Follow the Money 2: lo speciale de La Stampa sulla cooperazione

Data 04.01.2015
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Il quotidiano lancia dal 12 gennaio il nuovo speciale di data-journalism. Sei reportage per raccontare la cooperazione e un simulatore multimediale per decidere come spendere gli aiuti pubblici per lo sviluppo. Tra i servizi realizzati, un'intervista racconta il lavoro di AVSI ad Haiti a cinque anni dal terremoto e il nostro impegno in Myanmar per la sicurezza alimentare degli IDP del Kachin.

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Roberto Giovannini da La Stampa.it

Lo scorso anno abbiamo realizzato uno speciale, Follow the Money, con un software per visualizzare come l'Italia ha speso gli oltre 2.639 milioni di euro versati in aiuti pubblici allo sviluppo, ovvero lo 0,13% del nostro Prodotto interno lordo. Quest'anno La Stampa propone un nuovo speciale, Follow the Money 2: e vorremmo capire come voi lettori vorreste vedere impiegati queste risorse. Lo faremo grazie ad un simulatore realizzato insieme a un team di data-journalists, un sistema multimediale che permetterà a ognuno di voi di stabilire in quali settori investire (salute materna, ambiente, lotta alla povertà, istruzione, e così via). Siete voi a decidere. Noi raccoglieremo le vostre proposte e indicazioni per 3 mesi; poi porteremo questi dati all'attenzione del Ministero degli Esteri, per commentarli insieme e portare la voce dei lettori (e quindi dei cittadini) all'attenzione del governo.

Il tema cooperazione rimane di grande rilievo, nonostante sia poco seguito dai mezzi di informazione. Il governo italiano ha varato da pochi mesi una riforma, inaugurando un'agenzia per la cooperazione e lo sviluppo. Ha cambiato persino nome: da MAE (Ministero Affari Esteri) oggi si chiama MAECI (Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale). Si capisce dunque come la cooperazione allo sviluppo sia molto di più di un “aiuto per i poveri”, com'era negli anni Ottanta, ma sia diventato uno strumento politico e diplomatico. E non solo: per gli addetti ai lavori il potenziamento della cooperazione diviene una strategia per limitare fenomeni migratori, per creare opportunità di sviluppo nei paesi dell'area mediterranea, per accelerare lo sviluppo sostenibile e la resilienza al cambiamento climatico. La cooperazione è uno strumento per garantire sviluppo nei paesi più poveri e allo stesso tempo garantire lo sviluppo del nostro paese, lontano da razzismo e isolazionismo internazionale.

Nel 2015 si chiudono i tre lustri degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite. Quasi un miliardo di persone sono uscite dalla povertà, e c'è stata una riduzione sostanziale della mortalità infantile. Eppure ancora 1,2 miliardi di persone vivono al di sotto dei standard minimi di qualità della vita; la mortalità materna non accenna a diminuire; la distruzione ambientale e le crisi idriche sono in aumento. Il clima del pianeta sta cambiando e con esso mutano le sfide dello sviluppo.

L'Italia vorrebbe raggiungere una quota pari allo 0,31% del Pil per gli aiuti allo sviluppo, e giocare un ruolo centrale nell'area mediterranea e sub-sahariana, dove sta concentrando sempre di più il lavoro di Cooperazione internazionale. Un'area dove il tema sviluppo sostenibile, immigrazione, democrazia, ambiente, agricoltura e sicurezza alimentare sono fortemente interlacciate.

Per raccontarvi come cambia la cooperazione La Stampa vi porta in giro per il mondo con 6 reportages speciali, in uscita ogni due settimane, per raccontare dove operano le istituzioni e le Ong italiane, chi sono i beneficiari, quali progetti finanziamo, quali sono le sfide per garantire uno sviluppo sostenibile nei paesi meno industrializzati e ricchi.

Partiamo da Haiti, forse il più emblematico dei casi di cooperazione: un paese dove si è affrontata con successo l'emergenza del terremoto del 2010, ma non si riesce a far decollare l'economia, inchiodata ai livelli del 1960. Un contesto complicato in cui operare, dove regna la corruzione e c'è una élite politica interessata ai fatti propri più che ai cittadini. Andremo poi in Myanmar, che quest'anno affronterà le prime elezioni “libere” dopo la durissima dittatura militare, una realtà dove perdurano conflitti interni e tensioni etniche. Seguirà la Palestina, che cerca disperatamente di diventare Stato, ma dove ancora si fatica a creare un sistema di sviluppo sano in grado di generare lavoro e ricchezza. Poi seguirà il Marocco, dove lontano dai grandi centri urbani perdura una situazione di povertà e instabilità; l'Albania, dove si cerca di lanciare il turismo e un'agricoltura di qualità per lanciare un paese che è Europa, ma vive con livelli di Pil pro-capite lontanissimi dagli standard nostrani. Sempre e comunque Follow(ing) the Money.

Il progetto è stato realizzato con il contributo di un grant della European Journalism Foundation – Bill e Melinda Gates Foundation, e con il supporto tecnico di Ethiopian Airlines e Apple.