In Congo, dove Vita significa Guerra

Data 03.06.2015
AVSI @Karole Di Tommaso

Siamo stati a Masisi per raccontare cosa significhi crescere in una terra martoriata dalla guerra, dove i bambini arrossiscono quando gli viene chiesto cosa pensano del loro futuro.

Un bue corre verso di noi, almeno cento bambini si gettano ai margini del viottolo che stiamo percorrendo per raggiungere il villaggio. Due ragazzi con una fune lo rincorrono ma lui è più veloce. Siamo a Masisi, Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo.

La stagione delle piogge è al termine ma il terreno è fangoso e difficile da percorrere, due bambine mi prendono la mano per aiutarmi a mantenere l'equilibrio e non scivolare, sono bianca,così bianca che non riescono a togliermi gli occhi di dosso. Un altro, avrà tre anni, mi osserva da dietro un cespuglio e mentre mi avvicino cercando di sorridere scoppia a piangere terrorizzato.

BARAKA E IL SOGNO DI AVERE UNA SCUOLA
Tra loro c'è Baraka, dieci anni, occhi dolci, viso delicato, a differenza di molti suoi coetanei lei va a scuola, frequenta la quarta classe della scuola primaria del villaggio di Kinyiumba, dove l'organizzazione non governativa Avsi ha realizzato insieme al servizio di aiuto umanitario e di protezione civile della Commissione Europea (ECHO), il progetto PEPINIERE, inserito all'interno delle iniziative legate a «Les enfants de la paix», sostenute utilizzando i fondi ottenuti con la consegna del premio Nobel per la Pace nel 2012.

Qui, andare a scuola non significa semplicemente imparare a leggere e scrivere, per una bambina come Baraka  significa non essere violentata in mezzo ai campi dai militari dove i bambini lavorano diverse ore,  significa non essere reclutata dai gruppi armati, significa avere insegnanti di cui potersi fidare, significa non restare in giro sola tutto il giorno cercando di racimolare qualche spicciolo, significa acquisire coscienza di sé, pensare al proprio futuro, o almeno provarci.

IL SISTEMA SCOLASTICO CONGOLESE
Nonostante ufficialmente in Congo sia attivo  un sistema di gratuità scolastica, la maggior parte delle scuole è pagamento perché è con i contributi mensili di ogni studente che gli insegnanti formano il loro stipendio. Il governo non se ne occupa. Ecco perché, i bambini insolventi spesso vengono maltrattati o cacciati dalla classe.

QUI VITA SIGNIFICA GUERRA
Per una strana ironia della sorte in swahili la parola Vita significa Guerra. Baraka, come migliaia di bambini della zona, ha vissuto quotidianamente la guerra e lo sfollamento, la cosa più bella che decide di raccontarmi è il giorno in cui è tornata a scuola dopo la devastazione dell'ennesimo gruppo armato.

«La notte stavo male, avevo paura. I colpi da fuoco sono cominciati all'improvviso, mentre stavamo dormendo. Ci siamo svegliati e io e i miei fratelli siamo tutti corsi nella foresta, dove abbiamo passato la notte. Soltanto il giorno dopo siamo rientrati a casa ma la scuola non c'era più». Poi Avsi ha ridato a Baraka la sua normalità. «Dopo alcuni giorni sono tornata dove c'era la scuola incendiata e ho visto i lavori e laporta nella classe, un regalo bellissimo».

Sembra impossibile da capire ma dove ogni giorno ci sono scontri armati e non sei mai al sicuro, una porta significa che la scuola resterà lì, che al prossimo attacco potrai rifugiarti lì dentro, che lì forse sarai più protetta. «Qualche giorno prima ero andata davanti alla scuola sperando di trovare gli insegnanti e nel prato c'erano tantissimi corpi di persone decapitate, uccise con il machete, questo è quello che non voglio più vedere».

IL FUTURO
Quando chiediamo a Baraka come immagini il suo futurosgrana gli occhi e sorride imbarazzata, forse è la prima volta che ci pensa e l'unica cosa che risponde è che spera di non vedere più corpi senza vita intorno a lei, morte e sangue. Vuole terminare gli studi e permettere anche ai suoi fratelli di andare a scuola, la mamma è morta durante gli scontri e adesso è lei a prendersi cura di loro. Ha dieci anni ma adesso è lei la donna di casa.