Born FREE from HIV: PMTCT Lessons Learned from Uganda

Data 22.07.2012

Logo Free3Nell'ambito della XIX Conferenza Internazionale sull'AIDS, svoltasi a Washington dal 22 al 27 luglio, con un'affluenza di circa 25.000 visitatori, il side event "Born FREE from HIV: PMTCT Lessons Learned from Uganda", organizzato da AVSI, Caritas Internationalis e World Youth Alliance, ha suscitato un grande interesse. Tra gli invitati erano presenti: il dr. Christine Ondoa, Ministro della Sanità ugandese, l'Amb. Dickson Ogwang dell'Ambasciata Ugandese presso gli Stati Uniti, rappresentanti di altre ambasciate africane, del Mistero della Sanità del Sud Sudan e della Liberia, di USAID e altri finanziatori bilaterali o multilaterali, delegati dalla Makerere University-Johns Hopkins in Uganda, colleghi e amici di agenzie basate negli Stati Uniti impegnati nella lotta all'HIV/AIDS.

Sono stati presentati i risultati raggiunti in Nord Uganda nell'implementazione del programma di prevenzione materno-fetale del virus dell'HIV - in acronimo PMTCT (Prevention of Mother-to-Child Transmission): in 10 anni 200 mila madri hanno avuto accesso ai servizi sanitari; 5000 figli di madri sieropositive sono nati sani; percentuale di accettazione del test dell'HIV tra le madri: 94%; percentuale di coinvogimento dei partner: 73%. L'incontro ha fornito una panoramica del lavoro svolto, con storie di speranza di madri e bambini le cui vite sono profondamente cambiate, documentate da due video e dalla pubblicazione FREE, riportando le sfide affrontate nel corso del programma e i bisogni emersi: consolidazione dei sistemi, finanziamenti a lungo termine, integrazione dei programmi sanitari come la PMTCT con i governi locali, iniziative di ONG locali ed internazionali. Due sono i temi che si sono rivelati fondamentali, che tracciano la strada per il futuro: il valore aggiunto della comunità locale - e delle FBOs - e la necessità che la persona e il suo bene rimanga il criterio centrale, assicurando così che tutti gli sforzi congiunti percorrano "l'ultimo miglio" per raggiungere i membri più vulnerabili della comunità.

L'evento è stato moderato dall'Amb. Jimmy Kolker, Principal Deputy Director of the Office of Global Affairs, U.S. Department of Health and Human Services, che ha voluto ricordare la sua prima visita a Kitgum, appena nominato Ambasciatore degli Stati Uniti in Uganda nell'ormai lontano 2002 "Quando mi sono recato all'Ospedale St. Joseph e al Meeting Point, AVSI aveva appena cominciato ad organizzare le attività con le donne affette da HIV/AIDS e con la comunità. Ho pensato che fosse uno dei migliori esempi di programma olistico che avessi mai incontrato. AVSI stava già sostenendo e accompagnando la comunità, mettendola in contatto con l'ospedale, quello che mancava erano le medicine e le forniture". Ma poi anche queste sono arrivate, grazie all'iniziativa del governo americano U.S. PEPFAR (President's Emergency Plan for AIDS Relief).

Tra i panelist: Dr. Lawrence Ojom, Superintendent St. Joseph Hospital-Kitgum, Uganda; Ketty Opoka, Director, Meeting Point-Kitgum, Uganda, Dr. Esiru Godfrey, National PMTCT Coordinator, Uganda Ministry of Health; May Anyabolu, Deputy Representative UNICEF Uganda; Rev. Msgr. Robert J. Vitillo, Special Advisor on HIV/AIDS, Caritas Internationalis; Elyssa Koren, Director of Advocacy, World Youth Alliance; Emily Matich, Director of Operations for North America, World Youth Alliance; Jackie Aldrette, AVSI.

Dal punto di vista di un organismo internazionale come UNICEF, May Anyabolu ha sottolineato l'importanza delle partnership, raccontando come AVSI risponda pienamente alle caratteristiche di implementing partner indicate nelle linee guida di UNICEF "AVSI ha portato un enorme valore aggiunto al programma PMTCT perché era presente nella regione, in Nord Uganda, sin dall'inizio. Aveva già stabilito una relazione con le comunità locali e le istituzioni sanitarie".

Partendo dalla propria esperienza ventennale all'ospedale St. Joseph, il dr. Ojom ha evidenziato l'importanza dei "family support groups" che coinvolgono non solo le persone malate ma tutti i membri della comunità, aiutandoli a superare i disagi e i pregiudizi e a prendersi cura di se stessi e dei propri cari. Questo spiega anche alcuni degli straordinari risultati raggiunti: il numero dei partner coinvolti nelle cure pre-natali delle madri é aumentato esponenzialmente passando da un tasso del 6% nel 2002 al 73% nel 2011, in un Paese in cui la media nazionale è del 15%; il coinvolgimento di persone affette da HIV/AIDS nell'implementazione e gestione del programma; l'aumento del numero di madri che hanno scelto di non dare alla luce il proprio figlio nel villaggio ma di recarsi in un ospedale o centro sanitario, riducendo così drasticamente le probabilità per il neonato di esposizione al contagio.

Jackie Aldrette, AVSI "La risposta è molto di più di una semplice medicina, perché la malattia non riguarda solo la sfera medica. I farmaci non sono sufficienti. La persona ha bisogno di essere accompagnata e guardata con tenerezza, perché di fronte ad una malattia come l'AIDS è necessario risvegliare il desiderio di vivere, lavorare e lottare per un ideale positivo".