che questa speranza in più esiste grazie all’intervento del governo italiano che, tramite l’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) ha stanziato fondi per appoggiare l’Hiwa Cancer Hospital di Sulaymanyya, dal punto di vista delle attrezzature mediche, ma soprattutto del know how, inviando medici italiani, luminari nel settore dei trapianti di midollo.

Doppi tassi di malattia. Nel Kurdistan iracheno la talassemia è quasi il doppio rispetto alla media del resto del mondo: questo accade per motivi genetici (soprattutto per matrimoni tra consanguinei). Poiché fino allo scorso anno in tutto il Paese non esisteva un ospedale per il trapianto di midollo, “molte famiglie – spiega a Repubblica.it-Mondo Solidale Edoardo Tagliani, responsabile dei progetti in Medio Oriente per AVSI - tentavano di far curare i bambini all’estero, in particolare in India e in Turchia, dove un intervento costa tra i 50 e i 60mila dollari, cifre assurde per il 99 per cento della popolazione”. Dallo scorso anno, l’Hiwa Cancer Hospital di Sulaymanyya, centro medico pubblico e gratuito, specializzato in oncologia e oncologia infantile, è diventato l’unico ospedale del Paese in grado di trattare i casi più gravi di leucemia e talassemia, tramite trapianto midollare. Per aiutare l’ospedale, che si trova nel Governatorato di Sulaymaniyyah, AVSI e il Governo Italiano hanno messo in piedi un progetto davvero importante per curare, in dieci mesi, almeno 100 bambini con problemi oncoematologici e per dare supporto a chi lavora per la diagnosi e la cura delle leucemia.

L’accesso alle cure mediche. La situazione è peggiorata con il conflitto. E’ un momento non facile per la Regione Autonoma del Kurdistan: nel Governatorato di Sulaymaniyyah sono ospitati quasi 200 mila sfollati interni, scappati dalla guerra. Le milizie Daesh sono presenti in alcune zone del territorio e l’esercito iracheno, insieme con le truppe Peshmerga, è quotidianamente impegnato in azioni belliche per liberare le città e i villaggi occupati. Oggi, l’Hiwa Hospital apre ogni giorno le sue porte a circa 400 pazienti, dei quali un terzo sono sfollati: intere famiglie che vivono in campi organizzati o che hanno trovato rifugi di fortuna in zona urbana e che hanno nell’Hiwa una delle poche possibilità di cure gratuite. Spiega Tagliani: “Ci sono diversi metodi di cura: oltre al trapianto si può agire con le chemioterapie, ma la guerra e l’enorme numero di sfollati interni ha fatto perdere alle persone l’accesso alle cure mediche che normalmente avevano nelle loro città di origine”.

Il progetto. Nonostante la guerra e gli investimenti in operazioni militari, abbiano sensibilmente ridotto il budget statale disponibile, il Governo Regionale Curdo e il governo centrale di Baghdad hanno messo la parte hard dei finanziamenti, proprio perché riconoscono la valenza internazionale del progetto. A febbraio è entrato in gioco il Governo italiano che ha firmato con la fondazione AVSI un supporto soft dal punto di vista finanziario (circa 270 mila euro) ma che impegna tanto know how. “Il nostro ruolo è portare qui le competenze: il governo locale mette le spese strutturali, l’Italia il savoir faire”, sintetizza Tagliani. L’inaugurazione ufficiale è avvenuta il 10 maggio con una visita della nuova console Italiana nel Kurdistan iracheno, Serena Muroni, assieme ad una delegazione dell’AICS di Beirut, con il direttore Gianandrea Sandri, le autorità sanitarie del Kurdistan e numerosi media locali.

I medici italiani. Stanno facendo un lavoro encomiabile: arrivano da diversi ospedali e fondazioni e sono specializzati in oncologia infantile, oncoematologia e trapianti del midollo osseo. Da un anno stanno affiancando il team di chirurghi, infermieri e tecnici curdi per trasmettere loro le conoscenze e le competenze necessarie per la diagnosi e la cura di leucemie e talassemie. Racconta Edoardo tagliani “Sono fiori all’occhiello nel trapianto midollare ed accettano di passare un periodo di aspettativa non pagata in una zona di conflitto per insegnare ai curdi come salvare la pelle ai bambini”. I quattro motori dell’equipe medica sono il coordinatore del progetto, il professor Valentino Conter, la dottoressa Marta Verna, il dottor Attilio Rovelli ed il professore Ignazio Maiolino, coadiuvati da una sfilza di infermieri e tecnici di laboratorio italiani che insegnano ai tecnici iracheni come fare bene le diagnosi. “L’obiettivo – dice Edoardo Tagliani - è sviluppare un centro di eccellenza in una delle zone più improbabili al mondo. La sfida è dare una possibilità di accesso a questo tipo di cure in una zona di guerra”. I pazienti trapiantati sono già 32 e l’Hiwa Cancer Hospital ha stilato un fitto calendario di operazioni sino al prossimo dicembre.

Oltre l’emergenza. Il progetto si sviluppa nell’arco di dieci mesi: siamo nel quadro dei fondi di emergenza. Ma non può fermarsi: nelle zone di guerra non esistono solo i feriti a causa del conflitto, ma anche tutti gli altri malati che perdono l’accesso a quelle che sono le cure normali. Hanno bisogno di aiuto anche loro. “Sarebbe un enorme errore – sottolinea il responsabile AVSI dei progetti in Medio Oriente- curare solo le patologie legate alla guerra e dimenticare tutte le altre patologie mortali. Il senso del progetto è più ampio: più il conflitto è cronico e più bisogna imparare a creare una sorta di normalità, anche in tempo di guerra”.