Da Avvenire di Lucia Capuzzi
"La violenza è aumentata. Abbiamo avuto quasi cinque anni di relativa calma, da quando nelle favela si è installata l'Unità di polizia di pace (Upp), nel 2010. Da gennaio, però, sono ricominciati gli scontri con gli agenti". Paola Gaggini conosce da tempo la baraccopoli di Morro dos Cabritos, situata proprio nel cuore dell'esclusivo quartiere di CopaCabana, a pochi passi dall'omonima spiaggia di Rio.
L'Ong per cui lavora, AVSI, è impegnata nella zona dal 1998, dove gestisce un doposcuola per circa 250 bimbi e adolescenti, l'unica alternativa alla strada. L'operatrice, dunque, è sensibile alle variazioni della "temperatura sociale" nella comunità. Negli ultimi mesi, questa si è surriscaldata per un insieme di fattori. L'approssimarsi delle Olimpiadi, il risentimento dei gruppi emarginati, per gli ingenti investimenti per la preparazione dell'evento in un momento di recessione, il malcontento per i casi di corruzione politica.
"Il punto è che il narcotraffico non è stato sgominato dalle favelas. E' rimasto latente, pronto a rialzare la testa nei momenti di "stress". Come questo" spiega ad Avvenire Gaggini. La polizia - inclusa l'Upp, incaricata di lavorare insieme e dentro al comunità con progetti sociali - non è disposta a concedere nuovo spazio ai gruppi criminali, proprio ora che la Cidade Maravilhosa si prepara a debuttare sulla ribalta internazionale in occasione dei giochi.
"Ci si illude di poter risolvere il problema della criminalità con la pressione. Non si va, però, al fondo della questione. Il Brasile continua a non investire abbastanza nell'educazione. I bambini fanno poche ore di scuola e il resto del tempo, nelle favelas, stanno in giro, a contatto con le gang. Fin quando non si toglieranno i minori dalla strada, i narcos continueranno a fare proseliti".