DAL SUSSIDARIO: CHIARA, la dottoressa di AVSI che cura i malati di colera da Suor Marcella in Haiti

Data 05.09.2011
Avsihaitidiariochiara
Diario di Chiara Mezzalira, medico AVSI in Haiti che dopo aver seguito, con diverse missioni, i programmi sanitari per mamme e bambini per gli sfollati di Port-au-Prince, è volata nuovamente in Haiti, nel centro sanitario di Suor Marcella, per rispondere all'emergenza colera. Port-au-prince, Haiti, 29 Novembre 2010

Carissimi tutti,
siamo stati qualche giorno senza internet, ma sopratutto senza il tempo materiale di aprire il computer quindi non mi sono fatta viva. E arrivato Omero Grava, amico dai tempi dell'università, a darci una mano, quindi un grande sollievo anche perche si può scambiare un'idea e un conforto.
Forse il numero dei malati sta un pò diminuendo, ma arrivano ancora gravi. L'altro giorno mi sono commossa pensando a Madre Teresa, quando mi hanno chiamato per andare a prendere un uomo per la strada. L'infermiera di MSF con il loro autista sono stati molto bravi, subito non si capiva se era vivo o morto, poi lo abbiamo portato in ospedale, mentre sedevo vicino a lui prendendo il polso pensavo se sarei stata capace come Madre Teresa di lavarlo e pulirlo. Messo a letto e in flebo, si è un po' ripreso e ha detto: Mesì. Che in creolo significa “grazie”.

Si fa quello che si puo'. Le infermiere haitiane vanno formate, c'è anche ci si sente di imparare e anche di accudire ai malati (vomiti e diarree continue) che non è la cosa più facile. Dopo ogni vomito si sente chaimare: depusson!, non so come si scrive, all'inizio pensavo fosse il nome di una persona, invece è il disinfettatore che arriva con la pompa come quella per le piante, per decontaminare il secchio. Dovreste vedere i poveri ragazzi che lo fanno, fortunatamente hanno un certo humor!

Ieri ho fatto la mia prima notte, perche non c'era nessuno, così tra i malati mi sono goduta anche la luna e il fresco del mare. Chiaramente non ho dormito, ma durante la notte c'è sempre un rapporto diverso con la gente sia malati che pazienti. Sono riuscita verso mezzogiorno ad andare a casa; ho lasciato Omero che se la cava bene, io con un gran mal di testa, ma stare un po' a casa fa bene.

Siccome Worf Jeremie è uno dei pochi posti dove a Port-au-Prince c'e il colera, c'e un gran via vai di giornalisti, fotografi, ong che vengono e vanno. Suor Marcella era andata a dormire, ieri pomeriggio e mi ha lasciato il suo telefono per rispondere, cosi e capitata a me l'intervista di un quotidiano che volevano fare a lei. Noi sul lavoro però seguiamo i malati, lasciamo Marcella alle prese con i "curiosi" , sono molto quelli che aiutano come una signora americana che ci ha portato un po' di casse di acqua con le bottigliette piccole che diamo ad ogni paziente e non bastano mai.

Vi abbraccio tutti. Un bacio a papà.

Chiara

30 Novembre 2010

Abbiamo chiesto a Suor Marcella se sapeva cosa volesse dire "depusson" quello che le infermiere chiamano gridando ad ogni scarica o vomito del malato per la decontaminazione ed abbiamo scoperto che vuol dire : deux per cent (2 %) cioe la diluizone di clorina per tale scopo, perchè poi c'è la concentrazione allo 0,5% per i letti e 0,02% per le mani e per ogni concentrazione c'è il suo operatore addetto! Di notte mi sono sognata depusson e mi sono svegliata ridendo!!!

I malati stanno un po' diminuendo, quindi stiamo disinfettando una alla volta le stanze e i letti, ma arrivano ancora dei ragazzotti molto gravi che sembrano morti e il giorno dopo risorti e anche bambini piccoli con cui si lotta per trovare le vene.
Ieri, approffitando di una certa e della presenza di Omero sono andata a fare un giro a piedi a vedere i bambini mangiare nella mensa e tra le nuove case. Bello, ma quanto ancora da fare, soprattutto nel ricostruire l'umano, bimbi di pochi mesi abbandonati alle nonne che mangiano omogeneizzati invece di favorire l'allattamento al seno, anche per sottolineare quel gesto materno e di affetto che genera l'uomo fin dalla nascita , o altri che invece di dormire nudi sulla terra sono sul cemento del piccolo porticato di ogni casa.

Il posto, come dice Omero, potrebbe essere bellissimo, fresco sul mare, (siamo ai Caraibi), ma tutto intorno discariche invece che spiaggia. Sempre approfittando di Omero sono andata ad accompagnare con uno dei ragazzi di Marcella, a casa col taptap (famoso taxi camioncino tutto colorito) il nostro vecchietto preso sulla strada l'altro giorno, che dopo una settimana stava meglio, per essere sicura che vi arrivasse e che ci fosse qualcuno. Abita in una casa discreta e c'erano due signore (forse le figlie) che lo tenevano sulla porta, ho persino dovuto dire che non era colera, per paura che non lo facessero entrare, forse si sono spaventate di me bianca, ma poi sono state cordiali, lui ha ringraziato ancora moltissimo.

Aspettiamo i medici infettivologi dell'ospedale Sacco di Milano, poi vediamo come organizzare turni e passare le consegne e come metterci a dormire. Prevediamo 3 brandine in più nel soggiorno. Penso che Omero ed io ci traferiremo negli appartamenti di AVSI, che purtroppo sono lontani da questo quartiere. Speriamo si adattino, anche loro come abbiamo fatto tutti noi. Omero lava i pazienti, insegna alle infermiere un po' di "nursing" cioè di cura del malato. Sono cose semplici, ma solo la carità cristiana di un san camillo o Moscati sono capaci di fare senza essere sindacalisti. Mi commuovo quando qualcuna delle infermiere viene dietro e fa insieme.
Spesso ci chiediamo cosa serva tutto questo, ma la nostra coscienza che Lui viene, attraverso la nostra misera pelle, ci fa stare qui con umiltà e letizia.

Un abbraccio
Chiara

2 dicembre 2010

Carissimi tutti,

siamo stati qualche giorno senza internet, ma sopratutto senza il tempo materiale di aprire il computer quindi non mi sono fatta viva.È arrivato Omero Grava, amico dai tempi dell'università, a darci una mano, quindi un grande sollievo anche perché si può scambiare un'idea e un conforto. Forse il numero dei malati sta un po' diminuendo, ma arrivano ancora gravi. L'altro giorno mi sono commossa pensando a Madre Teresa, quando mi hanno chiamato per andare a prendere un uomo per la strada. L'infermiera di MSF con il loro autista sono stati molto bravi, subito non si capiva se era vivo o morto, poi lo abbiamo portato in ospedale, mentre sedevo vicino a lui prendendo il polso pensavo se sarei stata capace come Madre Teresa di lavarlo e pulirlo. Messo a letto e in flebo, si è un po' ripreso e ha detto: Mesì. Che in creolo significa “grazie”.

Si fa quello che si può. Le infermiere haitiane vanno formate, c'è anche chi si sente di imparare e di accudire i malati (vomiti e diarree continue) che non è la cosa più facile. Dopo ogni vomito si sente chiamare: depusson!, non so come si scrive, all'inizio pensavo fosse il nome di una persona, invece è il disinfettatore che arriva con la pompa come quella per le piante, per decontaminare il secchio. Dovreste vedere i poveri ragazzi che lo fanno, fortunatamente hanno un certo humour!

Ieri ho fatto la mia prima notte, perché non c'era nessuno, così tra i malati mi sono goduta anche la luna e il fresco del mare. Chiaramente non ho dormito, ma durante la notte c'è sempre un rapporto diverso con la gente, sia malati che pazienti. Sono riuscita verso mezzogiorno ad andare a casa; ho lasciato Omero che se la cava bene, io con un gran mal di testa; ma stare un po' a casa fa bene.

Siccome Worf Jeremie è uno dei pochi posti dove a Port-au-Prince c'e il colera, c'e un gran via vai di giornalisti, fotografi, Ong che vengono e vanno. Suor Marcella era andata a dormire, ieri pomeriggio, e mi ha lasciato il suo telefono per rispondere, così è capitata a me l'intervista di un quotidiano che volevano fare a lei. Noi sul lavoro però seguiamo i malati, lasciamo Marcella alle prese con i "curiosi" , sono molti quelli che aiutano, come una signora americana che ci ha portato un po' di casse di acqua con le bottigliette piccole che diamo ad ogni paziente e non bastano mai.

I malati stanno un po' diminuendo, quindi stiamo disinfettando una alla volta le stanze e i letti, ma arrivano ancora dei ragazzotti molto gravi che sembrano morti e il giorno dopo risorti e anche bambini piccoli con cui si lotta per trovare le vene.
Ieri, approfittando di una certa calma e della presenza di Omero, sono andata a fare un giro a piedi a vedere i bambini mangiare nella mensa e tra le nuove case. Bello, ma quanto ancora da fare, soprattutto nel ricostruire l'umano, bimbi di pochi mesi abbandonati alle nonne che danno loro omogeneizzati invece di favorire l'allattamento al seno, anche per sottolineare quel gesto materno e di affetto che genera l'uomo fin dalla nascita, o altri che invece di dormire nudi sulla terra sono sul cemento del piccolo porticato di ogni casa.

Il posto, come dice Omero, potrebbe essere bellissimo, fresco sul mare (siamo ai Caraibi), ma tutto intorno discariche invece che spiaggia.
Sempre approfittando di Omero sono andata ad accompagnare con uno dei ragazzi di Marcella, a casa col taptap (famoso taxi camioncino tutto colorato), il nostro vecchietto preso sulla strada l'altro giorno, che dopo una settimana stava meglio, per essere sicura che vi arrivasse e che ci fosse qualcuno. Abita in una casa discreta e c'erano due signore (forse le figlie) che lo tenevano sulla porta, ho persino dovuto dire che non era colera, per paura che non lo facessero entrare, forse si sono spaventate di me bianca, ma poi sono state cordiali, lui ha ringraziato ancora moltissimo.

Aspettiamo i medici infettivologi dell'ospedale Sacco di Milano, poi vediamo come organizzare turni e passare le consegne e come metterci a dormire. Prevediamo 3 brandine in più nel soggiorno. Penso che Omero ed io ci trasferiremo negli appartamenti di AVSI, che purtroppo sono lontani da questo quartiere. Speriamo si adattino, anche loro come abbiamo fatto tutti noi. Omero lava i pazienti, insegna alle infermiere un po' di "nursing" cioè di cura del malato. Sono cose semplici, ma solo la carità cristiana di un san Camillo o san Giuseppe Moscati sono capaci di fare senza essere sindacalisti. Mi commuovo quando qualcuna delle infermiere ci segue e fa insieme a noi.
Spesso ci chiediamo cosa serva tutto questo, ma la nostra coscienza che Lui viene, attraverso la nostra misera pelle, ci fa stare qui con umiltà e letizia.

10 dicembre 2010

Carissimi,

le giornate sono diventate un po piu tranquille con l'arrivo di due medici infettivologi ed una infermiera dell'ospedale Sacco di Milano.Così, oltre a fare i turni di giorno e di notte, riusciamo finalmente a fare anche i riposi.

Ci siamo trasferiti a Peleren, nella casa dove ero stata prima, per l'emergenza terremoto lanciata da Avsi lo scorso gennaio. La casa è sulla collina, al fresco e le case illuminate di notte sono il nostro presepe qui nei Caraibi di Haiti.

Nelle pause, per "far lavorare" un po' anche i nuovi arrivati ho approfittato per andare a conoscere le suore di madre Teresa, in un centro cui si accede attraversando un mercato, dove per far passare l'auto si devono spostare le bancarelle. Sono ospitati uomini e donne con TB, AIDS, o semplicemente anziani soli, accuditi così amorevolmente fino a fare la pedicure.

Un'attenzione che normalmente non sembra certo una priorità. Le suore qui accolgono anche bambini orfani, ce n'era uno tutto nudo spalmato di crema bianca. Io scherzando ho detto che era bianco come me, lui ha detto: "no è una malattia della pelle", infatti era pieno di scabbia, ma felice!

Poi sono andata a vedere anche il centro per colera di MSF: 400 posti letto, una decina di tendoni bianchi, super organizzato. Di malati ce ne sono, anche se non si capisce molto cosa prevedere. Aumenteranno ancora oppure no?

Domenica messa in Nunziatura con terrazza su tutta la città. Pranzetto coi fiocchi e ospiti, tutti di Avsi: Edo, Roberto, l'ingeniere di Pesaro con cui abitiamo ora, di passaggio anche Fiammetta e Gabriele, suo fratello, cui abbiamo offerto la super macedonia di frutti tropicali. Un piccolo tocco di letizia tra colera e terremoto! Per la festa dell'Immacolata i vescovi hanno preparato una preghiera in creolo alla madonna per aiutare il popolo contro il colera e l'8 dicembre Haiti è stata consacrata di nuovo alla madonna.

Vi penso molto, vi ricordo tutti. Chiara

21 dicembre 2010

Carissimi,

qui ogni giorno l'imprevisto è la regola. Dopo alcuni giorni tranquilli, in cui avevamo programmato i turni di giorno e di notte, tutto è cambiato.Come dice la preghiera che la Conferenza Episcopale Haitiana ha scritto in occasione della riconsacrazione a Maria, Madre del Pepertuo Soccorso, Patrona di Haiti, per domandare la guarigione e la liberazione dal colera “tu ci hai fatti per la vita, … noi siamo passati attraverso la prova di diversi cicloni e inondazioni che hanno distrutto il nostro paese. Dopo il dolore del terremoto del 12 gennaio, oggi è il colera che ci ha colpito. Senza il tuo soccorso noi non saremo capaci di resistere a questa prova”.

Oltre al colera, proprio il giorno dell'Immacolata, in cui sono stati annunciati i risultati delle votazioni, la situazione del paese si è aggravata per seri disordini da parte dei sostenitori del candidato escluso. Le strade bloccate da barricate di copertoni in fiamme e cassonetti della spazzatura. Ci hanno sconsigliato di muoverci per motivi di sicurezza, oltre al fatto che non si poteva passare. Abbiamo così verificato come si potesse fare per continuare a far avere la presenza dei medici e l'assistenza alla clinica di Suor Marcella, che Avsi sostiene proprio con pediatri e medicinali.

Omero e io, abitando sopra Petion Ville, il centro delle manifestazioni, siamo stati bloccati in casa, insieme agli altri di AVSI, per due giorni, mentre Gianfranco, Fosca ed Elisa, dell'ospedale Sacco di Milano, che abitano da suor Marcella, su un'altra direttiva, coraggiosamente sono partiti, con le moto degli amici di Marcella, passando le barriere e sono riusciti ad arrivare in ospedale dove hanno garantito la presenza, senza però poi spostarsi per due giorni consecutivi.

Sabato 11 dicembre, quando la situazione si è fatta piu tranquilla, al mattino presto siamo scesi Omero e io, per dare il cambio e ci siamo fermati fino a lunedì mattina, partendo prima dell'alba, perche si annuciavano nuovi disordini, che ci avrebbero impedito di attraversare la città e arrivare a casa. Che desolazione vedere le strade piene di pietre, tutte nere per il fumo delle barricate, tanto da sembrare riasfaltate di recente, i cassonetti della spazzatura rovesciati, per chiudere il passaggio. Siamo rimasti commossi al vedere che quasi tutte le infermiere sono riuscite ad arrivare, anche a piedi, per mancanza dei tap tap, gli abituali trasporti.

I malati continuano ad arrivare, anche se forse meno gravi, ma alcuni hanno più resistenza a migliorare rapidamente. Abbiamo anche una giovane mamma, con il piccolo di tre mesi a casa, abbiamo detto alla nonna di portarlo per l'allattamento a intervalli, perché era meglio per il bimbo e per la madre. Siccome sono ligi alle regole, hanno lavato le mani col disinfettante anche al piccolo! C'è sempre un gran daffare con i secchi e le disinfezioni, specie durante la notte, il vociare dei guardiani, e il rumore dei secchi dopo il richiamo a depussan (il famoso due per cento per disinfettare scariche e vomiti).

Ci si abitua a tutto, ma che compassione vedere questa umanità sofferente e nuda di fronte al “bisogno” ridotto al suo estremo. Arriva anche gente con ferite, si fa un po' tutto ed è bello pensare che questo centro è nato per un servizio alla gente che suor Marcella serve. Di notte a volte si sentono spari. Per la gente è normale. Al mattino ci dicono che erano dei ladri, che hanno rubato e ucciso tre persone, poco distante, non c'entravano con le rivolte per le elezioni.

Domenica non abbiamo avuto la messa, ma abbiamo deciso di recitare insieme ai malati la preghiera per la guarigione dal colera. Un'infermiera l'ha letta in creolo con una devozione sincera che ha creato un clima di silenzio: alcuni dei malati e dei loro parenti hanno partecipato con attenzione e hanno testimoniato la loro devozione alla Madonna, chi alzandosi in piedi di fianco alla brandina, chi facendo il segno della croce, chi smettendo di vociare. Alla fine abbiamo recitato tre Ave Maria insieme.

In questo luogo, dove è evidente la grande ferita dell'umanità, dove sembra impossibile esserci qualcosa di nuovo, bello, giusto, questo è stato un momento in cui abbiamo percepito e chiesto che da qui possa rinascere una speranza per noi e per tutti gli haitiani. Non sappiamo cosa ci aspetta nei prossimi giorni, speriamo di riuscire a dare ancora per pochi giorni una mano. Io sto rientrando in Italia. Poi Omero, e poi gli altri, Gianfranco Fosca ed Elisa.

Forse per motivi di sicurezza non sarà facile coprire altri turni di medici organizzati da AVSI dall'Italia. Vedremo. Bisogna comunque continuare a offrire, perché come dice la preghiera per la guarigione dal colera, solo tu Maria puoi sostenerci anche in questa prova. Non dimenticatevi di Haiti!