estratti dai reportage di Laura Silvia Battaglia
Nazik Tawfeek Aboosh immerge le braccia vigorose nella pentola ancora solo tiepida. Il latte è pronto per l’aggiunta del caglio. Intorno a lei una ventina di altre donne di tutte le età le fanno corona per imparare. Fanno tutte parte dell’Associazione per la produzione delle donne di Qaraqosh (WPAQ) sostenuta dal progetto “A virtuous production cycle to relaunch a city and its economic fabric for IDPs and returnees to the Nineveh Plains” finanziato dal Fondo americano per i rifugiati (PRM) e implementato da Fondazione AVSI.
Le donne di Qaraqosh, cittadina nella piana di Ninive a pochi chilometri da Mosul occupata dallo Stato islamico fino al 2016, stanno coltivando la speranza di ricominciare da capo. Una nuova vita, che parte con i piccoli gesti quotidiani e la possibilità di auto-sostenersi e sostenere le famiglie. «Riceviamo dei training da donne più esperte come Nazik: impariamo a fare i dolci, il formaggio e una serie di prodotti alimentari non solo per le nostre famiglie ma per iniziare un business più ampio: vogliamo e dobbiamo lavorare» dice Mona Samir, associata del WPAQ.
A Qaraqosh gli sfollati stanno lentamente rientrando. Sono in totale 26 mila, a fronte di una popolazione che contava in città più di 40 mila persone, in maggioranza cristiani, con una piccola percentuale di musulmani di diversa confessione (sunniti e sciiti) e di un piccolo gruppo di persone delle minoranze shabak e kakai. Sami Suleiman Said è uno di questi ed è riuscito a riprendere la sua attività di allevatore di vitelle e bufale: «Quando siamo tornati non c’era più nulla: campi bruciati, azienda distrutta, ci avevano rubato anche il trattore. A poco a poco, stiamo rioccupando la terra che ci spetta e non vediamo l’ora di fare un po’ di utili».
Come Sami Suleiman Said anche Emad Aziz è uno dei tanti sfollati che ha fatto ritorno nella Piana di Ninive. «Ho trasformato questo pezzo di terra nell’Eden che sognavo: adesso ho ulivi e alberi da frutto, dalle pesche alle mele, dai melograni ai pistacchi. Amo la mia terra – si apre in un sorriso – non potrebbe essere diversamente, altrimenti non sarei mai più ritornato qui, non avrei mai più scommesso su un futuro possibile».
In totale, le aziende agricole coinvolte in questo progetto da 3,1 milioni di dollari di finanziamenti sono 101; i lavoratori coinvolti 3.262. Non sono solo agricoltori, ma anche pastori, allevatori e produttori di formaggio di capra.
La piana di Ninive è stata il granaio dell’Iraq per secoli e ha sempre fornito buona parte del fabbisogno agricolo, non solo al nord del Paese ma a tutto l’Iraq. Se uno degli obiettivi, anche dei locali, è ripopolare le zone devastate dall’Isis, non è possibile farlo se non si fa ripartire tutta l’attività agricola della quale la zona ha sempre rappresentato l’eccellenza.
Daniele Mazzone, Deputy Country Representative AVSI Iraq
«Per far ritornare nella piana di Ninive i cristiani iracheni, bisogna creare opportunità di lavoro» afferma il sindaco Isam Binham Daboul. Per questo motivo su iniziativa della municipalità e della diocesi sono state mappate le case di Qaraqosh e in seguito le aziende agricole e semi-industriali, sono stati trovati dei donatori e gli agricoltori sono stati incoraggiati a riprendere la loro attività.
Nel 2019 sono state ricostruite 83 aziende agricole, superando gli obiettivi fissati per il primo anno di progetto. L'obiettivo di AVSI per il 2020 sarà quello di formare gli agricoltori sul tema della sicurezza alimentare e di ricostruire altre 20 strutture.
Rassegna Stampa
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La ricostruzione di Mosul - Rai Tg3 Agenda del mondo
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Il ritorno dei cristiani nella Piana di Ninive - Rivista Credere